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La transizione ecologica del Ministro Cingolani

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Insieme al Ministro per la Transizione Ecologica Roberto Cingolani abbiamo immaginato come sarà il mondo nel 2040 quando suo figlio piccolo avrà 30 anni. Cingolani ci aiuta a capire perché è necessario agire ora per mettere a frutto tutta la conoscenza che abbiamo. Siete pronti a fare la vostra parte per facilitare una transizione che, per la natura stessa del termine, dev’essere graduale? 

Cristina: Come sarà la transizione dal mondo che abbiamo a quello che vogliamo? Siamo venuti a Genova per chiederlo direttamente al Ministro per la Transizione Ecologica Roberto Cingolani, fisico, ricercatore e padre di 3 figli. Buongiorno Ministro. Nel 2040 mancheranno 10 anni all’obiettivo zero emissioni del 2050 e suo figlio piccolo avrà 30 anni – come sarà il mondo?

Ministro Cingolani: Se avremo fatto un buon lavoro adesso potrà essere molto più pulito di com’è ora e soprattutto dovremo avere molta meno anidride carbonica in atmosfera e probabilmente cominceremo limitare e mitigare gli effetti del riscaldamento globale. Il problema è che dobbiamo incominciare da domani a installare tutta l’energia rinnovabile che ci serve, dobbiamo arrivare al 72% dell’elettricità prodotta in maniera rinnovabile al 2030, quindi 10 anni prima della data che mi dice lei e devo dire che questo un po’ mi preoccupa. Il problema in questo momento paradossalmente non sono né le risorse né le tecnologie, ne le grandi aziende che possono installare questi grandi impianti, soprattutto in Italia dove ci sono competenze enormi. In questo momento il fattore più limitante è quello burocratico. La catena di permessi per impiantare delle centrali fotovoltaiche, eoliche, insomma rinnovabili, è talmente lenta che noi rischiamo che nel tempo della durata del PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) che è 5 anni, questi vengano rilasciati con molto ritardo. Bisogno semplificare innanzitutto l’aspetto normativo e l’aspetto autorizzativo perché c’è urgenza, non si può più perdere un giorno.

Cristina: Immaginiamo ancora un attimo quel mondo nel 2040.

Ministro Cingolani: Mobilità intelligente, più a misura d’uomo, più verde. Si spera di aver recuperato un po’ di biodiversità, e soprattutto una grande consapevolezza da parte di quelli che in quel momento saranno gli adulti, cioè di quelli che oggi sono i bambini.

Cristina: Inevitabile la domanda sui sussidi alle fonti fossili. A che punto siamo e qual è secondo lei la giusta destinazione?

Ministro Cingolani: È un argomento delicatissimo, la sostenibilità purtroppo è un compromesso fra istanze diverse, noi dobbiamo mitigare al più presto i danni che abbiamo fatto all’ambiente ma allo stesso tempo dobbiamo consentire alla gente di vivere e lavorare e purtroppo questo dipende anche dalle situazioni contingenti, non usciamo da un periodo particolarmente florido e felice. Certamente vanno ridotti il prima possibile, casomai riducendoli si riesce a reinvestire una parte di queste riduzioni in qualcosa che aiuti la creazioni di nuovi posti di lavoro, anche a ricondizionare le attrezzature e i mezzi, per esempio dei trasportatori. Bisogna avere una grande equidistanza perché se si ideologizza il problema facciamo danno ai lavoratori, se trascuriamo il problema facciamo un danno all’ambiente, quindi dobbiamo tutti riflettere su come riorganizzare i nostri costumi i nostri stili di vita sapendo che non c’è nulla di gratis.

Cristina: Grazie Ministro.

Ministro Cingolani: Grazie a voi e buona fortuna a tutti.

Cristina: La transizione ecologica del nostro paese deve adempiere a tutti e 17 gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile. Un occhio al presente e occhio al futuro!

In onda il 12-6-2021

e-concept, mobilità elettrica a Venezia

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Avreste mai immaginato che Venezia è in cima alle classifiche per concentrazione di polveri sottili nell’aria? Vi siete mai chiesti se inquina di più un motore stradale o marino? Insieme a Francesco Pannoli e Claudio Iannelli di e-concept rispondiamo a questi quesiti raccontando la loro iniziativa che contribuirebbe a salvaguardare il delicato ecosistema della Serenissima.

Mentre una serie di mecenati e celebrities quali Mick Jagger, Francis Ford Coppola si rivolgono alle autorità nazionali e locali con un “decalogo per Venezia”  richiedendo che si tuteli l’integrità fisica e culturale della città lagunare con uno statuto speciale, il 5 giugno, giornata mondiale dell’ambiente, sono tornate in laguna le grandi navi. Ogni soluzione nel nostro paese rischia di incepparsi nei meandri delle burocrazie, però, più che mai occorre insistere con le buone soluzioni. E cercare di snellire in ogni modo possibile la loro implementazione. Questa è una che merita.

Cristina: Sappiamo che le emissioni delle auto sono regolamentate dalle classi dell’UE. Per le imbarcazioni, che a Venezia assolvono a tutti i bisogni, non ci sono norme corrispettive. Eppure un motore marino ha un impatto molto superiore ad un suo omologo stradale. Secondo lo studio di Legambiente lo scorso anno, Venezia è seconda a Torino per concentrazioni di polveri sottili e questo è imputabile in parte ai mezzi di trasporto. C’è chi sta studiando un’alternativa. Buongiorno Claudio, raccontaci dell’infrastruttura che state creando. 

Claudio Iannelli: Venezia è la città simbolo per il trasporto nautico in quanto sia i privati che il pubblico si muove attraverso le imbarcazioni, abbiamo individuato nella palina di ormeggio nautico l’elemento nella quale integrare la tecnologia necessaria per la ricarica. Crediamo che sia il primo passaggio fondamentale per consentire lo switch che sta avvenendo anche negli altri settori di trasporto verso l’elettrico, in quanto l’elettrico è privo di emissioni nocive sia chimiche che fisiche.

Cristina: Questo ovviamente se vi fornite di energia rinnovabile.

Claudio Iannelli: Si, l’energia che erogano le paline è tutta da fonte rinnovabile certificata. La richiesta di questo tipo di energia motiva le utility a produrne e a immetterne in rete sempre di più. È un percorso virtuoso.

Cristina: Francesco qual è a situazione oggi a livello di emissioni a Venezia?

Francesco Pannoli: Si stima che a Venezia durante una giornata a regime si brucino circa 50.000 litri di combustili di cui l’80% diesel e il 20% benzina verde.

Cristina: Quindi insomma è una forte motivazione a fare questa transizione.

Francesco Pannoli: Si, contando che in laguna ci sono circa 40.000 imbarcazioni.

Cristina: Di cui quante Claudio sono elettriche?

Claudio Iannelli: Allo stato attuale non più di qualche decina, una trentina. Chiaramente è in funzione del fatto che non esiste una infrastruttura di ricarica e l’utente medio non si affaccia a questo tipo di opportunità. Per questo che vogliamo creare una prima rete in modo che il processo si avvii.

Cristina: Qual è il piano di decarbonizzazione di Venezia?

Francesco Pannoli: Il 30 aprile del 2020 il comune ha firmato il patto globale dei sindaci e questo chiaramente è una prima cosa perché la riduzione del 40% delle emissioni di CO2 entro il 2030 e poi la totale decarbonizzazione entro il 2050. Sta intraprendendo altri progetti molto interessanti come stanziare dei fondi per l’elettrificazione dei mezzi pubblici o delle barche che si occupano della raccolta e del compattamento dei rifiuti quindi ci sono tutte le buone intenzioni per andare verso quella direzione. Ciò non toglie che il cambiamento del settore nautico non è facile.

Cristina: Grazie in bocca al lupo. Questa soluzione adempie agli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile 3 salute e benessere, 7 energia pulita e accessibile, 9 industria innovazione e infrastruttura, 11 città e comunità sostenibili, 13 agire per il clima.

In onda il 8-6-2021

Francesca Santoro e il Decennio del Mare

By ecology, sdg 14

Chi segue regolarmente Occhio al futuro sa che siamo nel decennio dell’azione per fare progressi sull’Agenda 2030. Ma nel quadro macro dei 17 obiettivi c’è il mondo, e questo è anche il Decennio del Mare. 

Anche per le giornate mondiali c’è una confluenza di temi. Il 5 giugno è dedicata  all’ambiente, ma è anche la giornata per sensibilizzarci sui danni della sovra-pesca e della pesca illegale. Siamo andati a Venezia per incontrare Francesca Santoro, coordinatrice dell’IOC, la Commissione Oceanografica Intergovernativa dell’UNESCO che promuove molte iniziative. Non bastasse, l’8 giugno è la giornata mondiale degli oceani! Scoprite quanti strumenti abbiamo a disposizione  per conoscere meglio gli ecosistemi marini e per capire come possiamo fare la nostra parte per salvaguardarli, a partire dalle nostre scelte d’acquisto. Tanto che abbiamo chiuso il nostro bellissimo incontro andando insieme al mercato ittico di Rialto.

Cristina: Gli ecosistemi marini sono sempre più fragili – sono in pericolo e hanno bisogno della nostra attenzione. Per questo l’ONU ha istituito il Decennio del Mare. Siamo venuti a Venezia per incontrare Francesca Santoro dell’Unesco per capire come navigarlo. Francesca buongiorno, dicci cosa dobbiamo sapere di fondamentale riguardo al nostro rapporto con gli oceani?

Francesca Santoro: Una delle cose più semplici che facciamo ovvero respirare lo dobbiamo all’oceano. Nell’oceano si produce dal 50-80% dell’ossigeno che esiste in atmosfera.

Cristina: Quali sono gli obiettivi chiave del vostro programma e come li raggiungerete?

Francesca Santoro: L’obiettivo è informare tutti sull’importanza dell’oceano per il nostro pianeta e lo facciamo attraverso degli strumenti molto pratici. Prima di tutto ci rivolgiamo alle scuole, abbiamo prodotto un manuale per gli insegnanti che contiene  delle lezioni pratiche da svolgere in classe. Poi abbiamo sviluppato una serie di corsi online per i giornalisti per insegnargli come parlare di questi temi ma anche per chi prende le decisioni. Anche gli imprenditori devono imparare che se vogliono essere parte della soluzione devono comprendere che è tutto interconnesso su questo pianeta.

Cristina: Quindi se vogliamo continuare a mangiare pesce dobbiamo sapere come comprarlo, andiamo al mercato?

Francesca Santoro: Molto volentieri!

Cristina: Francesca tu come fai qua?

Francesca Santoro: Prima di tutto guardo la provenienza e la stagionalità perché questo è importante, le persone non sanno che nel mare ci sono le stagioni. Vediamo anche che c’è una mappa.

Cristina: L’italia è zona FAO 37.

Francesca Santoro: Qui siamo in Adriatico ed è il mare più pescoso del Mediterraneo, possiamo decisamente affidarci a quello che troviamo in questa zona. Ciao, oggi mi racconti cosa mi daresti? Mi raccomando locale e di stagione.

Pescatore: Allora oggi ti proporrei una bella ombrina pescata. Pescata qui in laguna come vedi con la canna, gallinella sempre nostrana o conosciuta anche come lucerna oppure c’è lo scorfano pescato all’amo. Qui tutto pesce vivo. Oppure le seppie locali che adesso è stagione. Seppie vive di laguna. Ci sono clienti che vengono da anni e si fidano ciecamente di noi perché oramai sanno che cosa gli diamo quindi ci chiedono “che cosa posso mangiare oggi” e noi proponiamo di solito sempre del giorno o del momento.

Francesca Santoro: Grazie mille. Buon lavoro!

Cristina: Il Decennio del Mare tocca l’SDG 14 vita sott’acqua, ma anche tutti gli altri Obiettivi di Sviluppo Sostenibile. Conversazioni come queste possono aiutarci a fare le migliori scelte non solo per il nostro palato ma anche per il nostro futuro. Questo Decennio del Mare navighiamolo tutti insieme. Occhio al futuro

In onda il 5-6-2021

Api, sentinelle di biodiversità

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Occupandomi di sviluppo sostenibile da qualche decennio e concentrandomi su soluzioni alle nostre più grandi sfide, di tanto in tanto mi illudo che questioni trattate più volte abbiano avuto nel tempo un’evoluzione positiva. Credo nella capacità della nostra specie di evolvere verso una co-esistenza rispettosa dei sistemi vitali che ci regalano la vita, ma parlando con Andrea, l’apicoltore dal quale compro sempre il miele, che mi ha presentato Luca e Marco. Grazie a questi ragazzi dedicati appassionati e competenti, ho scoperto che gli impollinatori sono più minacciati che mai. È nata così la storia di questa settimana, e ho avuto conferma di quanto ci sia ancora da fare.
Se conoscete coltivatori di nocciole inoltrate per favore questo servizio. Dialogare con le persone dalle quali acquistiamo prodotti è fondamentale per avere un quadro più realistico dell’impatto di ogni nostra scelta.

Cristina: Oggi è la giornata mondiale della biodiversità, e l’ONU vuole portare la nostra attenzione sulla complessa dinamica che regola la vita sulla terra. La biodiversità è il nostro più grande tesoro e monitorare la sua salute è complicato. Siamo nel Cuneese per incontrare Luca, apicoltore. Luca perché le api sono le più preziose sentinelle di biodiversità?

Luca Bosco: Perché tutto ciò che arriva nell’alveare raccolto dalle api è il frutto di una sinergia tra diverse forme di vita e quindi è frutto della biodiversità dell’ambiente.

Cristina: Le vostre osservazioni cosa vi dicono?

Luca Bosco: Che la situazione delle api, e in generale degli impollinatori, è gravissima. Vediamo molto spesso episodi di morie, avvelenamenti, sui nostri alveari. Purtroppo ritroviamo nelle matrici degli alveari sia gli insetticidi che i fungicidi, sia i diserbanti. Un diserbante in particolare, la molecola glifosato, è particolarmente seria perché il ritrovamento, soprattutto nella matrice miele del nido, miele in maturazione, è un indizio preciso. La molecola che viene irrorata qui può finire ovunque, la ritroviamo nell’acqua, nell’aria, nel suolo quasi per forza perché viene irrorata sul suolo e la ritroviamo anche nel polline delle piante, nel nettare delle piante. Questo è un chiaro indizio che i filtri naturali dell’ecosistema in qualche modo si stanno degradando.

Cristina: Luca quali sono le coltivazioni che vengono più irrorate di queste sostanze ?

Luca Bosco: Qua siamo in zona di viticoltura e di corilicoltura, quindi vite e nocciolo. In questi anni grazie anche al lavoro dell’associazione degli apicoltori, i viticoltori hanno imparato a utilizzare i fitofarmaci in modo oculato, quindi senza dare un problema diretto e grave agli impollinatori. Per quanto riguarda il nocciolo invece il discorso è tutto da fare perché è una coltura nuova e in questo momento le pratiche agronomiche messe in campo lasciano parecchio a desiderare. Sono fonte di avvelenamento diretto, sono in qualche modo anche la causa di quel ritrovamento sistematico all’interno delle matrici degli alveari, soprattutto in questa zona ovviamente. A chi coltiva nocciolo si può rivolgere un appello a, in qualche modo, seguire la strada già intrapresa dai viticoltori.

Cristina: Luca state per fare delle campionature, che frequenza hanno e a cosa servono?

Luca Bosco: Hanno frequenza mensile e servono per andare a indagare l’eventuale presenza di molecole chimiche. L’esperienza ci dice che molto probabilmente ci saranno perché negli anni passati, la loro presenza è stata purtroppo molto assidua. Sappiamo che queste molecole sono dannose per l’ape, anche per la loro capacità – in qualche modo singolare – quella di depurare le matrici ambientali assorbendo nei loro corpi le molecole chimiche, a loro discapito ovviamente, ma andando a preservare soprattutto il miele. Il miele, in qualche modo, è sempre risultato pulito.

Cristina: È fenomenale. Questi dati li incrociate con altri?

Luca Bosco: Questi dati li incrociamo con altri monitoraggi che vengono effettuati nella zona, in particolare modo con quelli effettuati sul fiume Tanaro, che potete vedere proprio qui vicino, e i due monitoraggi confermano la stessa cosa, la presenza ubiquitaria delle molecole chimiche.

Cristina: Grazie Luca. Questa storia tocca tutti e 17 gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile. E noi che cosa possiamo fare? Dialogare il più possibile con apicoltori, capire le criticità del nostro territorio e proteggerlo in ogni modo possibile. Conviene a tutti. Occhio al futuro

In onda il 22-5-2021

La bellezza sostenibile di Davines

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Sono sempre stata curiosa di scoprire come potermi curare la pelle e il corpo senza pesare troppo sull’ambiente. Quando scrissi il mio secondo libro, Occhio allo Spreco, imparai molto da Riccarda Serri, co-fondatrice di Skineco, tanto che divenne una cara amica. Purtroppo non è più con noi ma ci ha lasciato un’importante eredità. Grazie a lei ho imparato a leggere l’INCI anche se oggi le app arrivano a un dettaglio ben superiore della mia conoscenza. La storia di oggi racconta quanto il prodotto è il punto di arrivo di un lavoro capillare che tocca ogni aspetto di un’azienda. E resta sempre un punto di partenza per superare gli obiettivi raggiunti.

Davines è una B Corp, Società Benefit e ha usato l’SDG Action Manager come strumento per misurare il grado di implementazione dell’Agenda 2030.

Cristina: Siamo nel giardino scientifico di un’azienda di cosmesi che applica la sostenibilità a tutta la sua filiera, dagli ingredienti dei prodotti agli imballaggi, le sedi, i rapporti con le persone e con il territorio. Buongiorno Davide. Cosa sta alla base della vostra cultura aziendale?

Davide Bollati: Il perché facciamo le cose, più del cosa e come le facciamo. Etica, bellezza e sostenibilità sono la base del nostro pensiero.

Cristina: Voi usate uno strumento che vi consente di implementare tutta l’Agenda 2030. In che modo è utile l’SDG Action Manager?

Davide Bollati: Ci è utile anche perché ci permette di monitorare i 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile, quindi con questo monitoraggio abbiamo i principi per le nostre formulazioni che devono essere attente non solo alla persona ma anche all’ambiente e al pianeta quindi c’è un doppio obiettivo. La circolarità del packaging, l’energia per lo stabilimento, la biodiversità degli ingredienti e l’impatto sulle comunità. Abbiamo tantissime iniziative e questo Action Manager ci permette di misurare. Ci permette anche di non scegliere à la carte alcuni di questi ma avere un approccio complessivo e quindi di affrontarli tutti insieme nella sua complessità. In alcuni performiamo molto bene, in altri meno e quindi sappiamo dove è meglio lavorare. All’interno comunque di uno scopo aziendale che va in qualche modo considerato, ad esempio obiettivi come sconfiggere la povertà nel mondo (SDG 1), risulta un po’ difficile.

Cristina: Qual è la vostra prossima sfida?

Davide Bollati: Dopo che siamo riusciti ad arrivare ad uno stabilimento a impatto zero, la nostra sfida adesso è di allargare questo obiettivo anche alla nostra comunità, alla filiera, a tutti i nostri fornitori e a tutti i nostri clienti. Dopo tanti anni di lavoro sulla riduzione dell’impatto fino alla neutralizzazione, oggi la sfida importante è l’impatto positivo.

Cristina: Che vuol dire diventare moltiplicatori rigenerativi.

Davide Bollati: Esattamente, secondo il principio di interdipendenza.

Cristina: Questa azienda sta implementando tutti gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile ed è più avanti sul 3 salute e benessere, 12 consumo e produzione responsabile e 13 agire per il clima. Arrivare a questo livelli di sostenibilità richiede impegno e anche sacrificio. Ma alla fine è un piacere. Occhio al futuro

In onda il 15-5-2021

Greenovation – un piano di efficientamento per la casa in pochi click

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L’efficienza energetica degli edifici non solo comporta risparmi per chi li abita. Riduce le emissioni di CO2, e mettersi all’opera per decarbonizzare le attività umane nel loro complesso è un obbligo se vogliamo sperare di contenere i cambiamenti climatici. La piattaforma di Greenovation è un buon alleato per conoscere in pochi minuti la classe energetica di partenza, la sintesi degli interventi possibili e le agevolazioni. Il nostro paese offre diversi incentivi per aggiornare il patrimonio immobiliare nazionale, che è perlopiù inefficiente, e molti interventi di riqualificazione sono in corso. Però siamo tra i pochi paesi che non hanno ancora presentato all’UE un piano di decarbonizzazione a lungo termine. È aperta una consultazione pubblica fino al 22 giugno 2021 per raccogliere opinioni sui provvedimenti individuati per accelerare il ritmo di riqualificazione.

Cristina: La maggior parte del patrimonio immobiliare in Italia è energeticamente inefficiente, ossia in classe E, F o G. Gli ecobonus incentivano interventi importanti che migliorano la qualità abitativa e riducono l’impatto ambientale. Oggi siamo venuti in provincia di Torino per raccontarvi di una piattaforma che consente, in pochi minuti, di conoscere la classe energetica della propria abitazione e gli interventi da fare. E lo facciamo attraverso la storia della casa che vedete alle mie spalle. Paolo, come funziona il vostro sistema?

Paolo Mottura: Attraverso un semplice questionario l’utente descrive la propria abitazione, sono una ventina di campi molto molto semplici. Inserisci i dati, il nostro sistema di calcolo ad intelligenza artificiale genera un modello energetico dell’edificio. Su questo modello vengono effettuate una serie di analisi per andare a realizzare un progetto di riqualificazione energetica. All’interno di questo progetto sono contenute una serie di informazioni fondamentali come la classe energetica di partenza, gli interventi migliorativi proposti, la classe energetica ottenibile, i risparmi sui singoli interventi proposti e poi le analisi relative agli incentivi fiscali quindi 50%/65% o superecobonus 110%.

Cristina: Quanto costa all’utente il progetto e quanti sono gli edifici che avete analizzato finora?

Giordano Colarullo: Il progetto base ha un costo di €199, ma è disponibile una versione gratuita che chiunque può utilizzare per avere una serie di informazioni preliminari comunque molto importanti. Ad oggi sono oltre 40.000 le unità abitative analizzate di cui 15.000 condomini. Il nostro sistema ha una precisione, chiaramente partendo da un’edificio standard, superiore al 90%.

Cristina: Franco è il padrone di casa e andiamo a vedere cosa ha fatto.

Franco Vignolo: Grazie alla piattaforma, che mi ha reso veramente semplice la valutazione della mia ristrutturazione, ho potuto poi valutare i vari interventi che ho fatto su questa casa. A cominciare da, vedi li che c’è la pompa del calore che gestisce tutto il riscaldamento a pavimento che abbiamo fatto all’interno e tutta l’acqua sanitaria e tutto quanto. Poi abbiamo fatto un cappotto in lana di roccia, che si può sentire, che tra l’altro mi ha aiutato sull’isolamento estivo, quindi non ho avuto addirittura l’esigenza di mettere il raffrescamento. Sopra, come potrai vedere, ci sono i pannelli fotovoltaici.

Cristina: E qui dentro?

Franco Vignolo: Qui dentro c’è la macchina che gestisce tutto l’impianto a pavimento e l’acqua sanitaria.

Cristina: Franco complessivamente quanto risparmia in bolletta energetica?

Franco Vignolo: Questa è una casa di 80 metri quadri. Non utilizzo combustibili fossili, utilizzo solamente la corrente elettrica, risparmio circa €1.800 l’anno.

Cristina: E ci vivi bene in questa casa?

Franco Vignolo: Guarda sono più che soddisfatto di questo intervento, sono stato veramente aiutato da tutto il discorso della piattaforma, e dei risultati ottenuti.

Cristina: Grazie. Questa casa era in classe G e adesso è A2. Pensate se tutti facessimo interventi come questi, quanti benefici avremmo. Occhio al futuro.

In onda il 10-4-2021

Gestione acque reflue – MM spA

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Nel nostro paese investiamo troppo poco nella filiera che garantisce agli italiani l’accesso e il trattamento di un bene prezioso: l’acqua. Un sotto investimento protratto nel tempo, con il conseguente accumulo di inadeguatezze. Non solo, i nostri bacini idrici sono in sofferenza. Depurare le acque reflue con attento monitoraggio ed efficientare le reti di distribuzione sono misure urgenti. Vi raccontiamo un caso virtuoso – quello di MM spA, grazie ad Andrea Aliscioni, Direttore Servizio Idrico.

Cristina: Oggi parliamo ancora di acqua, perché i più recenti rapporti sull’avanzamento dell’Agenda 2030 ci dicono che sull’SDG 6, garantire entro la fine di questo decennio una gestione sostenibile delle risorse idriche, c’è ancora molto da fare. Siamo a Milano in un impianto di depurazione di acque reflue per raccontarvi un processo virtuoso di gestione integrata che inizia proprio qui, dove arriva l’acqua di fogna. Questo è il laboratorio di analisi chimiche che analizza l’acqua in tutte le sue fasi, 365 giorno l’anno e questo è il laboratorio di analisi microbiologiche. Questa è l’acqua di fogna, quella che entra in questi depuratori e questa è l’acqua che esce. Andrea, che cosa succede in queste vasche?

Andrea Aliscioni: Questo è il cuore del trattamento dell’impianto biologico, dove i fanghi attivi degradano tutti gli inquinanti disciolti presenti nelle acque reflue, in modo che poi questi inquinanti siano trattenuti prima dello scarico in acque superficiali, evitando di inquinare i nostri corpi idrici. La linea acque prosegue in questa altra sezione di trattamento dove l’acqua depurata viene separata dai fanghi attivi che l’hanno depurata. I fanghi attivi vanno sul fondo e vengono ricircolati, l’acqua prosegue il suo percorso di affinamento per essere recuperata come risorsa. Siamo finalmente alla fine del nostro ciclo di depurazione dove l’acqua filtrata e disinfettata è pronta per essere restituita all’ambiente e diventare nuova risorsa.

Cristina: Andrea cosa significa gestione integrata e che vantaggi comporta?

Andrea Aliscioni: La gestione integrata, innanzitutto, da un nuovo valore a questa risorsa che abbiamo creato, rendendola disponibile per il mondo agricolo, per gli agricoltori per irrigare i campi, con grandi risparmi ovviamente. Non solo, rappresenta anche un nuovo vettore energetico. Da quest’acqua possiamo estrarre calore e qui la usiamo per rinfrescare o scaldare i nostri edifici. Inoltre, la gestione integrata vuol dire anche integrare tutti i pezzi della filiera idrica compresi le reti della fognatura e dell’acqua potabile per creare efficienza.

Cristina: Grazie. Questa attività adempie agli SDG 6 acqua pulita per tutti, 11 città e comunità sostenibili, 14 la vita sott’acqua e 15 la vita sulla terra. Gestione integrata comporta vantaggi economici e ambientali.
Occhio al futuro

In onda il 3-4-2021

EcoAllene – riciclare i poliaccoppiati

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EcoAllene è un nuovo e innovativo materiale derivante dal riciclo di poliaccoppiati, cioè formati da un film plastico e un film metallico. In Italia sono immessi sul mercato circa 7 miliardi di contenitori per bevande, si tratta di 150.000 Ton di rifiuto poliaccoppiato che può essere trasformato in risorsa.

Parte I – EcoAllene

Parte II – Innovare i processi

Parte I

Cristina: Questa è una storia di economia circolare che nasce dai rifiuti delle cartiere. Contenitori come questi contengono un rivestimento esterno in cellulosa di alta qualità che viene recuperata, ma resta la parte interna, un poliaccoppiato di plastica e alluminio che qui, diventa risorsa. Stefano, come funziona il vostro processo?

Stefano Richaud: Quando riceviamo dalle cartiere il cosiddetto poly-al, quindi la frazione di alluminio e plastica, la inseriamo in un processo che innanzitutto prevede un lavaggio profondo per eliminare la cellulosa rimasta attaccata allo scarto ed eventuali altri inquinanti che da una raccolta differenziata, possono finire all’interno del nostro prodotto. Poi agglomeriamo questa sorta di coriandolo, trasformandola in una ghiaietta, per poi estruderla e trasformarla in questi granuli plastici che poi possono essere trasformati in un prodotto plastico.

Cristina: Siete stati i primi a fare questa innovazione? A riciclare questi poliaccoppiati?

Stefano Richaud: Il processo deriva da un’idea, da un’intuizione di un imprenditore italiano che ha brevettato questa idea di non separare la parte di plastica con quella di alluminio, ma tenerla insieme. Trasformando quindi un nuovo granulo plastico, una cosiddetta materia prima-seconda, da un rifiuto.

Cristina: Che cosa ne ricavate?

Stefano Richaud: Ne ricaviamo un granulo plastico che dato ai nostri clienti può essere trasformato in tantissime applicazioni di uso quotidiano. Come può essere un accessorio casalingo, come una scopa o una paletta; degli attrezzi per l’edilizia come i manici di un martello; la cancelleria: pennarelli, evidenziatori, penne; o addirittura dei packaging per la cosmetica e per il settore della detergenza.

Cristina: Non alimentari però..

Stefano Richaud: La normativa europea non permette il contatto alimentare con un prodotto riciclato, salvo il PET che è una unica riserva.

Cristina: Il vostro quindi è un materiale 100% riciclato ma è anche riciclabile?

Stefano Richaud: Assolutamente si. Una volta che arriva a fine vita, l’applicazione realizzata con il nostro granulo può essere riciclata come una normale materia plastica, come un polietilene.

Cristina: Qual è il volume di rifiuti poliaccoppiati in Italia? E quanti riuscite a riciclarne voi?

Stefano Richaud: In Italia sono immessi 7 miliardi di contenitori per bevande ogni anno, di questi, la parte di plastica e alluminio è circa il 25%, quindi con l’attuale livello di raccolta differenziata attorno al 60% ci sono 120.000 tonnellate di questo rifiuto che trattiamo. All’impianto di Alessandria abbiamo un riciclo di circa un terzo di quello che può essere riciclato in Italia. Questo problema chiaramente, è moltiplicato in tutti i paesi, dove il cartone per bevande è largamente utilizzato. E aggiungiamo anche tutti gli altri poliaccoppiati, formati da carta, plastica e alluminio. Con la nostra tecnologia possono trovare una soluzione.

Cristina:  Grazie. Tecnologie come questa sono un’eccellenza in Europa e nel mondo. Andiamone fieri. Adesso però bisogna innovare anche la filiera. Occhio al futuro

In onda il 13-3-2021

Parte II

Cristina: Siamo in un impianto dove si riciclano materiali poliaccoppiati. La tecnologia corre sempre più veloce, ci sono nuove famiglie di materiali che nascono in continuazione, questo ci obbliga anche a innovare le filiere. Ed è proprio parlando con chi innova che vengono gli spunti migliori. La legge spesso fatica a stare al passo con l’innovazione, come innovatore nell’ambito del riciclo, quali sono i punti chiave necessari per aggiornare le leggi sul trattamento dei rifiuti?

Stefano Richaud: Sicuramente bisognerebbe implementare quella che è la raccolta differenziata. Oggi soltanto il packaging va differenziato ma ci sono tantissimi prodotti di plastica sul mercato che andrebbero intercettati, raccolti, perché si possono riciclare. Inoltre, quando una tecnologia con la nostra nasce e si afferma, è importante sapere – facciamo un esempio – che bisogna lasciare il tappo attaccato al cartone per bevande, anche se sembra un packaging di carta. E comunque bene tenerlo perché nel processo di riciclo viene completamente recuperato.

Cristina: Poi ci sono sempre più materiali poliaccoppiati, il processo che voi usate è estendibile anche a quelli?

Stefano Richaud: Assolutamente si, il processo è esattamente lo stesso. Quindi si trova la soluzione di sposare questi due elementi: la parte metallica e la parte di plastica, poi a volte c’è la cellulosa e a volte no. Il processo c’è, bisogna ingegnerizzare le macchine, come questa che abbiamo qua, per poterlo riciclare. È importante trovare un compromesso tra la shelf-life, e quindi il fatto che il packaging conservi al massimo l’alimento, con la sua riciclabilità. Noi stiamo lavorando con i produttori per cercare di trovare la soluzione migliore.

Cristina: Perché oggi quelle sono plastiche considerate non nobili e quindi vengono termovalorizzate. Che fine fanno?

Stefano Richaud: Esattamente, o discarica o incenerimento.

Cristina: Invece per quello che riguarda le bioplastiche? Sovente finiscono con la plastica, mentre dovrebbero nell’umido.

Stefano Richaud: La bioplastica può essere sicuramente una soluzione per specifiche applicazioni, però anche qua va regolamentata, quindi quando arriva a fine vita bisogna fare attenzione a distinguere quello che è compostabile da quello che è biodegradabile, e soprattutto ciò che è biodegradabile non finisca nelle attuali filiere di riciclo già esistenti che sono delle eccellenze, funzionano, ma possono essere minacciate da altri materiali se messe nel bidone sbagliato.

Cristina: Diciamolo in due parole la differenza da biodegradabile e compostabile.

Stefano Richaud: Una volta conferiti correttamente, un materiale biodegradabile si decompone nell’arco di 6 mesi, mentre per un materiale compostabile sono sufficiente solo 3 mesi.

Cristina:  Grazie. Già oggi la maggior parte dei rifiuti possono diventare risorsa, è questa la questiona al cuore dell’economia circolare di cui si parla tanto. Tutti noi possiamo essere parte di questo processo, l’importante è di aggiornare il tutto continuamente. Occhio al futuro

In onda il 20-3-2021

L’app di AWorld, perché non c’è un pianeta B

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Una app che è stata scelta dall’ONU per la campagna Act Now – agisci ora, per l’implementazione dei 17 obiettivi di sviluppo sostenibile. AWorld, attraverso tecniche di gioco, aiuta gli utenti ad adottare stili di vita più sostenibili.

Cristina: La storia di oggi parte da Torino e arriva nel mondo. Alessandro Armillotta, Alessandro Lanceri che oggi non ha potuto essere con noi e Marco Armellino, partendo dal desiderio di voler adottare abitudini sostenibili hanno sviluppato una app che è stata scelta dall’ONU per la campagna Act Now – agisci ora per l’implementazione dei 17 obiettivi di sviluppo sostenibile. Perché molte persone animate di buone intenzioni  hanno bisogno di essere guidate. Alessandro, come funziona?

Alessandro Armillotta: AWorld è una app e una guida, che permette di scoprire, tramite tecniche di gioco, che cos’è la sostenibilità e quali sono le azioni pratiche che possiamo fare nella nostra vita quotidiana che possono avere un impatto positivo sull’ambiente. Collaborando con l’ONU e attivisti da tutto il mondo, siamo riusciti a racchiudere dentro quest’app tutte le informazioni e le esperienze e quei piccoli trucchi che possono aiutarci a vivere sostenibilmente.

Cristina: Marco come calcolate l’impatto delle azioni?

Marco Armellino: Assieme al team delle Nazioni Unite, abbiamo calcolato l’impatto delle singole azioni delle persone ad esempio in termini di consumo di CO2, acqua o energia elettrica. per esempio ti suggeriamo di staccare le spine dei tuoi piccoli elettrodomestici, in questo modo puoi risparmiare, statisticamente, 3,5 kw di energia al giorno e 1,5 di CO2.

Cristina: Anna, vi fidate che le azioni siano veritiere?

Anna Olivero: Intanto prima di rilasciare l’app abbiamo fatto dei test e delle ricerche e abbiamo capito che le persone che aderiscono al progetto di salvare il mondo non hanno bisogno di barare. Inoltre le azioni quotidiane che suggeriamo sono molto motivanti quindi, non è necessario prendere in giro se stessi.

Cristina: Come premiate i virtuosismi?

Marco Armellino: Allora, quello che puoi fare all’interno della nostra app è aderire a una sfida di gruppo, tutti gli utenti insieme ad esempio, in questo momento, stanno risparmiando 200.000 kg di CO2 con le proprie azioni. Quello che noi facciamo è di raddoppiare il loro impatto, insieme a delle aziende partner, in questo caso piantumare degli alberi – dei bambù – che in 20 anni assorbiranno altri 200.000 kg di CO2.

Cristina:  Finora che risultati avete raggiunto?

Alessandro Armillotta: Beh, nei primi mesi abbiamo raggiunto 40.000 utenti, generando insieme un milione di azioni ma sappiamo che, in prospettiva, nel mondo ci sono milioni di persone che sono pronte ad agire e pensiamo di fare miliardi di azioni collettivamente per la salvaguardia del pianeta.

Cristina:  Grazie ragazzi. Piccole azioni quotidiane, tutte insieme, possono fare la grande differenza. Occhio al futuro

In onda il 27-2-2021

Agenda 2030, a che punto siamo?

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Dalla scorsa stagione guardiamo al futuro sotto la lente dell’Agenda 2030, ratificata nel 2015 dai 193 paesi membri delle Nazioni Unite. È divisa in 17 obiettivi di sviluppo sostenibile (SDG) e i progressi nel raggiungerli sono monitorati dall’ONU, e in Italia dall’ASviS.
Il COVID-19 ha gettato il mondo in una crisi sanitaria, economica e sociale senza precedenti e sta rendendo il percorso verso gli obiettivi ancor più arduo. La pandemia ha fatto peggiorare quasi tutti gli indici e questo mette in risalto quanto abbiamo bisogno di questa Agenda più che mai. È urgente rigenerare i nostri sistemi sociali ed economici, e gli ecosistemi naturali dai quali la nostra vita dipende. Serve la partecipazione di tutti.

Parte I

Parte II

Parte III

Parte I

Cristina:  Dalla scorsa stagione guardiamo al futuro sotto la lente dell’Agenda 2030, ratificata nel 2015 dai 193 paesi membri delle Nazioni Unite. È divisa in 17 obiettivi di sviluppo sostenibile, o SDG, e i progressi nel raggiungerli sono monitorati dall’ONU, e in Italia dall’ASviS.

Il COVID-19 ha gettato il mondo in una crisi sanitaria, economica e sociale senza precedenti e raggiungere gli obiettivi indicati dall’Agenda ancor più difficile. La pandemia ha fatto peggiorare quasi tutti gli indici, ma l’origine del virus, come quasi tutte le malattie infettive, è zoonotica, ossia è stata trasmessa dall’animale all’uomo, e questo sottolinea quanto l’Agenda sia più importante che mai. Serve proprio la collaborazione di tutti per rigenerare i sistemi sociali, economici ed ambientali dai quali la nostra vita dipende. La buona notizia è che di soluzioni ce ne sono tante, ma dobbiamo sapere dove siamo per capire dove dobbiamo andare.
Adesso vediamo come siamo messi, punto per punto.

SDG 1 – zero povertà:

Secondo l’Istat, nel 2019 erano quasi 1,7 milioni le famiglie, perlopiù numerose e monogenitoriali, in povertà assoluta. l’Italia è sotto la media europea. Per arrivare a zero povertà entro il 2030, serve una visione a lungo termine.

SDG 2 – zero fame:

L’Italia è in una posizione leggermente migliore rispetto alla media europea, sono aumentate le coltivazioni biologiche e la produttività del lavoro però peggiorano i conti nelle piccole aziende e l’indice della buona alimentazione, che misura il consumo quotidiano di almeno quattro porzioni di frutta e/o verdura al giorno. C’è una criticità nel nostro paese: manca la manodopera specializzata per alcune coltivazioni. Vediamola come un’opportunità di formazione e impiego. A livello globale i sistemi alimentari e di produzione e distribuzione vanno riformati. Produciamo cibo per 12 miliardi di persone. Un terzo viene sprecato.

SDG 3 – salute e benessere:

La pandemia ha invertito decenni di progressi. In Italia urge una riforma del sistema sanitario. Nel frattempo cosa possiamo fare noi? Prevenzione e il rispetto delle distanze per contenere i contagi e ridurre la pressione sugli ospedali.

SDG 4 istruzione di qualità:

La chiusura delle scuole in tutto il mondo ha un impatto negativo non solo sull’apprendimento degli studenti, ma sul loro sviluppo sociale e comportamentale. L’Italia è tra i paesi in Europa con meno laureati. Nel 2018 erano il 27,8% contro una media europea del 40,7%. Per quanto riguarda l’impiego dei neolaureati siamo davanti solo alla Grecia, con una media del 56,5% rispetto alla media europea dell’81,6%.

SDG 5 – uguaglianza di genere:

Il mondo è lontano dal conseguire questo obiettivo, ma in Italia grazie all’aumento delle donne in Parlamento e nei consigli di amministrazione delle società quotate, siamo settim nella graduatoria europea, nonostante una discriminazione maggiore verso le donne sul lavoro.

In onda il 2-1-2021

Parte II

Cristina: Continua il nostro viaggio nell’Agenda 2030..

SDG 6 – acqua pulita e igiene:

Senza l’impegno audace di tutti, il mondo non arriverà ad adempiere a questo importantissimo obiettivo. In Italia mancano orientamenti specifici su come destinare i finanziamenti pubblici e privati, non solo per tutelare i nostri sistemi idro-geologici, ma per ripararli. Siamo un paese estremamente fragile da questo punto di vista! In Europa siamo tra paesi con il maggior sfruttamento idrico.

SDG 7 – energia pulita:

Il mondo avanza però non abbastanza per arrivare agli obiettivi del 2030 e ancor più quelli del 2050, ossia zero emissioni. Nel nostro paese Il Decreto rilancio ha introdotto il “Superbonus” per l’efficientamento degli edifici di almeno 2 classi energetiche; poi ci sono incentivi per l’acquisto di auto a basse emissioni, abbonamenti al trasporto pubblico, l’acquisto di bici e dove la qualità dell’aria non è in regola, la rottamazione di auto e moto. Siamo settimi in Europa grazie all’aumento delle energie rinnovabili che negli ultimi 3 anni è stabile.

SDG 8 – lavoro dignitoso e crescita economica:

Possiamo aspettarci il più grande aumento della disoccupazione globale dalla seconda guerra mondiale. Perfar fronte a questo obiettivo servono politiche audaci per sostenere le imprese, per creare una domanda di manodopera, formare a nuovi mestieri e sostegno ai più vulnerabili. Le misure adottate dal nostro governo sono perlopiù di tamponamento e non agiscono sul sistema-paese. Siamo in quart’ultima posizione in Europa ed è particolarmente critica la situazione dei nostri giovani – quelli che non studiano, lavorano o fanno formazione – nel 2018 erano il 23,4% rispetto ad un media europea del 12,9%.

SDG 9 – industria, innovazione e infrastrutture:

Globalmente sono aumentati gli investimenti in ricerca e sviluppo e il finanziamento delle infrastrutture economiche nei paesi in via di sviluppo.
Nel 2020 l’intensità delle emissioni di CO2 è diminuita, è aumentata la connettività mobile e, sappiamo, la produzione è rallentata. Gli effetti del COVID-19 minacciano di arrestare i progressi verso questo goal. Le misure del nostro governo a sostegno dei processi produttivi economici e sociali si spera ci aiutino a colmare ritardi accumulati prima della pandemia. Anche le nostre infrastrutture idriche hanno bisogno di attenzione ed interventi, il 37% delle nostre reti è colpito da elevati livelli di perdite.

SDG 10 – ridurre le disuguaglianze:

Le disparità nelle loro varie forme persistono e nel 2020 sono peggiorate. I lavoratori continuano a percepire una quota troppo bassa rispetto al valore che hanno contribuito a produrre. I dati indicano un’Italia più ingiusta della media europea. Il COVID-19 ha colpito un paese già fragile.

SDG 11 – città sostenibili:

La crisi ha accelerato il modo in cui pensiamo alle nostre città ed è importante continuare sulla via dell’innovazione, perché il modo in cui progettiamo grandi aree urbane determina la nostra risposta alle crisi che sono un po’ ovunque e la capacità di garantire la qualità della vita. È critica la situazione dell’aria – I dati più recenti dicono che 7 milioni di persone sono morte prematuramente per cause legate all’inquinamento atmosferico e c’è il rischio che per far ripartire l’economia si allentino le misure di contenimento delle emissioni. La situazione italiana è caratterizzata dall’estrema frammentazione nelle politiche di intervento per ridurre i rischi da cambiamenti climatici e disastri naturali.

Il punto sull’Agenda 2030 continua la prossima settimana. Occhio al futuro!

In onda il 9-1-2021

Parte III

Cristina: Oggi vediamo insieme gli ultimi sei obiettivi dell’Agenda..

SDG 12 – produzione e consumo responsabili:

Sono la grande sfida dell’economia circolare. È migliorata la gestione delle risorse in alcuni paesi però purtroppo in altri è peggiorata. Questo obiettivo si occupa anche di spreco alimentari e rifiuti. Motore dell’evoluzione delle leggi che regolano la produzione di consumo responsabile è l’Unione Europea che in generale rispetto al mondo segna dei progressi, e l’Italia è seconda.

SDG 13 – agire per il clima:

Fondamentali, perché sta cambiando molto più rapidamente del previsto. Il 2020 è stato il secondo anno più caldo mai registrato causando incendi, siccità, inondazioni e altri disastri naturali. Il mondo non è sulla buona strada per rispettare l’accordo di Parigi, che prevede il contenimento di temperatura a 1,5 ° sopra l’era pre-industriale. In Italia gli eventi estremi tra il 2008 e il 2019 sono cresciuti di 10 volte e siamo in grave ritardo nella gestione dei cambiamenti climatici.

SDG 14 – la vita sott’acqua:

Nonostante sia fondamentale proteggere la vita negli oceani, decenni di sfruttamento irresponsabile li stanno portando ad un degrado allarmante. La continua acidificazione minaccia l’ambiente marino e i servizi degli ecosistemi. L’Italia è tra i paesi con grandi inadempienze, nonostante l’importanza ambientale e socio-economica che il mare riveste per il nostro Paese.

SDG 15 – la vita sulla terra:

Manca un sistema di monitoraggio capillare degli ecosistemi e della biodiversità nel mondo quindi sono carenti la valutazione delle misure per tutelarla. Inoltre l’uso e la copertura del suolo sono tra i cambiamenti più pervasivi che l’umanità abbia apportato ai sistemi naturali della Terra. In Italia mancano un piano strategico di intervento e misure per la tutela del nostro capitale naturale, ferme da troppo tempo in Parlamento. L’andamento verso questo obiettivo è negativo.

SDG 16 – pace, giustizia e istituzioni forti:

Nel 2019, 79,5 milioni di persone sono fuggite da persecuzioni e guerre – è il numero più alto mai registrato da quando queste statistiche vengono raccolte. I bambini sono regolarmente esposti a molteplici forme di violenza, perlopiù non riconosciute o denunciate. L’andamento dell’Europa è positivo, in Italia lievemente positivo – è calata la criminalità ma anche la fiducia nel Parlamento europeo. È preoccupante l’incremento delle frodi informatiche. Pensate che in Italia dal 2010 al 2018 sono aumentate del 92%. Positivo il ritorno dell’’educazione civica” nelle scuole che consente di comprendere molti Target di questo obiettivo.

SDG 17 – partnership per i goal:

L’attuazione degli obiettivi di sviluppo sostenibile è costante ma fragile. Le guerre commerciali aumentano e mancano invece i dati cruciali che i paesi in via di sviluppo non sono in grado di produrre. L’Italia ha fatto progressi riconoscendo il ruolo del Terzo Settore nella cooperazione allo sviluppo.

Non siamo messi bene ma tutti noi possiamo fare qualcosa per cambiare le cose. Occhio al futuro!

In onda il 16-1-2021