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Alghe: da surplus a risorsa

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A parte quando le troviamo arrotolate intorno al sushi, le alghe tendono a non piacerci. Ci infastidiscono quando nuotiamo e si ammassano sulle rive. Un gruppo di ragazzi brillanti di Taranto sta trasformando un’apparente rifiuto in risorsain collaborazione con il CNR. La soluzione di South Agro è di impiegare le macro-alghe come biostimolanti in agricoltura. Ecco come.

Cristina: Capita sempre più a bagnanti e natanti di essere infastiditi non solo dalla plastica ma anche delle alghe che proliferano nel Mediterraneo. Alcune di queste però sono una grande risorsa. In che modo diventano risorsa? Siamo nel Mar Piccolo di Taranto per parlarvi di un progetto che è stato sviluppato assieme al CNR.

Antonella Petrocelli: Noi ci occupiamo di alghe da circa 30 anni, abbiamo iniziato usandole come indicatori ambientali. Ora stiamo dragando a circa 8 metri di profondità con una rete che raccoglie sul fondo tutto ciò che incontra.

Cristina: E con questa alga sana che cosa fate?

Antonella Petrocelli: Otteniamo dei biostimolanti da utilizzare in agricoltura.

Cristina: Andiamo a vedere che cosa succede nella seconda fase, quella di trasformazione e vi racconteremo questo prodotto che proprietà ha.

Valentino Russo: In questo laboratorio la nostra startup in collaborazione con il CNR trasforma le alghe in prodotti biostimolanti utili per l’agricoltura in quanto permettono di esaltare la qualità dei suoli, migliorare la resistenza agli stress climatici ed avere piante più sane e più forti. Queste sostanze possono essere impiegate in agricoltura o negli orti di casa propria.

Cristina: Quindi è un tonificante per la terra?

Valentino Russo: Esattamente.

Cristina: Sappiamo che c’è sempre più uso di fertilizzanti, le terre sono sempre più povere. Quindi questo permette di dosare meglio.

Valentino Russo: Proprio così. L’utilizzo di un prodotto biostimolante permette una diminuzione dell’utilizzo dei fertilizzanti chimici tradizionali.

Cristina: Il processo come avviene? Come viene trasformata l’alga secca della varietà che abbiamo visto prima?

Valentino Russo: Viene macinata, poi attraverso un processo in via di brevettazione diventa un prodotto biostimolante.

Cristina: E’ la prima operazione fatta con alghe 100% italiane?

Valentino Russo: Si 100% del Mar Mediterraneo che sono assolutamente sottoutilizzate rispetto alle fantastiche caratteristiche che possiedono.

Cristina: La materia prima è abbondante e locale, il processo di trasformazione è a basso impatto, il prodotto è ecocompatibile. I protagonisti di questa storia sono giovani e stanno lanciando una campagna di crowdfunding, se volete sostenerli. Occhio al futuro.

Greg Maryniak e il “numero magico”

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Gregg Maryniak è un esperto di energie a livello mondiale. Ci parla di un “numero magico”, ovvero di un indice delle Nazioni Unite che mette in rapporto il benessere delle persone con la quantità di energia prodotta da una società. La sfida per il futuro è di continuare a produrre quella quantità senza distruggere il pianeta. Dalla Singularity University, Gregg ci racconta futuri scenari per lo stoccaggio dell’energia e lancia la sfida globale ai vari concorsi di idee per trovare soluzioni efficaci, che garantiscano un futuro più “luminoso”… in tutti i sensi.

CRISTINA: Come crede che risolveremo il problema dell’energia a livello globale?

MARYNIAK: La più grande sfida è quella di procurarci abbastanza energia da vivere bene. C’è un indice delle Nazioni Unite, che mette in rapporto il benessere delle persone con la quantità di energia. Sotto una certa soglia non ci può essere prosperità. La sfida è di produrre quella quantità di energia senza distruggere la biosfera. Purtroppo il 93% dell’energia utilizzabile nel mondo è generata da un processo di combustione. Tra il 2005 e il 2010 la Cina ha raddoppiato la produzione di energia elettrica. Qualunque strategia adottino Europa e Stati Uniti, se India e Cina continueranno a crescere non riusciremo mai a contrastarli. Ci si chiede, al contrario, quanto manchi al raddoppio delle emissioni di carbonio, e si parla di una dozzina di anni. Di conseguenza, l’aspetto più importante per il futuro delle energie è lo stoccaggio. Quando “piove” energia dal cielo, come possiamo catturarla per poi distribuirla di notte o quando non soffia il vento? Quando si parla di stoccaggio, la maggior parte della gente pensa alle batterie. Ma le batterie sono costose. Quelle piccole che usiamo nei giocattoli e negli attrezzi portatili, costano circa mille volte di più rispetto alla corrente erogata dalle prese elettriche. Occorre una via di mezzo e ci sono già delle tecnologie interessanti a disposizione. Alcune sono di natura elettrochimica, quindi sembrano pile ma funzionano in modo radicalmente diverso. Col tempo stiamo inoltre facendo progressi, nello stoccare energia termica e vediamo, in paesi soleggiati come Spagna e Italia, impianti che catturano l’energia termica e il calore del sole. Ci sono infine nuove tecniche per comprimere l’aria quando l’energia costa poco, come durante la notte e per decomprimerla poi di giorno, attraverso l’uso di turbine. Quando si pensa al problema dell’energia, la domanda ricorrente è: “Come si può generare o convertire energia?” Ma non è il vero problema! L’anello debole della questione è lo stoccaggio. I concorsi a premio sono un potente strumento per stimolare lo sviluppo di nuove tecnologie. Se squadre di esperti da tutto il mondo potessero esprimersi e trovare valide soluzioni, dall’altra parte ci sarebbero industrie, governi, organizzazioni pronti ad adottarle. Ho fiducia che attraverso le competizioni arriveremo a forti innovazioni e il fatto è che non ci sono certezze finché non ci si prova… Quindi proviamoci!

Lasciati guidare – Intervista a Deepak Chopra

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Deepak Chopra sta iniettando pace nel mondo attraverso cicli di meditazioni guidate. In Italia è appena arrivato quello nuovo: il potere delle energie vitali.

Lei da molti anni connette l’antica conoscenza dei Veda alle tecnologie avanzate che studiano i meccanismi del cervello umano. In che modo ha potuto misurare e valutare gli effetti positivi della meditazione?

Valutiamo i benefici per la mente e per il corpo attraverso la crescita del benessere personale. Per esempio, siamo in grado di vedere marker metabolici e ormonali associati alla diminuzione delle infiammazioni nel corpo dopo la meditazione. Possiamo anche misurare l’aumento della telomerasi, enzima che preserva la lunghezza dei telomeri, strutture che supportano la salute delle nostre cellule.

Quali sono le regole d’oro per trarre massimo beneficio dalla meditazione?

La base per godere al massimo dei benefici della meditazione non è di forzare o spingere la mente concentrandosi sui pensieri o resistendoli. La meditazione è un’opportunità per la mente di essere presente e consapevole della sua stessa natura. Come dico sempre, non è un modo per chetare la mente, bensì un modo per entrare nella quiete che è già li. Per una meditazione riuscita dobbiamo semplicemente seguire la pratica con totale agio.

Come sta crescendo la massa critica attraverso le sue meditazioni guidate?

La partecipazione ai 21 giorni di meditazione è cresciuta rapidamente negli ultimi anni. A oggi più di 4 milioni di persone nel mondo vi hanno preso parte, scoprendole online, sui social media e attraverso il passa parola.

Quale area del mondo partecipa di più?

Attualmente il Nord America, ma sta crescendo la partecipazione in tutti i paesi di lingua inglese, nell’Europa Occidentale, in Australia e Nuova Zelanda.

I funghi di Mogu

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La natura continua a sorprenderci – e quando a decifrare i suoi segreti sono menti aperte e creative, succedono cose molto interessanti. Come quella che vi raccontiamo oggi. Mogu (precedentemente Mycoplastha una storia che parte dalle radici dei funghi e finisce nelle nostre case.

CRISTINA: I cicli naturali si basano sulla trasformazione, la materia organica quando muore diventa cibo per il nuovo che nasce. Una nuova famiglia di materiali si ispira a questo principio. Buongiorno Maurizio, chi sono i genitori di questa famiglia che andremo a scoprire?

MAURIZIO MONTALTI: I capostipiti di questo processo sono due, da un lato abbiamo i funghi. In questo caso stiamo osservando un fungo che è commestibile, stiamo osservando quelli che si mettono anche in tavola, ma il nostro reale protagonista è la radice, il corpo radicale dei funghi, ovvero il micelio. Il micelio che osserviamo crescere sull’altro genitore, ovvero gli scarti. Scarti agricoli, scarti industriali, dalla filiera agroindustriale o del settore manifatturiero, in questo caso ad esempio diversi tipi di paglia. Questo è il luogo in cui avviene il processo di incontro tra fungo e scarto. Vediamo alcuni dei nostri collaboratori operare e disporre un materiale che è già stato fatto crescere precedentemente in alcuni stampi che daranno vita a un prodotto finito.

CRISTINA: E dopo questa fase cosa avviene?

MAURIZIO MONTALTI: Successivamente il prodotto viene fatto uscire dallo stampo e come step successivo si termina il processo di colonizzazione per altri 3-4 giorni. Una volta che questo processo è arrivato al termine e si è raggiunto il risultato desiderato, questo prodotto semi-finito viene processato meccanicamente. Il fugo è responsabile per la degradazione di tali materie naturalie allo stesso tempo agisce come colla naturale creando un’unica materia compatta.

CRISTINA: Quali prodotti state coltivando?

MAURIZIO MONTALTI: Piastrelle, pavimenti resilienti, piuttosto che elementi fonoassorbenti caratterizzati da alte performance di tipo tecnico.

CRISTINA: Questa, ad esempio, è una parete fonoassorbente, tattilmente straordinaria: molto morbida e bellissima da vedere. È stata progettata assieme al Politecnico di Milano. Queste sono bellissime da vedere e ancora una volta da toccare, potrebbero diventare piastrelle. Mentre queste sono già piastrelle. Il vantaggio della ricerca di questi giovani startupper è che unisce la componente estetica, funzionale ed ecologica, perché sono prodotti 100% fatti dalla natura e che potranno tornare in natura. Occhio al futuro.

La lana Sarda che ripulisce il mare dagli idrocarburi

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Vedere una spugna assorbire un liquido ci affascina. Ora immaginate che la spugna sia ricavata da scarti industriali, addirittura rifiuti speciali, e il liquido in questione sia acqua di mare inquinata da idrocarburi. Ma non finisce qui perché la spugna contiene anche dei microrganismi in grado di digerire gli oli restituendo acqua pulita. Da questa intuizione speciale dell’imprenditrice della blue economy Daniela Ducato nasce Geolana. Il diportista attento la troverà in molti porti e anche nelle sentine.

Cristina: Circa 150 milioni di persone vivono sulle coste del Mar Mediterraneo, scaricando in acqua rifiuti di ogni genere, da quelli industriali a quelli civili. Pensate che secondo le Nazioni Unite sono 100/150 mila tonnellate solo gli idrocarburi. Per fortuna c’è ci si occupa di questo con soluzioni innovative. Buongiorno Daniela, cos’è questo?

Daniela Ducato: E’ un tessuto di lana di pecora realizzato in industria con il pelo corto e che diventerebbe un rifiuto speciale smaltito a caro prezzo ambientale ed economico e invece noi lo trasformiamo in risorsa speciale.

Cristina: E lo vediamo lì?

Daniela Ducato: Esatto e non è decorativo. È un tessile che è stato creato a doc per catturare velocemente molti inquinanti, soprattutto gli oli e gli idrocarburi petrolchimici. E fatto in modo speciale per acchiappare, e quindi per ospitare, tutti quei microrganismi utili che sono in acqua e che hanno il compito di metabolizzare e digerire questi inquinanti restituendoci acqua pulita.

Cristina: Un kilo di lana quanto assorbe?

Daniela Ducato: Tra i 10 e i 14 kili quindi immaginiamo quanto può essere utile e importante creare una gestione sostenibile e responsabile dei porticcioli turistici con un elemento rinnovabile che finito di vivere ritorna a essere mare fecondo.

Cristina: La vostra soluzione si sta diffondendo facilmente nei porti e nei mari?

Daniela Ducato: Sì, per una volta non abbiamo il problema della burocrazia intricata, anzi c’è stata anche una velocità nelle pratiche. Siamo contenti di questa facilità e di questa consapevolezza anche nelle amministrazioni pubbliche. Chi naviga sa che anche in sentina, nel vano motore, si accumulano tanti inquinanti: oli, idrocarburi… Noi abbiamo trovato una soluzione mangia petrolioanche per questa problematica. Come vedete qui ci sono già diversi assorbitori, alcuni sono stati impregnati e stanno biodegradando gli idrocarburi, l’altro è appena stato messo e inizierà tra poco il suo lavoro di biodegradazione.

Cristina: Daniela, spieghi perché questa l’abbiamo al collo?

Daniela Ducato: L’abbiamo al collo e per fortuna non in mare, perché altrimenti vorrebbe dire un piccolo disastro: un grande versamento in mare. Serve proprio per gestire i versamenti visibili e inquinanti. E’ fatto sempre di lana, con un interno di sughero che consente il galleggiamento.

Cristina: La materia prima, la lavorazione e l’innovazione tecnologica sono al 100% sarde, speriamo che questa soluzione si sparga a macchia d’olio. Occhio al futuro!

I danni dell’estrazione mineraria

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Cristina: Questo oggetto che tutti usiamo contiene più di 40 minerali, che vengono estratti in ogni parte della terra. Estrarli crea danni importantissimi sia alle popolazioni che vivono vicino alle miniere, che all’ambiente.

Flaviano Bianchini: Oggi il 38% delle foreste primarie del mondo sono minacciate dall’industria estrattiva. Pensate che solo l’acqua che le miniere che inquinano negli Stati Uniti, solo in un anno, se le mettessimo tutta in delle bottiglie di plastica ne avremmo abbastanza per andare dalla terra alla luna, andata e ritorno, 54 volte. Pensa che per estrarre i 20 grammi necessari a produrre un anello d’oro, bisogna estrarre dalla terra 20 tonnellate di roccia e poi dissolverla con del cianuro. Vicino alla miniera d’ora in Honduras, la mortalità infantile è 12 volte più alta della media nazionale. In Perù, sulle Ande, dove invece viene estratto il rame il 100% degli 80.000 abitanti della città di Serro de Pasco andrebbe ospedalizzato d’urgenza per la presenza di metalli nel loro sangue e la speranza di vita media di quella città è di 15 anni inferiore alla media del Perù. Una miniera d’oro di medie dimensioni come la miniera di Serro de Pasco sulle Ande in Perù, produce la stessa quantità di spazzatura, di rocce, di tutte le città degli Stati Uniti messe insieme, in un anno. Quindi nella città si crea una lotta continua per lo spazio. I bambini giocano a calcio sugli scarti minerari. L’ospedale è quasi seppellito dagli scarti. In Mongolia c’è una miniera d’oro che è un deposito fluviale, quindi nel letto di un fiume lunga 16 km, questo comporta che pastori nomadi devono fare 30km per andare a prendere l’acqua. Pensa che per le attività minerarie tra il 1990 e il 1998 in Ghana sono state sfrattate 30.000 persone. Abbiamo insomma tutto il mondo che giustamente si è indignato all’ISIS che faceva saltare in aria Palmira, in Messico nello stato di Guerrero una compagnia mineraria ha fatto saltare in aria una piramide Olmeca, però li l’hanno chiamato sviluppo.

Cristina: E per noi consumatori quali soluzioni ci sono?

Flaviano: Innanzitutto consumare meno è meglio. Evitare di cambiare prodotti ogni due settimane, desiderare di possedere mille cose. Per esempio esiste una certificazione dell’oro etico e esiste un telefonino che è composto principalmente da minerali riciclati, per di più si può smontare. Per esempio quando la batteria è esausta non si deve cambiare l’intero telefonino, si cambia la batteria, si ricompra e non si cambia tutto il telefono. Se si rompe la telecamera si può sostituire solo quella, il chip lo stesso. Questi sono tutti minerali che si risparmiano e se ne risparmia l’estrazione.

Cristina: Oltre che essere fedeli ai nostri coniugi forse dovremmo essere anche un po’ più fedeli alla terra, che ne dite?