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Droni umanitari e le medicine arrivano in luoghi irraggiungibili

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Due giovani creano una rete di distribuzione per luoghi irraggiungibili. La startup che si è inventato tutto questo ha sede in un ex magazzino della Silicon Valley. Contenuti extra da Occhio al futuro di Striscia la Notizia.

SANTANA: Sono originaria della Repubblica Dominicana e sono un avvocato. Ero molto interessata a capire come poter applicare la tecnologia alla politica, per far sì che i governi diventassero più efficienti e trasparenti, e volevo capire come accellerare il loro impatto nel mondo, fondamentalmente perché i governi sono come un grande meccanismo che può rendere effettive le leggi per un gran numero di persone Poi ho vinto una borsa di studio alla Singularity University che mi ha permesso di studiare lì per tre mesi, in compagnia di astronauti, ingegneri, imprenditori, dottori e quello che ho scoperto alla Singularity è stato un nuovo mondo di tecnologie esponenziali che non solo accellera il percorso per poter fare qualcosa… trasforma completamente il modo in cui si vede il mondo e in cui si compiono le azioni, perché questo è ciò che la tecnologia fa meglio. Ho conosciuto Andreas, che è oggi il mio cofondatore di Matternet. Lui aveva avuto l’originale idea di usare veicoli aerei senza pilota (UAV) e di creare un network di questi veicoli volanti per il trasporto, specialmente in posti senza infrastrutture stradali o in posti in cui le strade non funzionano veramente L’idea mi è piaciuta subito, soprattutto perché ho visto la possibilità di saltare tutta la fase decisionale che di solito è gestita dai governi Infatti, se metti a confronto questi due procedimenti… Andare al congresso, far passare una legge, accettare di investire cinquanta milioni di dollari nella costruzione di una strada È una decisione politica. Non ha nulla a che fare con il miglioramento delle condizioni di vita della gente che vive lì, specialmente se quella gente non vota, se non ha voce in capitolo nella sua vita quotidiana. Non devo più passare attraverso questo procedimento perché c’è questa nuova tecnologia, che possiamo mettere nelle mani di chiunque, che permette di saltare tutto questo processo e di connettere queste persone. È efficiente, affidabile ed è la reale soluzione del 21° secolo per un problema che esiste nel mondo da sempre. Questo è un piccolo veicolo volante chiamato Quadcopter, perché ha 4 eliche. Ha solo 4 parti mobili: questi 4 motori e 4 eliche. Tutto il resto è elettronica e una batteria. Noi crediamo che questo sarà il nuovo, il prossimo paradigma del trasporto, La vera soluzione del 21° secolo. Questo si chiama Michelangelo. Abbiamo costruito circa dieci prototipi come questo e li abbiamo testati in location estreme. Siamo stati in Bhutan, nella catena himalayana e lo abbiamo testato con il supporto del governo e del ministro della salute per aiutarli a trasportare medicinali tra gli ospedali e i centri di cura che si possono trovare a 50, a 100 km di distanza! E L’unico modo per fare tutta questa strada, è attraverso punti intermedi dove è possibile atterrare, cambiare la batteria e ripartire immediatamente Stiamo dunque creando una rete in cui sia possibile farli atterrare autonomamente e ripartire, attraverso piccoli ponti aerei tra i vari luoghi. Quello che vedi qui è solo una parte del sistema. Il veicolo è dotato di un piccolo computer connesso ad internet. Abbiamo sviluppato un “cloud system” Che dà instruzioni al veicolo su cosa fare, Da dove partire, quando, quale percorso prendere per raggiungere la destinazione. Andreas, possiamo fare in modo che Michelangelo voli vicino a quelle rocce? Certo! Adesso tu stessa darai istruzioni a Michelangelo In modo da farlo giungere a destinazione. E adesso lo vedrai partire. Favoloso! Sta partendo… che emozione! Devi sapere che il costo dell’energia per un carico di circa un chilo calcolando una distanza intorno ai venti chilometri è sorprendente: soltanto 2 centesimi! Complimenti, hai completato il tuo primo volo.

La lana Sarda che ripulisce il mare dagli idrocarburi

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Vedere una spugna assorbire un liquido ci affascina. Ora immaginate che la spugna sia ricavata da scarti industriali, addirittura rifiuti speciali, e il liquido in questione sia acqua di mare inquinata da idrocarburi. Ma non finisce qui perché la spugna contiene anche dei microrganismi in grado di digerire gli oli restituendo acqua pulita. Da questa intuizione speciale dell’imprenditrice della blue economy Daniela Ducato nasce Geolana. Il diportista attento la troverà in molti porti e anche nelle sentine.

Cristina: Circa 150 milioni di persone vivono sulle coste del Mar Mediterraneo, scaricando in acqua rifiuti di ogni genere, da quelli industriali a quelli civili. Pensate che secondo le Nazioni Unite sono 100/150 mila tonnellate solo gli idrocarburi. Per fortuna c’è ci si occupa di questo con soluzioni innovative. Buongiorno Daniela, cos’è questo?

Daniela Ducato: E’ un tessuto di lana di pecora realizzato in industria con il pelo corto e che diventerebbe un rifiuto speciale smaltito a caro prezzo ambientale ed economico e invece noi lo trasformiamo in risorsa speciale.

Cristina: E lo vediamo lì?

Daniela Ducato: Esatto e non è decorativo. È un tessile che è stato creato a doc per catturare velocemente molti inquinanti, soprattutto gli oli e gli idrocarburi petrolchimici. E fatto in modo speciale per acchiappare, e quindi per ospitare, tutti quei microrganismi utili che sono in acqua e che hanno il compito di metabolizzare e digerire questi inquinanti restituendoci acqua pulita.

Cristina: Un kilo di lana quanto assorbe?

Daniela Ducato: Tra i 10 e i 14 kili quindi immaginiamo quanto può essere utile e importante creare una gestione sostenibile e responsabile dei porticcioli turistici con un elemento rinnovabile che finito di vivere ritorna a essere mare fecondo.

Cristina: La vostra soluzione si sta diffondendo facilmente nei porti e nei mari?

Daniela Ducato: Sì, per una volta non abbiamo il problema della burocrazia intricata, anzi c’è stata anche una velocità nelle pratiche. Siamo contenti di questa facilità e di questa consapevolezza anche nelle amministrazioni pubbliche. Chi naviga sa che anche in sentina, nel vano motore, si accumulano tanti inquinanti: oli, idrocarburi… Noi abbiamo trovato una soluzione mangia petrolioanche per questa problematica. Come vedete qui ci sono già diversi assorbitori, alcuni sono stati impregnati e stanno biodegradando gli idrocarburi, l’altro è appena stato messo e inizierà tra poco il suo lavoro di biodegradazione.

Cristina: Daniela, spieghi perché questa l’abbiamo al collo?

Daniela Ducato: L’abbiamo al collo e per fortuna non in mare, perché altrimenti vorrebbe dire un piccolo disastro: un grande versamento in mare. Serve proprio per gestire i versamenti visibili e inquinanti. E’ fatto sempre di lana, con un interno di sughero che consente il galleggiamento.

Cristina: La materia prima, la lavorazione e l’innovazione tecnologica sono al 100% sarde, speriamo che questa soluzione si sparga a macchia d’olio. Occhio al futuro!

La carne del futuro

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Sappiamo che gli attuali livelli di consumo di acqua potabile e terra coltivabile rischiano di compromettere la capacità del pianeta di rigenerarsi, ma esistono sempre più soluzioni sostenibili in grado di alleggerire il consumo di risorse naturali. Ad esempio, per la produzione di cibo. Gli allevamenti e la produzione di carne hanno un impatto negativo sull’ambiente. Ma esistono alternative, ogni giorno più economiche ed efficaci. Questa è una da tenere d’occhio.

Cristina: Globalmente, continua a crescere il consumo di carne, anche se sappiamo che gli allevamenti intensivi hanno un impatto ambientale oramai insostenibile. Ma ci sono alternative! Oggi ve ne raccontiamo una davvero originale.

Mark Post: Siamo stati i primi a farlo, ma non i primi ad avere l’idea. Winston Churchill nel 1932 aveva già alluso a questa possibilità.

Cristina: Quanto tessuto prelevate da una mucca per far crescere un hamburger in laboratorio?

Mark: Beh, in teoria è sufficiente solo una cellula. Ma in realtà, prendiamo un piccolo lembo di muscolo tramite la agobiopsia e otteniamo circa 200 cellule. Il prelievo si può fare da qualsiasi muscolo.

Cristina: Quanto ci vuole per far crescere un hamburger?

Mark: 9 settimane.

Cristina: E poi? Da quel momento in poi?

Mark: Beh è un processo esponenziale in 2 fasi: la prima è far crescere un gran numero di cellule. E quando ne hai tante, puoi incominciare a creare i tessuti. Per creare un hamburger, per esempio, ci vogliono 9 settimane. Per creare 2 hamburger ci vogliono 9 settimane e 2 secondi. E per creare 50 mila hamburger ci vogliono 9 settimane più una. Quindi in realtà non è tanto importante il tempo di crescita, ma piuttosto le quantità che possiamo produrre. Nel 2013 il prototipo di hamburger costava circa 250 mila €. Se lo coltivassimo ora, con la stessa tecnologia per avere una produzione su larga scala, il costo sarebbe di circa 10-11 dollari per hamburger.

Cristina: E a che prezzo puntate?

Mark: Meno di un hamburger normale. Sappiamo già cosa dobbiamo migliorare per abbassare il prezzo. Non è complesso. Ma qualcuno deve farlo.

Cristina: Qual è l’attitudine mentale dei consumatori verso la carne coltivata in laboratorio?

Mark: Le persone sono in grado di comprendere i vantaggi di questa procedura. All’università di Oxford hanno calcolato che si ridurrebbe il consumo di suolo degli allevamenti di bestiame del 90%. Il fabbisogno di acqua dolce del 90%. E di energia del 60%, a seconda delle aree. E anche se il risparmio energetico è inferiore rispetto a quello di terra e acqua, va considerata la riduzione del metano emesso dalle mucche. C’è anche un vantaggio in termini di gas serra, a parità di energia consumata.

Cristina: Presto sarà possibile coltivare in vitro tutto quello che vogliamo. Che ci piaccia o no!

I danni dell’estrazione mineraria

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Cristina: Questo oggetto che tutti usiamo contiene più di 40 minerali, che vengono estratti in ogni parte della terra. Estrarli crea danni importantissimi sia alle popolazioni che vivono vicino alle miniere, che all’ambiente.

Flaviano Bianchini: Oggi il 38% delle foreste primarie del mondo sono minacciate dall’industria estrattiva. Pensate che solo l’acqua che le miniere che inquinano negli Stati Uniti, solo in un anno, se le mettessimo tutta in delle bottiglie di plastica ne avremmo abbastanza per andare dalla terra alla luna, andata e ritorno, 54 volte. Pensa che per estrarre i 20 grammi necessari a produrre un anello d’oro, bisogna estrarre dalla terra 20 tonnellate di roccia e poi dissolverla con del cianuro. Vicino alla miniera d’ora in Honduras, la mortalità infantile è 12 volte più alta della media nazionale. In Perù, sulle Ande, dove invece viene estratto il rame il 100% degli 80.000 abitanti della città di Serro de Pasco andrebbe ospedalizzato d’urgenza per la presenza di metalli nel loro sangue e la speranza di vita media di quella città è di 15 anni inferiore alla media del Perù. Una miniera d’oro di medie dimensioni come la miniera di Serro de Pasco sulle Ande in Perù, produce la stessa quantità di spazzatura, di rocce, di tutte le città degli Stati Uniti messe insieme, in un anno. Quindi nella città si crea una lotta continua per lo spazio. I bambini giocano a calcio sugli scarti minerari. L’ospedale è quasi seppellito dagli scarti. In Mongolia c’è una miniera d’oro che è un deposito fluviale, quindi nel letto di un fiume lunga 16 km, questo comporta che pastori nomadi devono fare 30km per andare a prendere l’acqua. Pensa che per le attività minerarie tra il 1990 e il 1998 in Ghana sono state sfrattate 30.000 persone. Abbiamo insomma tutto il mondo che giustamente si è indignato all’ISIS che faceva saltare in aria Palmira, in Messico nello stato di Guerrero una compagnia mineraria ha fatto saltare in aria una piramide Olmeca, però li l’hanno chiamato sviluppo.

Cristina: E per noi consumatori quali soluzioni ci sono?

Flaviano: Innanzitutto consumare meno è meglio. Evitare di cambiare prodotti ogni due settimane, desiderare di possedere mille cose. Per esempio esiste una certificazione dell’oro etico e esiste un telefonino che è composto principalmente da minerali riciclati, per di più si può smontare. Per esempio quando la batteria è esausta non si deve cambiare l’intero telefonino, si cambia la batteria, si ricompra e non si cambia tutto il telefono. Se si rompe la telecamera si può sostituire solo quella, il chip lo stesso. Questi sono tutti minerali che si risparmiano e se ne risparmia l’estrazione.

Cristina: Oltre che essere fedeli ai nostri coniugi forse dovremmo essere anche un po’ più fedeli alla terra, che ne dite?