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occhio al futuro

Un viaggio nel futuro con Cristina Pozzi

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Vi gira la testa quando pensate agli scenari del futuro di lavoro, società e famiglia? Ecco un breve viaggio con Cristina Pozzi, autrice di 2050. Guida (fu)turistica per viaggiatori nel tempo. Cristina è anche fondatrice di Impactscool, che porta nelle scuole e università italiane percorsi di formazione per essere pronti ai grandi cambiamenti in corso.

Cristina: Quali sono i cambiamenti che ci aspettano nei prossimi anni? Cristina tu sei imprenditrice sociale e scrittrice e hai fatto un viaggio nel futuro, che cosa hai visto?

Cristina Pozzi: Sicuramente il futuro che ho visto nel 2050 è un futuro dove cambia l’ambiente in cui noi viviamo perché il nostro pianeta, ahimè, per effetto del riscaldamento globale sarà soggetto a tantissimi cambiamenti, però anche lo stesso concetto di ad esempio famiglia, potrebbe essere messo in dubbio, cambiare, evolversi, per effetto di evoluzioni della genetica. Per esempio già oggi si possono fare figli con tre genitori andando ad utilizzare il materiale genetico di tutti e tre, si fa già in Inghilterra.

Cristina: E come faremo ad aumentare le nostre capacità cognitive?

Cristina Pozzi: Potremo farlo in tanti modi, sia dal punto di vista chimico con medicine che si stanno già studiando che possono aumentare la nostra attenzione ad esempio, si anche con le cosiddette neurotecnologie che invece possono essere veri e propri impianti tecnologici o caschetti da indossare che sono in grado di aumentare la nostra creatività

Cristina: E se non sono a portata di tutti come costi?

Cristina Pozzi: Potrebbero essere a beneficio solo di alcuni. Probabilmente non vogliamo vedere una società dove solo alcune persone possono essere più intelligenti, più di successo sul lavoro o avere accesso a determinate cure, più sani. Per chi non se lo può permettere potrebbero esserci scenari dove addirittura si può ottenere una tecnologia in cambio però di essere soggetti a pubblicità, magari continue, in modo da poterlo avere gratuitamente.

Cristina: Pure cedendo i propri dati del DNA?

Cristina Pozzi: Assolutamente si, quello potrebbe diventare una vera e propria fonte di reddito, addirittura quasi uno dei tanti lavori che ci troveremo a svolgere perché molto probabilmente non svolgeremo un solo lavoro ma tanti contemporaneamente.

Cristina: E i mestieri di oggi spariranno. Quali sono quelli che secondo te rimarranno o nasceranno e saranno strategici?

Cristina Pozzi: Sicuramente trovandoci immersi in una realtà cambiata in pochissimo tempo e che facciamo fatica a comprendere, magari anche per la presenza di robot attorno a noi in qualunque situazione, la figura dello psicologo che ci può aiutare nel gestire il passaggio, sarà centrale.

Cristina: Secondo te c’è la formazione giusta per compiere questo viaggio verso il futuro?

Cristina Pozzi: Per ora no, il consiglio che do sempre è quello di imparare a essere curiosi e imparare ad imparare.

Cristina: Coniugando quindi i nostri naturali talenti e le nostre capacità intellettuali, di cuore, creative e la volontà. Occhio al futuro

In onda 29-9-2018

La depurazione di Captive Systems

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Captive Systems, uno spin-off del Politecnico di Milano, produce materiali ferromagnetici utilizzati per la depurazione

Cristina: Oggi vi parliamo di un sistema per depurare gli inquinanti nell’acqua. Buongiorno Gianni, di che cosa si tratta?

Gianni Franzosi: Si tratta di microspugne, funzionalizzate con delle microparticelle in grado di poter captare l’inquinante all’interno di ogni soluzione. Queste nanospugne sviluppano una superficie assorbente molto importante, basta pensare che in due grammi di prodotto si sviluppa una superficie pari ad un campo da calcio. Vengono introdotte all’interno di una soluzione inquinata, le particelle agiscono assieme all’inquinante e possono essere estratte tramite un magnete.

Cristina: Quindi devono comunque passare per un filtro oppure un bacino?

Gianni Franzosi: Una semplice calamita è in grado di poterle attrarre ed estrarre dal liquido, a questo punto avremo l’acqua completamente depurata e gli inquinanti tutti aggregati alle particelle, che a loro volta possono essere recuperate ed usate come materie prime in successivi cicli di produzione e l’acqua invece utilizzata per usi comuni.

Cristina: Quindi si riciclano anche gli inquinanti?

Gianni Franzosi: Assolutamente si, in una sorta di economia circolare.

Cristina: Immaginiamo quindi di depurare una falda inquinata, e ce ne sono tante..

Gianni Franzosi: Purtroppo si. È banale, l’acqua è munta dalla falda, può passare all’interno di un filtro, questo filtro è addittivato con queste particelle. La parte inquinante si blocca all’interno del filtro e l’acqua depurata continua.

Cristina: Questo riguarda i metalli..

Gianni Franzosi: Si, la caratteristica delle particelle è che sono personalizzabili. Il nucleo centrale è sempre un nucleo magnetizzabile, il rivestimento attorno invece lo si può adeguare alla situazione dell’ambiente che abbiamo. Se abbiamo un ambiente ricco di idrocarburi la funzionalizzeremo per gli idrocarburi, in uno ricco di metallo per i metalli e così dicendo.

Cristina: E gli antibiotici e pesticidi che inquinano molte falde?

Gianni Franzosi: Senza alcune problema, assolutamente si.

Cristina: Rispetto ai sistemi di depurazione negli impianti industriali quale innovazione avete?

Gianni Franzosi: Il grande vantaggio è quello di poter comprimere in spazi molto piccoli tutto il set di depurazione, sfruttando quella che è la superficie assorbente delle particelle.

Cristina: Come nasce questa startup?

Gianni Franzosi: La startup è nata grazie alla sinergia tra la ricerca del Politecnico di Milano e l’industria.

Cristina: Grazie Gianni. È confortante sapere che gli inquinanti invisibili e minacciosi abbiano sempre più nemici. Arruoliamoli con audacia. Occhio al futuro

In onda 26-5-2018

Una conversazione sull’acqua con Luca Mercalli

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In occasione della giornata mondiale dell’acqua e la prima edizione di Labirinto d’Acque, summit internazionale dedicato al tema nel Labirinto della Masone, abbiamo parlato con il climatologo Luca Mercalli sulle possibili soluzioni ai nostri problemi idrici

Cristina: I problemi legati all’acqua li conosciamo, le soluzioni però sono meno ovvie. Siamo a Fontanellato in provincia di Parma perché qui si tiene un convegno sul tema e in questo bellissimo labirinto incontriamo il climatologo Luca Mercalli. Quali sono le soluzioni che stanno emergendo in queste giornate per colmare questa distanza enorme tra ciò che sappiamo e come ci comportiamo e come viviamo.

Prof. Luca Mercalli: La prima è ancora e sempre la consapevolezza, non c’è n’è mai abbastanza e poi oltre ovviamente alla consapevolezza ci sono le azioni concrete. Concrete cominciano dal contadino, da noi stessi, tutti sappiamo che dobbiamo usare bene l’acqua a partire da casa nostra. C’è anche l’acqua nascosta, non dimentichiamo l’acqua virtuale. Un paio di jeans, di quelli strappati, valgono 8.000 litri d’acqua nella loro fabbricazione dal campo di cotone alla commercializzazione. Infine, la politica e le grandi strategie, quando parliamo di acqua bisogna pensare a lungo termine perché quando devi lavorare sulle strutture, acquedotti, invasi, canali, non sono cose che si fanno in una notte quando c’è l’emergenza.

Cristina: Noi siamo viziati da un’abbondanza, di acqua, in particolare nel nostro paese.

Prof. Luca Mercalli: L’estate del 2017 ci ha fatto vedere che anche in un paese ricco d’acqua può andare in una situazione di stress enorme. Roma senz’acqua tra luglio e agosto, la pianura Padana con episodi a macchie di leopardo hanno toccato prima il Veneto e poi il Piacentino e poi il Piemonte. Ci siamo già dentro, questi sono le avvisaglie di ciò che potrebbe succedere in futuro con il riscaldamento globale che non fa altro che esacerbare ed amplificare queste situazioni.

Cristina: Alla fine le soluzioni sono nei comportamenti.

Prof. Luca Mercalli: Non solo, sono anche nella programmazione politica a lungo termine perché una diga o un’acquedotto non la facciamo io e te, la fa una collettività. Noi possiamo scegliere cosa fare a casa nostra. Io per esempio ho costruito una cisterna per raccogliere l’acqua piovana, il mio tetto raccoglie le piogge quando ci sono soprattutto in inverno e primavera e l’acqua mi serve per irrigare il mio orto durante l’estate.

Cristina: Sono buone misure per capire quanto è preziosa l’acqua.

Prof. Luca Mercalli: Ogni paese ha le sue soluzioni, quindi dobbiamo pensare che dalla Cina all’Australia al Sael, ogni paese si deve adeguare alle sue risorse idriche anche alla società. Quindi ci sono in questi convegni tante proposte adeguate alla geografia vasta del mondo, dalle toilette secche senz’acqua, alle costruzioni di grandi infrastrutture per la depurazione e la desalinizzazione.

Cristina: Mentre cercheremo noi l’uscita da questo labirinto, speriamo che siano tanti insieme a noi a volerla trovare.

Prof. Luca Mercalli: La strada della sostenibilità una sola, un po’ difficile ma la troveremo.

Holey, la stampa 3D sta cambiando l’ortopedia

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Holey, una start-up di Lazio Innova, stampa gessi e tutori ortopedici in 3D al costo di un gesso tradizionale, ma con notevoli vantaggi.

Cristina: Statiscamente un italiano su due, nel corso della vita, si rompe un osso. Quindi, una buona parte di voi, sa quant’è pesante portare un gesso. Oggi ci sono alternative. Cosa vi siete inventati?

Gabriel Scozzarro: Abbiamo realizzato una soluzione in grado di produrre tutori ortopedici stampabili in 3D, su misura, che possono sostituire i gessi tradizionali o i tutori commerciali in taglie. La nostra soluzione è composto da uno scanner tri-dimensionale che acquisisce le misure del paziente e un software che automaticamente crea il modello virtuale, che poi può essere fabbricato utilizzando la stampante.

Cristina: I tempi quali sono?

Gabriel Scozzarro: La scansione è quasi immediata, solo 30 secondi, dopo di che il software impiega qualche minuto per creare il modello virtuale e dopo ci sono due ore della stampante 3D per la fabbricazione del tutore, mentre il tempo per un gesso tradizionale è di un’ora. La tecnologia della stampante sta andando sempre più veloce quindi ci stiamo avvicinando sempre di più con il tempo. Come costo per un tutore per il polso e avambraccio costa circa 10 euro mentre il gesso tradizionale tra gli 8-12 euro.

Cristina: Questo però ha notevoli vantaggi, quali sono?

Gabriel Scozzarro: Si riduciamo il rischio di complicazioni dal punto di vista medicale, come le irritazioni cutanee, i nostri tutori non sono invadenti, sono molto leggeri e completamente resistenti all’acqua in quanto realizzati in un materiale plastico, quindi può continuare a fare la doccia, andare al mare e continuare tutte le attività quotidiane come se niente fosse. Inoltre esercitano una pressione uniforme su tutto l’arto per cui scongiuriamo pure eventuali complicazioni come la sindrome compartimentale, che succede quando una pressione non omogenea viene applicata per lunghi periodi e blocca lo scorrimento normale del sangue.

Cristina: Siete già presenti in istituti traumatologici?

Gabriel Scozzarro: Si, attualmente collaboriamo con l’Inail che ci sta accompagnando per effettuare test clinici a livello nazionale.

In onda 24-3-2018

Enerbrain, efficientamento energico

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Enerbrain, una start-up di Torino iniziata come 4 amici al bar, oggi si occupa di soluzioni di efficientamento energetico degli edifici attraverso sensori collegati nel cloud.

Cristina: Secondo la Commissione Energia dell’Unione Europea gli edifici consumano il 40% dell’energia totale ed emettono il 36% di CO2. Quali sono i vostri rimedi e come sono nati?

La scintilla è nata qua a Torino, nel corso di un inverno molto rigido ma con temperature variabili, in cui il nostro fisico Marco, si è domandato come potesse regolare meglio il suo impianto domestico.

Cristina: Come funziona la vostra tecnologia?

Andiamo ad installare all’interno degli ambienti dove vogliamo ricreare delle condizioni di comfort, sensori di umidità, temperatura e concentrazione di CO2, quindi per la qualità dell’aria. Ne mettiamo un numero minimo necessario per poter garantire il comfort all’interno di qualsiasi tipo di ambiente. Li posizioniamo in uno o due giorni e questi vanno a parlare direttamente con degli attuatori, un’altra parte di hardware, da installare in centrale termica. I dispositivi si parlano attraverso un’applicazione o un software e ogni 5 minuti va a regolare meglio l’impianto. In questo modo si risparmia.

Cristina: Gli impianti non li cambiate, semplicemente li rendete più efficienti.

Esatto, senza interrompere il normale funzionamento di un impianto, in due giorni andiamo ad efficientare e partiamo subito con i risparmi.

Cristina: Quali sono i risultati? Sia in termini di risparmio energetico che economico.

Il risparmio economico è proporzionale al risparmio energetico, siamo arrivati ad ottenere dei risparmi di energia termica di oltre il 30%.

Cristina: Una soluzione semplice ed efficace per edifici esistenti.

In onda 17-3-2018

Quakebots, monitoraggio sismico

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Capire quanto è vulnerabile un edificio è di particolare importanza in italia essendo, il nostro, il paese più sismico d’Europa. Oggi vi parliamo di Quakebots, un nuovo sistema di rilevamento e diagnosi.

Cristina: Il sistema Quakebots è un sistema di monitoraggio sismico negli edifici che utilizza la tecnologia IoT per monitorare come l’edificio reagisce alle sollecitazioni sismiche. E da quelle sollecitazioni, utilizzando l’intelligenza artificiale, noi creiamo mappe di classificazione che possono far comprendere quali edifici possono essere più vulnerabili. Speriamo che sistemi di prevenzione come questo si diffondano rapidamente in Italia, perché ce n’è veramente tanto bisogno. Immagino che anche i microsismi stressino un edificio, è così?

Gianni Franzosi:  Si assolutamente, ma anche l’attività antropica, il traffico stradale, quello ferroviario, le metropolitane, i lavori interni che vengono fatti negli edifici. Il sistema è in grado di registrare tutte queste vibrazioni e dar un’informazione dello stress che subisce l’edificio.

Cristina: Il vostro sistema consente di capire quando è il momento di intervenire in maniera preventiva su un edificio?

Gianni Franzosi:  Esatto, il sistema serve per la prevenzione. I dati possono essere usati da ingegneri e architetti per le fasi di adeguamento sismico, ma non è soltanto questo. In Italia abbiamo 7 milioni di edifici in aree ad elevato e medio rischio sismico che sono stati costruiti prima degli anni 70.

Cristina: Nella pratica, voi cosa fate? Installate i sensori?

Gianni Franzosi:  Noi installiamo i sensori all’interno degli edifici, su un muro portante e da quel momento inizia ad utilizzare la rete wifi per comunicare informazioni al sistema in cloud. Tutti i sistemi lavorano in rete, quindi i dati che arrivano da un sistema vengono utilizzati per creare valore agli altri edifici.

Cristina: Quindi serve sia per l’individuo che per fare azioni sul territorio?

Gianni Franzosi:  Si esatto. Azioni sul territorio, ovvero comprendere come il territorio si muove, come gli edifici si muovono durante un evento sismico.

Cristina: Avete già installato un certo numero di sensori?

Gianni Franzosi:  Attualmente abbiamo quasi un centinaio di edifici sotto monitoraggio in varie regioni d’Italia, in Calabria, Umbria e altre regioni e stiamo continuando a crescere.

Cristina: Com’è nata questa storia?

Gianni Franzosi:  È nata in maniere un po’ particolare. Nel 2009 ero responsabile del servizio di supporto al 118 dell’Abruzzo. Il giorno del terremoto alle 6 del mattino, venimmo contattati che dovevano evacuare l’ospedale. Prendemmo tutto quello che avevamo in ufficio – server, postazioni – e andammo su, a L’Aquila e nell’arco di alcune ore abbiamo ricostruito una centrale 118, consentendo al servizio di operare nuovamente. Ho visto la devastazione, cos’era successo e nel mare di emozioni mi sono chiesto “quegli edifici, avranno dato dei segnali prima?”.

In onda 10-3-2018

MDOTM, finanza quantitativa

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Avete mai sentito parlare di finanza quantitativa? L’italia è un paese di risparmiatori, fare le giuste scelte d’investimento e proteggere i propri risparmi, è una sfida. L’elaborazione dati e gli algoritmi, quei procedimenti informatici pre-impostati per risolvere problemi si stanno rivelando anche in questo ambito, sempre più utili e affidabili. MDOTM, è una start-up tutta italiana che si occupa proprio di questo.

Cristina: Voi avete sviluppato un modello di finanza quantitativa. Innanzitutto cosa significa e cosa è in grado di fare?

Federico Mazzorin: Il modello di finanza quantitativa consiste in un modello matematico che prende delle decisioni in modo sistematico. Quello che noi facciamo è che analizziamo delle anomalie di mercato si grandi numeri, per cui un’analisi di tipo quantitativo ti da un grosso vantaggio perché queste anomalie sul singolo titolo sono molto deboli, ma sui grandi numeri ti permettono di avere una buona consistenza. Noi sviluppiamo dei modelli completamente automatici, ma non personalizzati sul cliente, il cliente li prende e li integra nel suo processo decisionale, applicandoci tutti i profili di rischio e le cose che servono al cliente.

Cristina: Quindi gestite una mole di big data, cio tanti tanti dati che parametrati sono in grado di darvi una casistica o un flusso?

Federico Mazzorin: Si esatto.

Cristina: Siete l’unica start-up fintech europea ad essere stata selezionata per un’accelerazione nella Silicon Valley, perché?

Federico Mazzorin: Perché noi non ci rivolgiamo alla clientela finale, come la maggior parte delle start-up fintech, ma ci rivolgiamo ad una clientela professionale ed istituzionale, come banche o società di gestione.

Cristina: Quindi non a me, ma al mio gestore?

Federico Mazzorin: Esatto.

Cristina: Dunque i gestori sono in grado di prendere delle decisioni più affidabili?

Federico Mazzorin: Noi siamo una società di ricerca, quindi analizziamo il mercato e diamo al gestore un tool aggiuntivo per prendere le sue decisioni.

Cristina: E com’è questa esperienza nella Silicon Valley?

Federico Mazzorin: Quello che ci porterà questa esperienza sarà di ampliare il nostro business anche negli stati uniti.

Cristina: In quanti siete e con quali competenze?

Federico Mazzorin: Adesso siamo in sei, per questo progetto a tempo pieno, tre laureati in fisica, due in finanza e uno in informatica.

Cristina: È un onore pensare che questi ragazzi comunque entrino nel mondo ancora così freschi ma evidentemente con un progetto che è molto chiaro ed efficace.

In onda 24-2-2018

Alleggerire l’impatto ambientale delle aziende

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Ero felice dopo il breve e intenso incontro con Silvio Albini. Capita raramente di parlare con un imprenditore così schietto, trasparente e audace che dice apertamente le cose come stanno (e non come vorrebbe che fossero). “La nostra è la seconda industria più inquinante al mondo dopo quella del petrolio e del carbone….” aveva esordito. Solo chi è impegnato nel fare può mettere nero su bianco in modo così diretto. Le parole sono una conseguenza, non una premessa. Infatti, poi, Albini aveva esposto alcuni dei risultati importanti raggiunti nel percorso progressivo verso la sostenibilità. Gli avrei scritto lunedì per dirgli quanto mi aveva colpito la sua visione concreta, ma la notizia della sua scomparsa mi ha preceduto. Mi chiedo perché un uomo che aveva ancora tanto da dare ci abbia dovuto lasciare. Il mio augurio è che nella sua memoria il suo disegno possa prendere forma, allargandosi in maniera organica nella lunga e complessa filiera del tessile.

Cristina: Il 50% dei tessuti e dei vestiti usati nel mondo contengono cotone. Fibra che nella sua lunga filiera dalla produzione alla lavorazione inquina tantissimo. Siamo in un’azienda che ha deciso di alleggerire il suo impatto ambientale. Quali sono gli obbiettivi che vi siete posti e i risultati che state raggiungendo?

Silvio Albini: È un processo lungo, non dimentichiamo che l’industria tessile, in tutta la sua complessità nel mondo è il secondo inquinatore del mondo in cui viviamo, dopo le industrie del carbone e del petrolio. Bisogna svolgere le proprie attività con trasparenza, bene, step by step, noi abbiamo negli ultimi anni risparmiato 8 milioni di kw/h che corrispondono a all’energia elettrica consumata da 2.700 famiglie in un anno. Poi c’è bisogno di tantissima acqua, anche li, con investimenti importanti la nuova tintoria che abbiamo fatto in questo sito in Val Seriana ci ha permesso di risparmiare 46.000 metri cubi di acqua all’anno, che corrispondono all’acqua di 10 piscine olimpioniche. C’è un uso di materie chimiche importante e qua noi abbiamo iniziato un lungo lavoro di miglioramento continuo che ogni giorno ci porta come si diceva prima.. usare meno acqua ma anche a sostituire materie chimiche che fanno un po’ meno male alla pelle o all’ambiente in cui viviamo.

Cristina: Questo processo di innovazione cosa vi sta insegnando?

Silvio Albini: Sta cominciando a premiarci veramente. Pensi che recentemente sono stato da uno dei nostri maggiori clienti Americani, abbiamo presentato la nostra esperienza dalla materia prima fino al prodotto finito. Devo dire che è stato un grande successo che ci ha permesso anche una maggiore penetrazione presso quei clienti. Dietro c’è una grande spinta dei loro consumatori finali che sono finalmente sensibili a tutto questo mondo.

Cristina: Perché la gente vuole sapere dove nasce e come potrà finire quello che usa, soprattutto quello che porta sulla pelle, quindi chi sa raccontare questa storia con audacia e trasparenza sicuramente verrà premiato.

In onda 27-1-2018

Il green data center di EXE

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Ogni informazione generata in rete passa attraverso un data center, dove si trovano server, sistemi di archiviazione, sistemi informatici e infrastrutture di telecomunicazione. Inoltre, sono necessari impianti di controllo ambientale quali condizionamento e antincendio per garantire la sicurezza. I consumi energetici complessivi di questi centri informatici rappresentano una delle principali fonti di inquinamento del pianeta e di costo per le aziende.
In questa storia scoprirete come per abbattere l’impatto ambientale legato a tecnologie che si diffondo in rete, é necessario intervenire sull’edificio in tutte le sue parti.
Oggi Executive Service è l’unico “green” data center in sud Europa. Siamo andati a trovarli vicino a Bologna per scoprire come la tecnologia e la sostenibilità possano vivere in armonia.

CRISTINA: Sapete che 15 minuti di video in streaming online consuma la stessa energia del frigorifero di casa in 3 giorni? E che internet consuma quanto l’intera aviazione civile mondiale? Perché qualsiasi informazione che sia in tv, su un telefono,  o su internet passa per un data center. Infatti siamo nel primo green data center a zero emissioni in sud Europa, ed è in provincia di Bologna. Cosa significa un data center a zero emissioni?

Gianni Capra: Un data center a zero emissioni vuol dire che tutto il funzionamento del datacenter è basato su energia assolutamente o autoprodotta, o acquistata da un’azienda in grado di certificare la fonte rinnovabile di un certo tipo. Escludiamo ad esempio fonti rinnovabili di provenienza chippato, alghe, pellet o qualsiasi cosa che comporti combustione. Tutto ciò che alimenta i nostri server non deve causare combustione di alcun genere, quindi si escludono a priori emissioni di CO2.

Cristina: Quali sono i vantaggi per chi usa il vostra servizio?

Gianni: Riceve una certificazione reale della propria attenzione all’ambiente, in quanto la nostra certificazione di emissioni zero ci consente di emettere certificati gratuiti a tutti colori i quali portano in toto o in parte i loro schemi informativi in questo data center.

Cristina: Avete il sostegno e anche l’incoraggiamento della comunità europea.

Gianni: La comunità europea, ufficialmente ha dichiarato la propria preoccupazione nei confronti della rapida e ripida crescita dei data center, in quanto la comunità europea stessa ha individuato i data center nei massimi emettitori di CO2 nel mondo occidentale.

Cristina: E qual’è la vostra ricetta di sostenibilità in questo spazio?

Gianni: Il 50% è legno, l’intero stabile è costruito in legno. Altre scelte tecnologiche riguardano la bassa densità nei rack o armadi o scaffali, e la rinuncia totale ai dischi rigidi. Quindi tutti i nostri server utilizzano memorie allo stato solido come quelle del tuo telefonino e il raffrescamento, che per il 79% del tempo annuo è fatto con aria non condizionata.

Cristina: A che temperatura girano i vostri server?

Gianni: Noi lavoriamo fino a 29 C contro i 19-20 di un data center tradizionale.

Cristina: Grazie. Nei prossimi decenni l’intera popolazione umana sarà connessa in rete, è quindi fondamentale ridurre le emissioni dei data center. E come avete visto, è possibile.

CoeLux, il cielo in una stanza

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Questa è una tecnologia che può cambiare la vita a molte persone perché la qualità della luce naturale, sul nostro umore e sulla nostra salute, fino ad ora non aveva rivali.

I sistemi d’illuminazione CoeLux riproducono l’effeto della luce naturale del sole, entrando attraverso un’apertura nel soffitto, con un sole realistico percepito ad una distanza infinita circondato da un cielo cristallino. Questo risultato straordinario è ottenuto grazie ad un lavoro comprensivo da parte di un team interdisciplinario di ricercatori nei campi della fisica ottica, dei modelli numerici, della chimica, delle scienze materiali, dell’architettura e del design.

I dispositivi di CoeLux sono molto più di lampade luminose. L’azienda “ricrea lo stesso processo scientifico che fa apparire il cielo blu”, afferma il fondatore e fisico Paolo Di Trapani. “Abbiamo costruito il sole.”

CoeLux simula le stesse particelle di ossigeno, azoto e CO2 presenti nell’aria e virtualmente “comprime l’atmosfera” da 10 chilometri a pochi millimetri, creando un solido, piuttosto che gas o liquido. Proprio come gli ascensori hanno permesso la costruzione di grattacieli e l’aria condizionata ha permesso di ampliare gli edifici, Di Trapani crede che CoeLux potrebbe consentire la creazione di “groundscrapers” o edifici che si estendono per centinaia di metri sottoterra, ma che non diano l’impression di essere in un luogo buio e profondo.

Dopo un’ora in una stanza senza luci, illuminata con il loro sistema, l’indice di performance, il grado di benessere di motivazione e di concentrazione, è del 30% superior ripsetto ad un’illuminazione tradizionale. In ambito sanitario viene ridotto notevolmente l’ansia e lo stress, ed è in atto uno studio per misurare l’effetto terapeutico che può avere.

COME FUNZIONA ESATTAMENTE?

Lo scattering di Rayleigh è lo scattering elastico (o diffusione) di un’onda luminosa provocato da particelle piccole rispetto alla lunghezza d’onda dell’onda stessa, che avviene quando la luce attraversa un mezzo sostanzialmente trasparente, soprattutto gas e liquidi.

La luce che proviene dal sole è composta da un maggior numero di fotoni nel blu piuttosto che nel viola. Il colore “celeste” che noi vediamo deriva quindi dalla sovrapposizione (una “media pesata”) dei colori che ci arrivano dal cielo, soprattutto viola, blu e, in parte minore, verde, ed è il motivo principale per cui il cielo appare di colore azzurro. (Wikipedia)