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occhio al futuro

#FridaysForFuture – 15 Marzo 2019

By ecology, sdg 13

Capire l’impatto dell’ondata di proteste che dal 2000 sono aumentate in tutto il mondo, è essenziale per i politici, gli analisti e i media. Emerge uno scollamento tra il numero di cittadini globali che chiedono attenzione su questioni brucianti, quali i cambiamenti climatici e la capacità di comprenderne il significato da parte dei media e degli analisti.
Le proteste tendono ad assomigliarsi e ciò porta ad analogie semplicistiche. Sono eventi fotogenici che attirano naturalmente l’attenzione mediatica quando sono in corso. Ma l’attenzione svanisce rapidamente quando passano le proteste. La differenza tra #fridaysforfuture e gli altri scioperi, è la cadenza. Ogni venerdì aumenta il numero di partecipanti in tutto il mondo.

“Voglio che tu agisca come se la nostra casa fosse in fiamme. Perchè lo è.” – Greta Thunberg, Davos 2019

Cristina: Oggi è venerdì ed è lo sciopero per il clima, siamo in Largo Cairoli a Milano e pensate che le città registrate e i paesi registrati da lunedì a oggi sono più che raddoppiati. Il tutto parte da Greta Thunberg, una ragazzina svedese di 16 anni che in meno di sette mesi ha creato la movimentazione più grande della storia e ieri è stata candidata al Nobel per la pace.

Foto © Olivia Sala

Mirrorable, la piattaforma di riabilitazione motoria

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Circa 17 milioni di bambini nel mondo sono stati diagnosticati con paralisi cerebrale infantile, causata da una lesione al sistema nervoso centrale. Combinando la ricerca scientifica e la tecnologia, Francesca e Roberto hanno creato Mirrorable, una piattaforma di riabilitazione motoria che aiuta i piccoli pazienti a muovere le parti “offese” del corpo e a stimolare il potenziale residuo.

Cristina: Oggi vi raccontiamo la storia di una famiglia che ha saputo trasformare un’esperienza devastante,  in un’opportunità, per milioni di bambini nel mondo. Francesca e Roberto, scoprono a pochi giorni dalla nascita che il loro piccolo Mario, ha subito un ictus nel ventre della mamma o appena nato, e che questo ha impattato la parte destra del suo cervello.

Francesca Fedeli: All’inizio è stato difficile per noi accettare questa diagnosi e abbiamo cominciato a cerare medici, cercare soluzioni in giro per il mondo, ma soprattutto a studiare. In questa ricerca, nello studio, abbiamo scoperto il meccanismo dei neuroni specchio, le cellule che si attivano sia quando compiamo un un gesto, afferriamo un oggetto,  sia quando vediamo un’altra persona compiere lo stesso gesto. È da li che poi siamo partiti per Mario per cercare una soluzione che si è rivelata vincente. Infatti è riuscito ad allenare di più la parte sinistra del cervello a compensare per quella destra.

Cristina: Oggi, Francesca e Roberto, queste due persone straordinarie aiutano tantissime famiglie a migliorare la qualità delle loro vite. Circa 17 milioni di bambini nel mondo sono stati diagnosticati con paralisi cerebrale infantile, causata da una lesione precoce al sistema nervoso centrale. Combinando la ricerca scientifica e la tecnologia Francesca e Roberto, hanno creato una piattaforma di riabilitazione motoria, che si chiama Mirrorable e che aiuta i piccoli pazienti a muovere le parti “offese” del corpo e a stimolare il potenziale residuo.

Roberto D’Angelo: Per noi è cambiato tutto quando abbiamo capito una cosa molto semplice: che il modo migliore di aiutare nostro figlio era quello di aiutare tutti i bambini al mondo come lui. Abbiamo fatto disegnare un processo di riabilitazione ai bambini per i bambini stessi e l’unica cosa veramente importante per questi bambini, prima di tutto, era il gioco e la possibilità di imparare nuovi skill motori grazie ad un altro bambino come loro con le stesse condizioni. Qualche anno fa sarebbe stato impossibile ma oggi, grazie alla tecnologia, siamo riusciti a realizzare questo direttamente nelle case di questi bambini. Grazie poi all’intelligenza artificiale siamo riusciti a creare un processo altamente personalizzato sulle emozioni del singolo bambino in modo tale che ne potesse trarre il massimo del beneficio. Per darvi un’idea, in un mese di corso di magia, questi bambini hanno migliorato le proprie capacità bi-manuali di una media del 26%. Un risultato straordinario.

Cristina: La scorsa estate Mirrorable è diventato anche un Camp, e i risultati sono stati molto incoraggianti.

Francesca: I risultati del Mirrorable Camp, in via di pubblicazione, sono stati per noi entusiasmanti perché davvero siamo riusciti a dimostrare che questi bambini migliorano non soltanto dal punto di vista delle capacità bi-manuali, ma anche quelle che sono le loro abilità di apprendimento e migliorano anche gli indicatori di benessere globale, sia del bambino, che di tutta la famiglia.

Cristina: Mai come quando un problema ci tocca da vicino, possiamo diventare parte della soluzione.

In onda 23-2-2019

L’enorme potenziale dei miceti

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La degradazione del suolo è un problema molto importante, la cui causa principale è l’inquinamento da parte di metalli pesanti, oli o idrocarburi che rendono inutilizzabili circa 340mila siti in tutta Europa.
Alla Mycotheca dell’Università di Torino sono conservati oltre 6.000 ceppi di miceti (funghi), provenienti da tutto il mondo. Rappresenta una delle più importanti banche di biodiversità fungina in Italia, dove studiano l’enorme potenziale di questa specie. In collaborazione con il progetto europeo LIFE Biorest, si stanno occupando del biorisanamento di 18 ettari a Fidenza.

Parte I

Cristina: Siamo alla Mycotheca di Torino che fa parte del Dipartimento di Scienza della Vita e Biologia dei Sistemi per raccontarvi quanto sono potenti ed efficaci i funghi. State lavorando ad un importante progetto con l’Unione Europea, ce lo racconta?

Prof.ssa Giovanna Cristina Varese: Certo, si tratta del progetto Life Biorest, volto alla depurazione di siti contaminati. La contaminazione del suolo è un problema enorme a livello mondiale ed europeo. Per darvi un numero, in Europa ci sono più di 200.000 siti contaminati, meno del 20% in questo momento sono diciamo trattati. Il progetto si svolge nel comune di Fidenza, è uno dei cosiddetti SIN, quindi i siti più contaminati in Italia. Abbiamo selezionato una serie di microrganismi, nel nostro caso funghi, per la loro spiccata capacità di degradare inquinanti.

Cristina: Come funziona questa depurazione?

Prof.ssa Giovanna Cristina Varese: Questo funghi li abbiamo isolati, fatti crescere dandogli da mangiare esclusivamente i contaminanti di questo suolo come ad esempio il pirene, il naftalene e fenantrene, poi abbiamo dimostrato come questi funghi si sono così adattati all’ambiente contaminato che preferiscono mangiare questo tipo di inquinante piuttosto che molecole come il glucosio. Li abbiamo selezionati poi per la capacità di poter crescere su substrato a basso costo, perché uno dei problemi più importanti è di far vivere e vegetare i microrganismi nel suolo. Quindi i microrganismi selezionati per le loro capacità degradative vengono poi miscelati al suolo e attraverso un sistema di questo genere vengono poi creati dei grossi cumuli di circa 1 tonnellata di suolo che viene mantenuto in condizioni controllate di temperature e umidità per un periodo che va dai 3 ai 6 mesi. L’utilizzo di questo microrganismi permette di degradare una quantità molto maggiore di inquinanti e di abbreviare i tempi di trattamento, riducendo quindi anche i costi del trattamento stesso.

Cristina: Su questo terreno poi si potranno edificare case, si potrà vivere in modo sano?

Prof.ssa Giovanna Cristina Varese: Questo processo prevede anche una rivegetazione, quindi l’Università Cattolica di Piacenza sta selezionando una serie di piante che siano ben adattate a questi suoli. Nel momento in cui la popolazione vedrà che i microrganismi prima hanno degradato la maggior parte degli inquinanti e che le piante si accrescono su questo suolo, avrà la percezione visiva che il sito è stato veramente pulito in modo definitivo. L’area è molto vasta, di circa 18 ettari, e a causa dei bombardamenti che ci furono durante la seconda guerra mondiale gli inquinanti si spingono fino a 28 metri di profondità, quindi un volume di suolo da trattare veramente enorme.

Cristina: Quando decreterete i primi risultati?

Prof.ssa Giovanna Cristina Varese: I risultati che abbiamo ottenuto fino ad adesso nelle prove preliminari sono assolutamente positivi.

Parte 2

Cristina: Siamo tornati alla Mycotheca di Torino perché qui c’è la più importante collezione di ceppi di funghi d’Italia. Stanno lavorando a tantissime applicazioni, veramente strategiche per il nostro futuro, ma la cosa più interessante ancora è che di questo regno, perché così sono classificati i funghi, si conosce solo il 10%. Quali altre virtù ci vuole raccontare su questa importante popolazione di organismi?

Prof.ssa Giovanna Cristina Varese: I funghi, oltre che essere bellissimi sono bravissimi e li stiamo utilizzando per studiare la degradazione di tantissimi contaminanti. Un esempio molto recente è la degradazione delle materie plastiche, ci sono tanti tipi di materie plastiche anche le cosiddette bioplastiche quelle biodegradabili in realtà non sono completamente biodegradabili, la normativa si sta evolvendo nel tempo ma diciamo che ad oggi una plastica per essere biodegradabile deve avere il 40% di materiale biodegradabile che diventerà il 50% il prossimo anno il 60% nel 2020. Questo vuol dire che noi dobbiamo favorire questa degradazione, selezionando dei microrganismi in grado di degradare proprio queste materie plastiche e quindi di favorire il loro utilizzo anche in processi come quelli del compostaggio. Stiamo lavorando anche sulle microplastiche in mare, ci sono dei progetti europei per isolare ed identificare microrganismi associati a questo ambiente acquatico ed anche in questo caso per identificare i microrganismi e gli enzimi coinvolti in questa degradazione.

Cristina: Poi c’è anche tutta una classe di sostanze chimiche che non sono proprio favorevoli per la nostra salute di cui vi state occupando.

Prof.ssa Giovanna Cristina Varese: Si in effetti per rimanere nell’ambito acquatico, in questo momento si parla tanto dei cosiddetti interferenti endocrini, sono migliaia da molecole presenti a bassissime concentrazioni nelle nostre acqua. Parliamo di microrganismi a nanogrammi che possono avere degli impatti sulla salute delle persone. Facendo un esempio, lo sviluppo sessuale precoce nei bambini oppure l’obesità infantile. Ovviamente sono ancora cose che devono essere dimostrate in modo certo in campo medico ma insomma il pensiero comune è che quelle molecole presenti nell’ambiente abbiano un ruolo non indifferente. I funghi sono bravissimi nel degradare queste sostanze e quindi a ridurre la tossicità dei reflui civili e dei reflui industriali.

Cristina: Alcuni sono molto promettenti anche in ambito farmaceutico e di cosmetica.

Prof.ssa Giovanna Cristina Varese: Assolutamente si, i funghi producono milioni di metaboliti secondari che hanno attività farmacologiche e quindi ad esempio stiamo studiando le possibilità di coltivare alcuni funghi per produrre nuove molecole ad attività antibatterica, antivirale o con attività antitumorale. In particolare i funghi e, se vogliamo, i funghi provenienti dagli ambienti marini sono in questo momento tra gli organismi più studiati al mondo per la produzione di queste molecole.

Cristina: E poi concludiamo con il piacere di mangiarli. Non ci sono solo i porcini ma..

Prof.ssa Giovanna Cristina Varese: Probabilmente i funghi sono il cibo del futuro attraverso la produzione delle cosiddette micoproteine. Cibo ideale per eccellenza, ricco di proteine, con poche calorie, ricco di fibre e privo di colesterolo.

Cristina: Un universo da scoprire. Occhio al futuro.

In onda 16 e 23-2-2019

re3CUBE – smaltire i rifiuti medici

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re3CUBE è una tecnologia che consente di abbattere gli ingenti costi di smaltimento per i rifiuti sanitari pericolosi e di evitarne il trasporto per centinaia di km.

Cristina: Quando andiamo dal medico per curarci, produciamo spesso rifiuti infettivi o pericolosi. Sono i guanti, le garze, siringhe. Finiscono in contenitori come questi, sono volumi immensi, pensate che in un solo mesi per raggiungere i siti autorizzati per il loro smaltimento si percorre la stessa distanza che c’è tra la terra e la luna: 384.400 km. Per un costo sempre mensile di 13 milioni di euro. Siamo venuti a Tortona per raccontarvi una soluzione che elimina queste scatole, che riduce costi, inquinamento e responsabilità. Luciano in che cosa consiste il vostro dispositivo?

Luciano Scibilla: Il nostro dispositivo serve per migliorare e cambiare un po’ la gestione dei rifiuti dei piccoli produttori. I nostri clienti sono dentisti, veterinari, quelle cliniche che producono quel tipo di rifiuto che è il 180301. Con questa macchina, tutta la burocrazia si elimina perché noi sterilizziamo direttamente dove vengono prodotti e nel momento in cui la sterilizzazione è finita, cioè entro le 4 ore, il certificato arriva via email direttamente spedito dal nostro centro di controllo che monitora la macchina passo passo durante tutto il ciclo. Ha la capacità di gestire circa 1,5-2 kg di rifiuti giornalieri, nel tempo stiamo mettendo a punto macchine che hanno una produttività migliore. Siamo già pronti con una macchina da 15 kg e quindi pensiamo di poter risolvere anche le problematiche di entità più grosse. Noi trituriamo il tutto, lo sterilizziamo e lo trasferiamo in un sacchetto che poi può essere tranquillamente gettato in un contenitore assimilabile ai rifiuti urbani.

Cristina: La vostra ambizione più grande?

Luciano Scibilla: Quella di poter riuscire a servire ospedali: i piccoli e grandi ospedali pubblici ma anche quelli privati dove c’è una produzione elevatissima. Si parla di 4,500 kg al giorno e noi stiamo mettendo a punto una macchina che riesce a gestirne fino a 9,000. Questo taglierà completamente il costo di un’ospedale di almeno il 60%. Basta pensare che questo oggetto è il risultato di una scatola di 60 litri ridotta in 6 litri, quindi ridotta del 90% e poi della quale un piccolo smaltitore spendeva molto meno fino a ieri con un sistema tradizionale.

Cristina: Grazie Luciano. Lo stiamo vedendo in molti ambiti, gestire i rifiuti laddove vengono prodotti è sicuramente la migliore soluzione.

In onda 3-2-2019

RI-generation, elettrodomestici circolari

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L’Italia nel 2017 ha raggiunto un tasso di ritorno complessivo dei RAEE del 41,19%, un risultato che dovrà essere incrementato per raggiungere il target europeo pari al 65% della media dell’immesso del triennio precedente entro il 2019. Gli elettrodomestici oramai sono fatti per essere sostituiti e non per durare, il progetto RI-generation è un esempio di economia circolare

Cristina: La maggior parte delle cose che usiamo nasce da un modello di economia lineare, ossia è fatto per essere sostituito e non per durare. Questo genera sprechi ed inquinamento e sappiamo che così non si può continuare. Mimando la natura dove tutto si rigenera e ricordando il buonsenso dei nostri nonni, nasce l’economia circolare, che oggi vi raccontiamo attraverso la storia di una lavatrice.

Riccardo Bertolino: Noi intercettiamo i grandi elettrodomestici: lavatrici, lavastoviglie, frigoriferi e cucine che vengono rottamati. Hanno un grandissimo valore ancora, classi energetiche dalla classe A o superiori e non vi immaginate il valore che questi prodotti hanno ancora perché il vostro credere comune è che quando la lavatrice si rompe non conviene più ripararla.

Cristina: Quindi hanno superato la garanzia ma hanno meno di 5-7 anni.

Riccardo Bertolino: Esatto. Noi comunque rigeneriamo un prodotto di classe energetica ancora attuale ai giorni nostri.

Cristina: Come funziona il processo?

Riccardo Bertolino: Noi abbiamo creato delle collaborazioni con i logistici che lavorano per conto della grande distribuzione e consegnano a casa vostra il prodotto nuovo, a costo zero ritirano il prodotto vecchio. Prima che venga buttato dentro ai cassoni per essere triturati, noi li selezioniamo valutando appunto la classe energetica, marca e modello. L’elettrodomestico viene portato nei nostri laboratori per una rigenerazione che non è una semplice riparazione, ma è anche sostituzione dei componenti usurati e un processo di sanificazione e un intervento di pulizia estetica del prodotto.

Cristina: Alla fine quanto costerà questo elettrodomestico?

Riccardo Bertolino: Lo rivendiamo con una garanzia di un anno, a prezzo meno della metà del nuovo. Il prodotto venduto ha anche degli upgrade, sistemi anti-allagamento, anti calcare e volendo facciamo anche una personalizzazione grafica per il cliente dietro richiesta. Questo consente da un rifiuto, avere un prodotto quasi come fosse un pezzo unico.

Cristina: Non rigenerate solo gli elettrodomestici ma anche le esperienze e il sapere delle persone che lavorano qui.

Riccardo Bertolino: L’Italia è stata la culla produttiva degli elettrodomestici ma molte aziende hanno delocalizzato all’estero, le persone rimangono con forti competenze tecniche che noi usiamo.

Cristina: Grazie Riccardo. Questi prodotti rigenerati si trovano online, purtroppo però con l’IVA al 22%, in Svezia si paga l’IVA al 10% per i prodotti rigenerati e speriamo che questo succeda molto presto anche in Italia. Occhio al futuro

In onda 26-1-2019

Il potere della spazzatura

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Arthur Huang, architetto, ingegnere e CEO di Miniwiz, parla dei suoi processi e impianti per usare la risorsa più abbondate che abbiamo: la spazzatura! La macchina portatile Trashpresso, alimentata da energia solare, è stata a Milano nel Parco Sempione durante il Salone Internazionale del Mobile 2018.

PARTE I

Cristina: Oggi vi presentiamo un ingegnere che progetta impianti per la raccolta e la trasformazione dei rifiuti e pensate che ha ingegnerizzato 1200 nuovi materiali. Arthur, qual è il potere della spazzatura?

Arthur Huang: Oggi è la risorsa più abbondante. È ovunque, nei nostri oceani, nell’acqua potabile, perfino nei ghiacciai a 4.900 metri. Questa risorsa è in costante aumento e credo che dobbiamo occuparcene in modo da poter alimentare un nuovo modo di fare design e cambiare il nostro stile di vita in positivo.

Cristina: Tu te ne stai occupando. Quanti impianti avete progettato?

Arthur Huang: Abbiamo ingegnerizzato circa 1.200 nuovi processi che a loro volta, possono essere suddivisi in quattro grandi categorie di macchinari che separano e trasformano la spazzatura che buttiamo tutti i giorni, dagli imballaggi, ai bicchieri e bottiglie in plastica, fino agli scarti tessili. Attraverso i trattamenti differenziati siamo in grado di ottenere una vasta moltitudine di materiali pre-lavorati, che successivamente possono essere utilizzati in edilizia o per altre categorie di prodotto.

Cristina: Indossi alcuni dei tuoi nuovi materiali, puoi indicarmeli?

Arthur Huang: Questa giacca è monomateriale, senza collanti aggiuntivi, fatta di bottiglie di plastica. I pantaloni anche, sono fatti al 100 percento da bottiglie di plastica, ma al tatto sembrano lana. Le scarpe anche sono in PET riciclato. Perfino i bottoni, gli occhiali e il cinturino dell’orologio sono realizzati con mozziconi di sigaretta. Questo bottone è stato fatto con quattro mozziconi raccolti in Svizzera e in Italia e stiamo creando una nuova generazione di bottoni e altri accessori. Questi sono gli occhiali da sole..

Cristina: Quanta energia si consuma per depurare le tossine da questi materiali?

Arthur Huang: È molto più facile di quanto si creda, è per questo che abbiamo creato un macchinario portatile, per dimostrare in realtà quanta poca energia serva. Tutti i processi del macchinario sono alimentati dall’energia solare, l’aria e l’acqua vengono filtrate in un sistema interno chiuso. Si ha un risparmio energetico pari al 90%, rispetto alla materia vergine proveniente dai fondali oceanici, che viene prelevato sotto forma di petrolio e poi trasformato.

Cristina: Quindi non rimangono tossine nel bottone di mozziconi?

Arthur Huang: Abbiamo fatto dei test – non rimangono tossine nei mozziconi dopo il processo. La macchina cattura tutti i fumi in un sistema chiuso di ricircolo interno.

In onda 1-12-2018

PARTE II

Cristina: Leggiamo sui giornali che c’è più materia prima seconda di quella richiesta sul mercato, è una situazione critica e gli stoccaggi di queste materie vengono addirittura bruciati. Il tuo sistema e la tua strategia, come possono avere un impatto a livello globale?

Arthur Huang: Innanzitutto, la maggior parte dei nostri sistemi sono progettati per essere portatili. Credo che sia molto importante poter avvicinare la tecnologia di trasformazione il più possibile alla fonte di spazzatura. Uno dei maggiori problemi oggi del processo di riciclo è la contaminazione. Una volta che avviene, la materia perde di valore e la lavorazione diventa molto costosa e addirittura più dannosa per l’ambiente. Il vantaggio di raccogliere e trasformare i rifiuti in loco è di rendere la materia prima seconda disponibile in situ a ingegneri e designer.

Cristina: Nella tua esperienza quali sono gli anelli mancanti per poter fruire di queste competenze, intelligenza e soluzioni?

Arthur Huang: Il primo anello mancante è il processo di riciclo in sé. Bisogna sapere come separare i rifiuti. Questa è la prima questione. Di tutti i materiali da riciclo disponibili, qualsiasi sia la percentuale di raccolta, meno del 2 percento viene trasformato in un nuovo materiale. Dopo la raccolta differenziata corretta, bisogna sapere come lavorare i rifiuti. Servono tantissimi dati per avviare il processo, anche a seconda dell’utilizzo finale. Verrà utilizzato per fare scarpe? Una sedia, o un palazzo? Hanno specifiche diverse. Noi adesso stiamo lavorando anche sui dati. Stiamo avviando un database aperto a tutti con 1.200 nuovi materiali, frutto del nostro lavoro degli ultimi 15 anni, così che le istituzioni lo possano utilizzare come strumento educativo per giovani designer ed ingegneri, affinché prendano confidenza con questi processi. Stiamo cercando di rendere il sistema circolare.

Cristina: Qual’è il tuo sogno?

Arthur Huang: Il nostro sogno adesso è di costruire un aereo fatto interamente di spazzatura. Abbiamo comprato un vecchio aereo in Germania e l’abbiamo spedito a Taiwan, dove stiamo inventando o meglio, cercando un nuovo processo per costruire l’ala, fatta in PET riciclato.

In onda 8-12-2018

Tooteko, dispositivo per non vedenti

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Un progetto di tesi di laurea diventato realtà. Serena Ruffato, CEO di Tooteko, ci racconta come funziona il loro dispositivo, che permette ai non vedenti di vivere le opere d’arte, toccandole. Deborah Tramentozzi, esperta tiflologa non vedente, condivide con me la sua esperienza di una statua del Canova.

Cristina: Siamo a Roma in uno spazio che oggi è un ristorante, ma un tempo ero lo studio di Antonio Canova. Siamo qui per raccontarvi di un’applicazione tecnologica che è anche un’importante esperienza umana. Serena, come funziona l’applicazione che avete creato?

Serena Ruffato: La tecnologia combina audio e tatto per permettere a tutti, anche i non-vedenti, di poter toccare le opere d’arte. Funziona con questo anello, che è un lettore di sensori speciali NFC che andiamo a posizionare nelle opere d’arte e attraverso il tatto riconosce i sensori e trasmette via smartphone una informazione audio.

Cristina: Annegare nelle opere significa che lavorate con delle copie

Serena: Assolutamente, prendiamo l’opera originale, la selezioniamo, la scansioniamo, la riproduciamo con la stampa 3D e poi applichiamo i nostri sensori.

Cristina: Deborah, raccontaci come sei attrezzata per vivere questa esperienza e cosa ti comunica

Deborah Tramentozzi: Sono attrezzata attraverso questo anello, che ha al suo interno un’antenna. Questa antenna comunica con un tag che è posto qui sulla statua, che io adesso con un dito toccherò. Nel momento in cui io lo metto sul tag, l’anello emette una vibrazione e comunica con lo smartphone. Il quale farà partire un’audioguida. Adesso ve lo dimostro in modo pratico. Questa tecnologia, collegando i due sensi che uso particolarmente, che sono il tatto e l’udito, mi permette di una visione, a me piace chiamarla così, dell’opera d’arte senza alcun filtro. Io primo vengo da un ambiente artistico, quindi ho vissuto visite guidate però sempre attraverso il filtro di un’altra persona, che prima che io potessi vedere l’opera d’arte mi dava un’idea. In questo modo invece sono io e la mia persona, il mio carattere, che si fa un’idea propria dell’opera d’arte, e posso letteralmente vedere come ognuno di voi. Questo penso che sia un regalo grandissimo perché dare al non vedente l’indipendenza e la libertà di scegliere di poter entrare in un museo, che è una cosa a tutti secondaria, per me è veramente una frontiera che potrebbe avere dell’impossibile. Ti chiedo di fare una cosa, se tu chiudi gli occhi faccio partire io il prossimo tag e tocco con te la statua, che ne pensi?

Cristina: Assolutamente volentieri, grazie. È emozionante, perché mi consente anche di entrare in una sorta di risonanza empatica con l’esperienza di Deborah. Speriamo che questo progetto consenta a più persone possibili di vivere l’arte  in questo nuovo modo.

In onda 17-11-2018

Fabbriche d’aria

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Il Prof. Stefano Mancuso dell’Università di Firenze, esperto di neurobiologia delle piante, ci parla di un progetto che aiuterebbe chi vive in città a respirare meglio!

Cristina: Parliamo tanto di ridurre l’inquinamento e intanto inquiniamo, mentre non c’è abbastanza attenzione sulla depurazione.

Stefano Mancuso: L’unica cosa che riesce ad eliminare l’inquinamento atmosferico sono le piante. Le piante quindi dovrebbero stare nelle città, nella quantità più alta possibile. Più ne mettiamo, meglio è. Non soltanto nei viali o nei parchi ecc, ma veramente coprire le città di piante e anche in queste condizioni potrebbe non bastare.

Cristina: Voi avete sviluppato un progetto..

Stefano Mancuso: Il progetto che abbiamo chiamato Fabbrica dell’Aria, prevede l’utilizzo di ex-edifici industriali dismessi, da trasformare in delle enormi serre. Devi immaginare un edificio come un cubo in cui all’interno ci sono tanti cilindri. Ogni cilindro è fatto di vetro o cristallo, o di un materiale trasparente, all’interno del quale ci stanno queste piante, diversi strati di piante e l’aria è costretta a passare attraverso tutti questi cilindri.

Cristina: L’aria entra inquinata ed esce..

Stefano Mancuso: E quando esce è completamente purificata. Attualmente stiamo cercando di rendere realizzabile questo progetto nella città di Prato. Prato è una città che, se non erro, dovrebbe essere intorno ai 150 o 200.000 abitanti e avrà necessità per purificare l’intera quantità di aria della città, di quattro di questi edifici. Quindi anche da un punto di vista, non solo funzionale, ma estetico, saranno dei luoghi molto belli. Non bisogna appunto immaginarli come dei depuratori, bisogna immaginarli come degli edifici che contemporaneamente sono in grado di depurare l’aria di una città, ma allo stesso tempo sono dei luoghi che si potranno vivere. Le persone dovranno entrare in questi luoghi, questi luoghi dovranno poter essere luoghi di socializzazione, quello che vuoi! Delle librerie, dei bar, dei ristoranti, di tutto. La qualità dell’aria è talmente buona che addirittura la carica batterica viene abbassata, quindi è un’aria più pura in tutti i sensi.

Cristina: Salgono le endorfine, e tutti quegli ormoni che ci fanno stare bene e quindi non solo fa bene alle città, non solo fa bene all’aria, ma fa bene anche a noi. Che meraviglia, grazie Stefano. Occhio al futuro

In onda 27-10-2018

La zeolite di ZeoVertical

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ZeoVertical è un sistema di coltivazione verticale che utilizza la zeolite al posto del terriccio. La zeolite è un minerale di origine vulcanica, in grado di trattenere l’acqua e favorire una forte ossigenazione delle radici, oltre a migliorare il meccanismo di assorbimento della nutrizione delle piante.

Cristina: I sistemi attuali di produzione e distribuzione di cibo vanno riprogettati, la popolazione mondiale in crescita, sempre più concentrata nelle città, le risorse naturali più scarse anche dal punto di vista qualitativo. Buongiorno Roberto, voi che soluzione avete progettato?

Roberto: Noi proponiamo un sistema di coltivazione verticale dove all’interno dei coltivatori c’è la zeolite. Il sistema di coltivazione ci consente di risparmiare acqua, risparmiare energia e di produrre di più con maggiore qualità.

Cristina: Questo tutto grazie proprio alla zeolite che è il minerale più presente nelle terri vulcaniche giusto?

Roberto: Si, il sistema è molto semplice. Prende acqua da una cisterna, l’acqua viene immessa in un circuito idraulico, il coltivatore viene irrigato e il sistema recupera addirittura anche l’acqua, abbiamo un notevolissimo risparmio idrico grazie ad un sistema di irrigazione intelligente che abbiamo progettato e grazie a dei sensori che vengono a interrogare da questo sistema, riusciamo a capire quando la pianta ha realmente bisogno di bere.

Cristina: E grazie alla zeolite beve meno, giusto?

Roberto: Beve molto meno, abbiamo un risparmio idrico che va oltre il 90 percento.

Cristina: Ha bisogno però di corrente elettrica?

Roberto: Ha bisogno di pochissima corrente elettrica e addirittura noi ci facciamo aiutare dall’energia rinnovabile.

Cristina: Grazie Roberto. E tu Vittorio cosa mi racconti della zeolite?

Vittorio: Cristina pensa che abbiamo fatto dei test estremi, abbiamo lasciato delle piante per quattro mesi senz’acqua nella zeolite e sono rinate tranquillamente appena irrigate. Poi, oltre a questo la zeolite chimicamente favorisce lo scambio cationico che è il meccanismo con il quale le piante si nutrono normalmente. La zeolite ha una grandissima capacità di scambio perché la sua superficie non solo è piena di microporosità, ma anche al suo interno ce ne sono tantissime, come una pallina di golf in cui ci sono tante cave in cui si incastrano molecole d’acqua fertilizzate e anche di aria. Oltre a questo la zeolite già di fatto è un fertilizzante perché è ricca di calcio e di magnesio. Il nostro obiettivo principale è stato quello di realizzare un sistema che potesse essere utilizzato per la coltura domestica, quindi l’orto sul balcone, facile da usare e che permettesse anche di coltivare un ortaggio di qualità, anche molto salubre. Poi ci siamo resi conto che la richiesta è arrivata più dall’industria e questo ci ha anche un po’ meravigliati. QUindi in questo momento siamo focalizzati in un sistema industriale, modulare, che abbia le stesse caratteristiche ma che riesca a migliorare quelli che sono i fabbisogni del mercato.

Cristina: Come si traduce poi nel sapore di quello che cresce?

Vittorio: La nostra zeolite in particolare ha un’alta capacità di cabasite e phillipsite, questo tipo di zeolite ci permette di ottenere i risultati che vogliamo, quindi un incremento del gusto e della qualità.

Cristina: Non è più tempo per poche soluzioni che soddisfano i bisogni, soprattutto dal punto di vista del cibo e dell’energia, di tante persone. Abbiamo molte opportunità da esplorare. Occhio al futuro.

La tecnologia satellitare che riduce gli sprechi idrici

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La media nazionale delle perdite idriche è del 39,1%. Il Responsabile Acquedotto di HERA, l’Ing. Emidio Castelli, ci spiega come la tecnologia satellitare può ridurre notevolmente questa percentuale nel nosto paese.

Cristina: La rete idrica italiana perde quasi il 40% della sua portata, oggi ci occupiamo di questo e di qualche soluzione. Voi avete circa il 10% in meno rispetto alla media nazionale di perdite nella rete idrica. Come avete conseguito questo risultato?

Emidio Castelli: Investendo e ragionando su diverse tecnologie che possono aiutare a ridurre le perdite. Dalle tecnologie di telecontrollo di porzioni di rete a sistemi acustici per individuare possibili perdite di rete sul campo e recentemente anche con l’introduzione di sistemi satellitari e monitoraggio del terreno. Si tratta di un sistema che fa un analisi spettrometrica del terreno, individuando possibili punti con presenza di acqua, correlate attraverso un algoritmo con la nostra rete acquedottistica, ci individua delle zone dove potrebbero esserci delle perdite

Cristina: Quante perdite avete identificato e riparato?

Emidio Castelli: Negli ultimi tre anni abbiamo individuato 2.400 perdite circa, e 214 di queste attraverso la tecnologia satellitare. Si tratta di perdite occulte che possono avere poca dispersione, ma prolungata nel tempo. L’attività svolta ci ha consentito di recuperare circa 750.000 metri cubi di acqua, l’equivalente di circa 450 milioni di bottiglie d’acqua.

Cristina: Sulla gestione della rete fognaria qual è la visione?

Emidio Castelli: Il servizio idrico è un servizio integrato che parte dalla potabilizzazione dell’acqua per portare l’acqua nelle case dei cittadini fino al riutilizzo delle acque da sistemi di fognatura e depurazione. Bisogna sempre più ragionare con quelli che possono essere strumenti di riutilizzo, anche diretto, delle acque e avere una visione di economia circolare della risorsa idrica.

Cristina: Diciamo che purtroppo non è né prodotta né distribuita in maniera l’acqua. Ci sono certe zone che ne hanno tantissima e altre zone che sono aride.

Emidio Castelli: È importante lavorare investendo, sia nelle interconnessioni delle reti, ovvero quello di mettere in comunicazione reti e acquedotti diversi, sia lavorare sulla realizzazione di bacini di accumulo che acconsentano di poter avere l’acqua accumulare la quando dove non ce n’è bisogno, per poterla ridistribuire quando c’è una criticità idrica.

Cristina: A partire dall’accumulo sui tetti delle case ad esempio..

Emidio Castelli: Anche a livello domestico, utilizziamo l’acqua potabile per degli usi che delle volte non sono prettamente necessari.

Cristina: Grazie. Torniamo a recuperare l’acqua come la usavano i nostri nonni e usiamola con responsabilità. Occhio al futuro

In onda 6-10-2018