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La transizione ecologica del Ministro Cingolani

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Insieme al Ministro per la Transizione Ecologica Roberto Cingolani abbiamo immaginato come sarà il mondo nel 2040 quando suo figlio piccolo avrà 30 anni. Cingolani ci aiuta a capire perché è necessario agire ora per mettere a frutto tutta la conoscenza che abbiamo. Siete pronti a fare la vostra parte per facilitare una transizione che, per la natura stessa del termine, dev’essere graduale? 

Cristina: Come sarà la transizione dal mondo che abbiamo a quello che vogliamo? Siamo venuti a Genova per chiederlo direttamente al Ministro per la Transizione Ecologica Roberto Cingolani, fisico, ricercatore e padre di 3 figli. Buongiorno Ministro. Nel 2040 mancheranno 10 anni all’obiettivo zero emissioni del 2050 e suo figlio piccolo avrà 30 anni – come sarà il mondo?

Ministro Cingolani: Se avremo fatto un buon lavoro adesso potrà essere molto più pulito di com’è ora e soprattutto dovremo avere molta meno anidride carbonica in atmosfera e probabilmente cominceremo limitare e mitigare gli effetti del riscaldamento globale. Il problema è che dobbiamo incominciare da domani a installare tutta l’energia rinnovabile che ci serve, dobbiamo arrivare al 72% dell’elettricità prodotta in maniera rinnovabile al 2030, quindi 10 anni prima della data che mi dice lei e devo dire che questo un po’ mi preoccupa. Il problema in questo momento paradossalmente non sono né le risorse né le tecnologie, ne le grandi aziende che possono installare questi grandi impianti, soprattutto in Italia dove ci sono competenze enormi. In questo momento il fattore più limitante è quello burocratico. La catena di permessi per impiantare delle centrali fotovoltaiche, eoliche, insomma rinnovabili, è talmente lenta che noi rischiamo che nel tempo della durata del PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) che è 5 anni, questi vengano rilasciati con molto ritardo. Bisogno semplificare innanzitutto l’aspetto normativo e l’aspetto autorizzativo perché c’è urgenza, non si può più perdere un giorno.

Cristina: Immaginiamo ancora un attimo quel mondo nel 2040.

Ministro Cingolani: Mobilità intelligente, più a misura d’uomo, più verde. Si spera di aver recuperato un po’ di biodiversità, e soprattutto una grande consapevolezza da parte di quelli che in quel momento saranno gli adulti, cioè di quelli che oggi sono i bambini.

Cristina: Inevitabile la domanda sui sussidi alle fonti fossili. A che punto siamo e qual è secondo lei la giusta destinazione?

Ministro Cingolani: È un argomento delicatissimo, la sostenibilità purtroppo è un compromesso fra istanze diverse, noi dobbiamo mitigare al più presto i danni che abbiamo fatto all’ambiente ma allo stesso tempo dobbiamo consentire alla gente di vivere e lavorare e purtroppo questo dipende anche dalle situazioni contingenti, non usciamo da un periodo particolarmente florido e felice. Certamente vanno ridotti il prima possibile, casomai riducendoli si riesce a reinvestire una parte di queste riduzioni in qualcosa che aiuti la creazioni di nuovi posti di lavoro, anche a ricondizionare le attrezzature e i mezzi, per esempio dei trasportatori. Bisogna avere una grande equidistanza perché se si ideologizza il problema facciamo danno ai lavoratori, se trascuriamo il problema facciamo un danno all’ambiente, quindi dobbiamo tutti riflettere su come riorganizzare i nostri costumi i nostri stili di vita sapendo che non c’è nulla di gratis.

Cristina: Grazie Ministro.

Ministro Cingolani: Grazie a voi e buona fortuna a tutti.

Cristina: La transizione ecologica del nostro paese deve adempiere a tutti e 17 gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile. Un occhio al presente e occhio al futuro!

In onda il 12-6-2021

Api, sentinelle di biodiversità

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Occupandomi di sviluppo sostenibile da qualche decennio e concentrandomi su soluzioni alle nostre più grandi sfide, di tanto in tanto mi illudo che questioni trattate più volte abbiano avuto nel tempo un’evoluzione positiva. Credo nella capacità della nostra specie di evolvere verso una co-esistenza rispettosa dei sistemi vitali che ci regalano la vita, ma parlando con Andrea, l’apicoltore dal quale compro sempre il miele, che mi ha presentato Luca e Marco. Grazie a questi ragazzi dedicati appassionati e competenti, ho scoperto che gli impollinatori sono più minacciati che mai. È nata così la storia di questa settimana, e ho avuto conferma di quanto ci sia ancora da fare.
Se conoscete coltivatori di nocciole inoltrate per favore questo servizio. Dialogare con le persone dalle quali acquistiamo prodotti è fondamentale per avere un quadro più realistico dell’impatto di ogni nostra scelta.

Cristina: Oggi è la giornata mondiale della biodiversità, e l’ONU vuole portare la nostra attenzione sulla complessa dinamica che regola la vita sulla terra. La biodiversità è il nostro più grande tesoro e monitorare la sua salute è complicato. Siamo nel Cuneese per incontrare Luca, apicoltore. Luca perché le api sono le più preziose sentinelle di biodiversità?

Luca Bosco: Perché tutto ciò che arriva nell’alveare raccolto dalle api è il frutto di una sinergia tra diverse forme di vita e quindi è frutto della biodiversità dell’ambiente.

Cristina: Le vostre osservazioni cosa vi dicono?

Luca Bosco: Che la situazione delle api, e in generale degli impollinatori, è gravissima. Vediamo molto spesso episodi di morie, avvelenamenti, sui nostri alveari. Purtroppo ritroviamo nelle matrici degli alveari sia gli insetticidi che i fungicidi, sia i diserbanti. Un diserbante in particolare, la molecola glifosato, è particolarmente seria perché il ritrovamento, soprattutto nella matrice miele del nido, miele in maturazione, è un indizio preciso. La molecola che viene irrorata qui può finire ovunque, la ritroviamo nell’acqua, nell’aria, nel suolo quasi per forza perché viene irrorata sul suolo e la ritroviamo anche nel polline delle piante, nel nettare delle piante. Questo è un chiaro indizio che i filtri naturali dell’ecosistema in qualche modo si stanno degradando.

Cristina: Luca quali sono le coltivazioni che vengono più irrorate di queste sostanze ?

Luca Bosco: Qua siamo in zona di viticoltura e di corilicoltura, quindi vite e nocciolo. In questi anni grazie anche al lavoro dell’associazione degli apicoltori, i viticoltori hanno imparato a utilizzare i fitofarmaci in modo oculato, quindi senza dare un problema diretto e grave agli impollinatori. Per quanto riguarda il nocciolo invece il discorso è tutto da fare perché è una coltura nuova e in questo momento le pratiche agronomiche messe in campo lasciano parecchio a desiderare. Sono fonte di avvelenamento diretto, sono in qualche modo anche la causa di quel ritrovamento sistematico all’interno delle matrici degli alveari, soprattutto in questa zona ovviamente. A chi coltiva nocciolo si può rivolgere un appello a, in qualche modo, seguire la strada già intrapresa dai viticoltori.

Cristina: Luca state per fare delle campionature, che frequenza hanno e a cosa servono?

Luca Bosco: Hanno frequenza mensile e servono per andare a indagare l’eventuale presenza di molecole chimiche. L’esperienza ci dice che molto probabilmente ci saranno perché negli anni passati, la loro presenza è stata purtroppo molto assidua. Sappiamo che queste molecole sono dannose per l’ape, anche per la loro capacità – in qualche modo singolare – quella di depurare le matrici ambientali assorbendo nei loro corpi le molecole chimiche, a loro discapito ovviamente, ma andando a preservare soprattutto il miele. Il miele, in qualche modo, è sempre risultato pulito.

Cristina: È fenomenale. Questi dati li incrociate con altri?

Luca Bosco: Questi dati li incrociamo con altri monitoraggi che vengono effettuati nella zona, in particolare modo con quelli effettuati sul fiume Tanaro, che potete vedere proprio qui vicino, e i due monitoraggi confermano la stessa cosa, la presenza ubiquitaria delle molecole chimiche.

Cristina: Grazie Luca. Questa storia tocca tutti e 17 gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile. E noi che cosa possiamo fare? Dialogare il più possibile con apicoltori, capire le criticità del nostro territorio e proteggerlo in ogni modo possibile. Conviene a tutti. Occhio al futuro

In onda il 22-5-2021

Crowdfunding per tutti con Produzioni dal Basso

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Produzioni dal Basso è la prima piattaforma italiana di crowdfunding, attiva dal 2005. Permette a chiunque di proporre e raccontare in modo semplice il proprio progetto, raccogliendo fondi per realizzarlo, che sia un progetto di tipo sociale, ambientale o educativo.

Cristina: Oggi vi parliamo di una piattaforma che consente ai cittadini di dare o ricevere contributi economici per cause in cui credono. C’è di tutto, dal ristorante che per reinventarsi ha bisogno del sostegno della comunità, a centri di cura e accoglienza, progetti culturali sociali anche in collaborazione con diversi comuni italiani o associati agli SDG. Buongiorno Marta. Come funziona la vostra piattaforma?

Marta Dall’Omo: La nostra piattaforma permette a qualsiasi soggetto, che sia un soggetto sub-giuridico o che sia una persona fisica, di raccogliere fondi online in maniera semplice e trasparente. Attraverso la nostra piattaforma quindi, chiunque può lanciare la proprio campagna di raccolta fondi per realizzare il proprio progetto, che sia in ambito culturale, sociale, che sia un progetto di start-up o d’impresa.

Cristina: Immagino che in questo momento di crisi molti si rivolgano a voi. Quante richieste avete?

Marta Dall’Omo: In questo momento ci sono più di 500 campagna attive e in generale, nella storia della nostra piattaforma, abbiamo raccolto oltre 15 milioni di euro da una comunità di donatori di oltre 300.000 persone. I progetti finanziati sono più di 5.000.

Cristina: Alcune piattaforme danno i soldi solo se raggiungi il tetto richiesto, voi come vi comportate?

Marta Dall’Omo: Noi abbiamo quattro modelli di raccolta fondi, alcuni presuppongono questo tipo di funzionamento, quindi spetta al progettista ovvero colui che lancia la campagna, scegliere quale modello preferire, se utilizzare una modalità di raccogli tutto, quindi qualsiasi sia l’obiettivo, i fondi raccolti andranno nelle disponibilità del progetto oppure un obiettivo di raccolta – se non viene raggiunto quell’obiettivo non si ha accesso a quei fondi.

Cristina: Diciamo per i telespettatori, i fondi vengono restituiti ai donatori..

Marta Dall’Omo: Certamente, in quel caso i fondi non vengono neanche processati. Nella modalità “tutto o niente” per dirla in gergo, le donazioni vengono solamente promesse, quindi non c’è proprio una movimentazione di denaro se l’obiettivo non viene raggiunto.

Cristina: Chi ha bisogno di fondi ma non sa come fare?

Marta Dall’Omo: Sulla nostra piattaforma molto spesso ci sono delle iniziative, dei bandi, che vengono proposti da alcuni brand, associazioni, aziende, università, che quindi decidono di partecipare o co-partecipare alla creazione di alcune campagne e di alcuni progetti. Ovviamente se vengono raggiunti dei presupposti, per esempio il raggiungimento del 50% dell’obiettivo di raccolta.

Cristina: Avete un sistema anti-truffa?

Marta Dall’Omo: Allora, diciamo che la piattaforma fa dei controlli periodici, quindi controlla tutte le campagne che vengono proposte. In più insieme ai sistemi di pagamento integrati in piattaforma facciamo delle verifiche anti-riciclaggio e come terzo, ma non meno importante controllo, la comunità valida le idee e sostanzialmente decide se sostenerlo oppure no.

Cristina:  E poi avete una sezione dedicata agli SDGs…

Marta Dall’Omo: Qualche tempo fa abbiamo lanciato una sfida verso la nostra community, abbiamo immaginato che oltre alla finalità della raccolta fondi, i nostri progettisti avessero finalità più alte, e quindi potessero indicare i loro progetti in quale area d’impatto avesser appunto un impatto. Ed è stata incredibile la risposta, oltre 3.500 progetti in pochissimo tempo hanno indicato almeno un obiettivo d’impatto all’interno della loro campagna e quelli maggiormente indicati sono il numero 10, il numero 4 e il numero 3.

Cristina:  Grazie Marta. Per la comunità di questa piattaforma ridurre le disuguaglianze, sostenere educazione di qualità e salute per tutti sono la priorità. Come vedete, gli SDG sono veramente una mappa utile per progredire verso uno sviluppo necessario. Occhio al futuro

In onda il 6-3-2021

L’app di AWorld, perché non c’è un pianeta B

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Una app che è stata scelta dall’ONU per la campagna Act Now – agisci ora, per l’implementazione dei 17 obiettivi di sviluppo sostenibile. AWorld, attraverso tecniche di gioco, aiuta gli utenti ad adottare stili di vita più sostenibili.

Cristina: La storia di oggi parte da Torino e arriva nel mondo. Alessandro Armillotta, Alessandro Lanceri che oggi non ha potuto essere con noi e Marco Armellino, partendo dal desiderio di voler adottare abitudini sostenibili hanno sviluppato una app che è stata scelta dall’ONU per la campagna Act Now – agisci ora per l’implementazione dei 17 obiettivi di sviluppo sostenibile. Perché molte persone animate di buone intenzioni  hanno bisogno di essere guidate. Alessandro, come funziona?

Alessandro Armillotta: AWorld è una app e una guida, che permette di scoprire, tramite tecniche di gioco, che cos’è la sostenibilità e quali sono le azioni pratiche che possiamo fare nella nostra vita quotidiana che possono avere un impatto positivo sull’ambiente. Collaborando con l’ONU e attivisti da tutto il mondo, siamo riusciti a racchiudere dentro quest’app tutte le informazioni e le esperienze e quei piccoli trucchi che possono aiutarci a vivere sostenibilmente.

Cristina: Marco come calcolate l’impatto delle azioni?

Marco Armellino: Assieme al team delle Nazioni Unite, abbiamo calcolato l’impatto delle singole azioni delle persone ad esempio in termini di consumo di CO2, acqua o energia elettrica. per esempio ti suggeriamo di staccare le spine dei tuoi piccoli elettrodomestici, in questo modo puoi risparmiare, statisticamente, 3,5 kw di energia al giorno e 1,5 di CO2.

Cristina: Anna, vi fidate che le azioni siano veritiere?

Anna Olivero: Intanto prima di rilasciare l’app abbiamo fatto dei test e delle ricerche e abbiamo capito che le persone che aderiscono al progetto di salvare il mondo non hanno bisogno di barare. Inoltre le azioni quotidiane che suggeriamo sono molto motivanti quindi, non è necessario prendere in giro se stessi.

Cristina: Come premiate i virtuosismi?

Marco Armellino: Allora, quello che puoi fare all’interno della nostra app è aderire a una sfida di gruppo, tutti gli utenti insieme ad esempio, in questo momento, stanno risparmiando 200.000 kg di CO2 con le proprie azioni. Quello che noi facciamo è di raddoppiare il loro impatto, insieme a delle aziende partner, in questo caso piantumare degli alberi – dei bambù – che in 20 anni assorbiranno altri 200.000 kg di CO2.

Cristina:  Finora che risultati avete raggiunto?

Alessandro Armillotta: Beh, nei primi mesi abbiamo raggiunto 40.000 utenti, generando insieme un milione di azioni ma sappiamo che, in prospettiva, nel mondo ci sono milioni di persone che sono pronte ad agire e pensiamo di fare miliardi di azioni collettivamente per la salvaguardia del pianeta.

Cristina:  Grazie ragazzi. Piccole azioni quotidiane, tutte insieme, possono fare la grande differenza. Occhio al futuro

In onda il 27-2-2021

Agenda 2030, a che punto siamo?

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Dalla scorsa stagione guardiamo al futuro sotto la lente dell’Agenda 2030, ratificata nel 2015 dai 193 paesi membri delle Nazioni Unite. È divisa in 17 obiettivi di sviluppo sostenibile (SDG) e i progressi nel raggiungerli sono monitorati dall’ONU, e in Italia dall’ASviS.
Il COVID-19 ha gettato il mondo in una crisi sanitaria, economica e sociale senza precedenti e sta rendendo il percorso verso gli obiettivi ancor più arduo. La pandemia ha fatto peggiorare quasi tutti gli indici e questo mette in risalto quanto abbiamo bisogno di questa Agenda più che mai. È urgente rigenerare i nostri sistemi sociali ed economici, e gli ecosistemi naturali dai quali la nostra vita dipende. Serve la partecipazione di tutti.

Parte I

Parte II

Parte III

Parte I

Cristina:  Dalla scorsa stagione guardiamo al futuro sotto la lente dell’Agenda 2030, ratificata nel 2015 dai 193 paesi membri delle Nazioni Unite. È divisa in 17 obiettivi di sviluppo sostenibile, o SDG, e i progressi nel raggiungerli sono monitorati dall’ONU, e in Italia dall’ASviS.

Il COVID-19 ha gettato il mondo in una crisi sanitaria, economica e sociale senza precedenti e raggiungere gli obiettivi indicati dall’Agenda ancor più difficile. La pandemia ha fatto peggiorare quasi tutti gli indici, ma l’origine del virus, come quasi tutte le malattie infettive, è zoonotica, ossia è stata trasmessa dall’animale all’uomo, e questo sottolinea quanto l’Agenda sia più importante che mai. Serve proprio la collaborazione di tutti per rigenerare i sistemi sociali, economici ed ambientali dai quali la nostra vita dipende. La buona notizia è che di soluzioni ce ne sono tante, ma dobbiamo sapere dove siamo per capire dove dobbiamo andare.
Adesso vediamo come siamo messi, punto per punto.

SDG 1 – zero povertà:

Secondo l’Istat, nel 2019 erano quasi 1,7 milioni le famiglie, perlopiù numerose e monogenitoriali, in povertà assoluta. l’Italia è sotto la media europea. Per arrivare a zero povertà entro il 2030, serve una visione a lungo termine.

SDG 2 – zero fame:

L’Italia è in una posizione leggermente migliore rispetto alla media europea, sono aumentate le coltivazioni biologiche e la produttività del lavoro però peggiorano i conti nelle piccole aziende e l’indice della buona alimentazione, che misura il consumo quotidiano di almeno quattro porzioni di frutta e/o verdura al giorno. C’è una criticità nel nostro paese: manca la manodopera specializzata per alcune coltivazioni. Vediamola come un’opportunità di formazione e impiego. A livello globale i sistemi alimentari e di produzione e distribuzione vanno riformati. Produciamo cibo per 12 miliardi di persone. Un terzo viene sprecato.

SDG 3 – salute e benessere:

La pandemia ha invertito decenni di progressi. In Italia urge una riforma del sistema sanitario. Nel frattempo cosa possiamo fare noi? Prevenzione e il rispetto delle distanze per contenere i contagi e ridurre la pressione sugli ospedali.

SDG 4 istruzione di qualità:

La chiusura delle scuole in tutto il mondo ha un impatto negativo non solo sull’apprendimento degli studenti, ma sul loro sviluppo sociale e comportamentale. L’Italia è tra i paesi in Europa con meno laureati. Nel 2018 erano il 27,8% contro una media europea del 40,7%. Per quanto riguarda l’impiego dei neolaureati siamo davanti solo alla Grecia, con una media del 56,5% rispetto alla media europea dell’81,6%.

SDG 5 – uguaglianza di genere:

Il mondo è lontano dal conseguire questo obiettivo, ma in Italia grazie all’aumento delle donne in Parlamento e nei consigli di amministrazione delle società quotate, siamo settim nella graduatoria europea, nonostante una discriminazione maggiore verso le donne sul lavoro.

In onda il 2-1-2021

Parte II

Cristina: Continua il nostro viaggio nell’Agenda 2030..

SDG 6 – acqua pulita e igiene:

Senza l’impegno audace di tutti, il mondo non arriverà ad adempiere a questo importantissimo obiettivo. In Italia mancano orientamenti specifici su come destinare i finanziamenti pubblici e privati, non solo per tutelare i nostri sistemi idro-geologici, ma per ripararli. Siamo un paese estremamente fragile da questo punto di vista! In Europa siamo tra paesi con il maggior sfruttamento idrico.

SDG 7 – energia pulita:

Il mondo avanza però non abbastanza per arrivare agli obiettivi del 2030 e ancor più quelli del 2050, ossia zero emissioni. Nel nostro paese Il Decreto rilancio ha introdotto il “Superbonus” per l’efficientamento degli edifici di almeno 2 classi energetiche; poi ci sono incentivi per l’acquisto di auto a basse emissioni, abbonamenti al trasporto pubblico, l’acquisto di bici e dove la qualità dell’aria non è in regola, la rottamazione di auto e moto. Siamo settimi in Europa grazie all’aumento delle energie rinnovabili che negli ultimi 3 anni è stabile.

SDG 8 – lavoro dignitoso e crescita economica:

Possiamo aspettarci il più grande aumento della disoccupazione globale dalla seconda guerra mondiale. Perfar fronte a questo obiettivo servono politiche audaci per sostenere le imprese, per creare una domanda di manodopera, formare a nuovi mestieri e sostegno ai più vulnerabili. Le misure adottate dal nostro governo sono perlopiù di tamponamento e non agiscono sul sistema-paese. Siamo in quart’ultima posizione in Europa ed è particolarmente critica la situazione dei nostri giovani – quelli che non studiano, lavorano o fanno formazione – nel 2018 erano il 23,4% rispetto ad un media europea del 12,9%.

SDG 9 – industria, innovazione e infrastrutture:

Globalmente sono aumentati gli investimenti in ricerca e sviluppo e il finanziamento delle infrastrutture economiche nei paesi in via di sviluppo.
Nel 2020 l’intensità delle emissioni di CO2 è diminuita, è aumentata la connettività mobile e, sappiamo, la produzione è rallentata. Gli effetti del COVID-19 minacciano di arrestare i progressi verso questo goal. Le misure del nostro governo a sostegno dei processi produttivi economici e sociali si spera ci aiutino a colmare ritardi accumulati prima della pandemia. Anche le nostre infrastrutture idriche hanno bisogno di attenzione ed interventi, il 37% delle nostre reti è colpito da elevati livelli di perdite.

SDG 10 – ridurre le disuguaglianze:

Le disparità nelle loro varie forme persistono e nel 2020 sono peggiorate. I lavoratori continuano a percepire una quota troppo bassa rispetto al valore che hanno contribuito a produrre. I dati indicano un’Italia più ingiusta della media europea. Il COVID-19 ha colpito un paese già fragile.

SDG 11 – città sostenibili:

La crisi ha accelerato il modo in cui pensiamo alle nostre città ed è importante continuare sulla via dell’innovazione, perché il modo in cui progettiamo grandi aree urbane determina la nostra risposta alle crisi che sono un po’ ovunque e la capacità di garantire la qualità della vita. È critica la situazione dell’aria – I dati più recenti dicono che 7 milioni di persone sono morte prematuramente per cause legate all’inquinamento atmosferico e c’è il rischio che per far ripartire l’economia si allentino le misure di contenimento delle emissioni. La situazione italiana è caratterizzata dall’estrema frammentazione nelle politiche di intervento per ridurre i rischi da cambiamenti climatici e disastri naturali.

Il punto sull’Agenda 2030 continua la prossima settimana. Occhio al futuro!

In onda il 9-1-2021

Parte III

Cristina: Oggi vediamo insieme gli ultimi sei obiettivi dell’Agenda..

SDG 12 – produzione e consumo responsabili:

Sono la grande sfida dell’economia circolare. È migliorata la gestione delle risorse in alcuni paesi però purtroppo in altri è peggiorata. Questo obiettivo si occupa anche di spreco alimentari e rifiuti. Motore dell’evoluzione delle leggi che regolano la produzione di consumo responsabile è l’Unione Europea che in generale rispetto al mondo segna dei progressi, e l’Italia è seconda.

SDG 13 – agire per il clima:

Fondamentali, perché sta cambiando molto più rapidamente del previsto. Il 2020 è stato il secondo anno più caldo mai registrato causando incendi, siccità, inondazioni e altri disastri naturali. Il mondo non è sulla buona strada per rispettare l’accordo di Parigi, che prevede il contenimento di temperatura a 1,5 ° sopra l’era pre-industriale. In Italia gli eventi estremi tra il 2008 e il 2019 sono cresciuti di 10 volte e siamo in grave ritardo nella gestione dei cambiamenti climatici.

SDG 14 – la vita sott’acqua:

Nonostante sia fondamentale proteggere la vita negli oceani, decenni di sfruttamento irresponsabile li stanno portando ad un degrado allarmante. La continua acidificazione minaccia l’ambiente marino e i servizi degli ecosistemi. L’Italia è tra i paesi con grandi inadempienze, nonostante l’importanza ambientale e socio-economica che il mare riveste per il nostro Paese.

SDG 15 – la vita sulla terra:

Manca un sistema di monitoraggio capillare degli ecosistemi e della biodiversità nel mondo quindi sono carenti la valutazione delle misure per tutelarla. Inoltre l’uso e la copertura del suolo sono tra i cambiamenti più pervasivi che l’umanità abbia apportato ai sistemi naturali della Terra. In Italia mancano un piano strategico di intervento e misure per la tutela del nostro capitale naturale, ferme da troppo tempo in Parlamento. L’andamento verso questo obiettivo è negativo.

SDG 16 – pace, giustizia e istituzioni forti:

Nel 2019, 79,5 milioni di persone sono fuggite da persecuzioni e guerre – è il numero più alto mai registrato da quando queste statistiche vengono raccolte. I bambini sono regolarmente esposti a molteplici forme di violenza, perlopiù non riconosciute o denunciate. L’andamento dell’Europa è positivo, in Italia lievemente positivo – è calata la criminalità ma anche la fiducia nel Parlamento europeo. È preoccupante l’incremento delle frodi informatiche. Pensate che in Italia dal 2010 al 2018 sono aumentate del 92%. Positivo il ritorno dell’’educazione civica” nelle scuole che consente di comprendere molti Target di questo obiettivo.

SDG 17 – partnership per i goal:

L’attuazione degli obiettivi di sviluppo sostenibile è costante ma fragile. Le guerre commerciali aumentano e mancano invece i dati cruciali che i paesi in via di sviluppo non sono in grado di produrre. L’Italia ha fatto progressi riconoscendo il ruolo del Terzo Settore nella cooperazione allo sviluppo.

Non siamo messi bene ma tutti noi possiamo fare qualcosa per cambiare le cose. Occhio al futuro!

In onda il 16-1-2021

Fratello Sole e la transizione ecologica per il Terzo Settore

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Il più delle volte le imprese del terzo settore non riescono a rendere sostenibili gli edifici che ospitano le loro attività, perché mancano i mezzi economici. Fratello Sole è la prima impresa sociale non a scopo di lucro in Europa che supporta enti e associazioni di volontariato nella transizione ecologica. È un grande esempio di sostenibilità sociale ambientale ed economica.

Cristina: Dentro a questo edificio c’è il cantiere di VOCE – Volontari al Centro – e siamo qui per raccontarvi l’attività della prima impresa sociale non a scopo di lucro in Europa che supporta enti del Terzo Settore nella transizione ecologica. Fabio, raccontami di questo edificio e di che intervento state facendo qui.

Fabio Gerosa: Questo è un edificio che ha 200 anni di storia, e da 25 anni è abbandonato alla città di Milano. È in mezzo del quartiere della finanza e rappresenta uno scarto che verrà rivalutato da Fratello Sole sia in senso ambientale, pensa che sarà un edificio in classe A, e soprattutto in senso sociale. Questo sarà il centro di economia civile, il centro dove vivranno i volontari, dove vivrà un’economia umanizzante che aiuterà tutta la città e sarà il punto di riferimento di Milano per quello che è il volontariato.

Cristina: Questa iniziativa nasce per dare concretezza all’enciclica Laudato Sì, creando coerenza tra il luogo e le attività che ospita. Qui avranno sede l’Università del Volontariato, un ostello, un ristorante – tutto legato al terzo settore. Questo progetto adempie a 12 dei 17 SDG: 1, 2, 4, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13, 15 e 17. E verranno qui i volontari delle Olimpiadi Invernali 2026?

Fabio Gerosa: Questo edificio ospiterà anche questo grande evento delle Olimpiadi nella parte, appunto, dell’economia civile del volontariato.

Cristina: In pratica quindi come aiutate le aziende del terzo settore ad attuare la transizione ecologica?

Fabio Gerosa: Prima di tutto, attraverso la competenza. Gli enti del terzo settori sono competenti nel loro, quindi nell’educazione, nella cura delle persone fragili, nella vicinanza ai poveri, ma non hanno generalmente molta competenza rispetto ai temi ambientali. Quindi il primo aiuto è donare, dare, competenza agli enti del terzo settore, il secondo aiuto fondamentale è l’aiuto economico, perché la transizione ecologico o efficientamento energetico costa molti soldi e non è alla portata di tutti. Noi li aiutiamo a consumare molto molto meno, e con quel pezzo del risparmio che gli enti hanno, pagheranno una parte dell’intervento. L’altro aiuto economico è invece la cessione del credito, gli enti del terso settore hanno diritto al bonus energetico e il bonus antisismico, ma non hanno la capienza fiscale per ottenerlo. Allora noi come Fratello Sole lo acquistiamo, togliendo una gran parte dell’intervento allo stesso ente.

Cristina: Questo progetto genera benefici economici, sociali ed ambientali, soprattutto per gli ultimi, i più poveri. Occhio al futuro!

In onda il 4-4-2020

Neorurale Hub

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Neorurale Hub è immerso in 500 ettari rinaturalizzati nella Pianura Padana, dove in 20 anni la fertilità del suolo è aumentata del 150%, flora e fauna si sono ri-insediati, e la biodiversità è tornata a fiorire. Questo polo innovativo offre a start-up e aziende terreni, infrastrutture e tecnologie per sperimentare e collaborare proprio come avviene nei sistemi naturali. Un esempio di efficienza e di economia circolare.

Cristina: Siamo immersi in 500 ettari rinaturalizzati a due passi da Milano, dove in 20 anni la fertilità del suolo è aumentata del 150%, flora e fauna si sono ri-insediati, la biodiversità è tornata a fiorire. Nel 1996 questo terreno era così. Rigenerandosi, la natura ha ispirato la creazione di questo polo innovativo, che offre a start-up e aziende terreni, infrastrutture e tecnologie per sperimentare e collaborare proprio come avviene nei sistemi naturali. E così si ottimizza l’uso di tutte le risorse, si producono cibo, energia e tanto altro. Un esempio di efficienza e di economia circolare. L’insieme di tutte le attività che che avvengono in questo polo adempiono a dodici dei 17 SDG – gli obiettivi di sviluppo sostenibile dell’ONU – e precisamente 2, 3, 4, 6, 7, 8, 9, 11, 12, 13, 15, 17.
Luca dammi qualche esempio pratico di quello che avete imparato ripristinando quest’area.

Luca Pilenga: L’esempio più concreto della collaborazione uomo natura lo abbiamo e troviamo in queste barriere di ecosistemi dove rigeneriamo la natura per permetterle di creare biodiversità, che è quell’arma che abbiamo contro i parassiti che ci permette di abolire l’uso di insetticidi. Li abbiamo aboliti già dodici anni fa. Quest’acqua delle barriere che sgorga naturalmente ad una temperatura costante durante tutto l’anno la utilizziamo come scambio termico durante la climatizzazione degli edifici dove viene fatta la ricerca, lo sviluppo e l’innovazione.

Cristina: Le tecnologie invece come le state usando?

Luca Pilenga: La tecnologia è il fattore abilitante che ci permette di condurre delle ricerche capaci, attraverso i dati di sensori locali presi anche da satelliti o da droni in alcuni casi, di sviluppare una ricerca capace di concentrare i principi attivi. Per esempio questa Erba Officinale che abbiamo reperito in giro per il mondo e che qui siamo riusciti a concentrare del 400% rispetto alle concentrazioni normali e senza contaminanti.

Cristina: Una pianta che cresce in un terreno sano e nelle condizioni migliori da i frutti migliori.

Luca Pilenga: Esattamente, grazie alla tecnologia riusciamo a capire quali meccanismi ci aiutano a raggiungere l’obiettivo, in questo caso una maggiore concentrazione, in altri casi il minor consumo di risorse. Qui nella struttura alle mie spalle collaborano oramai 20 tra startup, aziende e scuole per costruire la sostenibilità del settore agroalimentare.

Cristina: Osservare e imitare la natura è la nostra migliore scommessa. Occhio al futuro!

In onda il 7-3-2020

effecorta, negozio sfuso

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Nel 2009 per Occhio allo Spreco, eravamo andati a Capannori, in provincia di Lucca, per raccontare una realtà pioniera – il negozio Effecorta, che vendeva prodotti locali e sfusi, ossia privi di imballaggi. Nei 10 anni trascorsi da allora, Effecorta ha aperto a Milano nel quartiere di Affori e abbiamo deciso di buttarci l’occhio.

Renato Plati, uno dei fondatori di Effecorta, dice che l’interesse al suo modello è tanto, le richieste sono addirittura quasi quotidiane e arrivano da tutta Italia. La filiera corta è importante, è nel nome stesso. Facilitano quello che è l’incontro tra il produttore e il consumatore alla ricerca un prodotto genuino e locale – il loro fulcro è l’acquisto diretto dai produttori, selezionati nel raggio di 70 km dal negozio. Alcuni prodotti, come l’olio e gli agrumi, arrivano dal centro e sud Italia, ma mantengono un rapporto diretto con chi li produce. Per Renato, filiera corta significa un solo passaggio dal produttore al consumatore finale.

“Al tempo del servizio abbiamo raggiunto oltre 400 contatti” ci racconta, “e abbiamo organizzato tanti seminari per cui le persone venivano, e potevano informasi sul modello. Pochi sono riusciti a trasformare l’idea in un negozio vero e proprio, la maggioranza si sono scontrate con la realtà economica. Quando ragioniamo su una configurazione di un negozio di 100-120 metri suggeriamo sempre un budget minimo dagli 80-100.000 euro, per far fronte a quelli che possono essere gli imprevisti dei primi anni. La possibilità di avere accesso al credito costituisce un fattore determinante per lo sviluppo e riteniamo che esistano molti bandi sia a livello regionale, che europeo e ci auspichiamo che venga fuori qualcosa anche per noi per quello che potrebbe essere lo spostamento in una zona più centrale, in uno o più punti. A Milano potremmo tranquillamente aprire in ogni zona. Un contributo all’affitto sarebbe ottimale perché è una delle voci spesa più pesanti.”

Speriamo presto di vedere negozi così in ogni quartiere.

L’impronta idrica del cibo

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Avete mai pensato alla quantità di acqua che consumate in un giorno? Non solo l’acqua che bevete o che utilizzate in casa. Anche il cibo che mangiamo ha un’impronta idrica, si chiama acqua virtuale e spesso rappresenta più della metà del nostro consumo idrico giornaliero.
Durante l’esposizione di Broken Nature a La Triennale di Milano, ci sarà un Wonderwater Café con un menù interamente tradotto in termini di impronta idrica per ogni piatto!

Cristina: Molti di noi sono bravi a non sprecare acqua in casa, ma raramente sappiamo quanta ne consumiamo in maniera indiretta, ad esempio l’acqua che serve per produrre il nostro cibo. Wonderwater Café è un progetto itinerante che giunge al ristorante della Triennale di Milano durante l’esposizione di Broken Nature. Frutto di una collaborazione tra scienziati e designer, si traduce in un menù che illustra l’impronta idrica di ogni piatto.

Jane Withers: Non abbiamo idea delle quantità di acqua che servono per produrre il cibo. Noi mostriamo le differenze tra: fagioli coltivati in Kenya, dove irrigare le piante può voler dire sottrarre risorse idriche dalle comunità locali, e verdure stagionali e locali, irrigate con acqua piovana. Capiamo il valore dell’acqua quando, ad esempio, durante la siccità in California due anni fa, i prezzi delle mandorle sono andati alle stelle. Noi mostriamo questi sistemi idrici invisibili.

Cristina: Lei trova che i fatti scientifici debbano essere adattati per raggiungere un grande pubblico?

Jane Withers: Si, penso di sì. Noi traduciamo i dati in un linguaggio che le persone possano capire. Penso che trovare sul tavolo, al ristorante, mentre stai scegliendo cosa fare, un menu che indichi l’impronta idrica di ogni piatto, faccia la differenza. Quanto influisce sulla scelta? Se leggendo vedo che per fare la pizza marinara ha consumato 290 litri e quella con la salsiccia piccante 960 litri? Sono numeri impressionanti.

Cristina: Il primo WonderWater cafè risale al 2011. In pochi anni, insieme al progetto è cresciuta la consapevolezza del problema.

Jane Withers: I nostri partner accademici del King’s College di Londra, hanno lavorato per capire ogni ingrediente: da dove è venuto, dov’è stato acquistato e così via. Adesso sembra esserci più trasparenza, ma penso che sia interessante quanto nel 2011, sembrava tutto molto astratto, mentre ora c’è un crescente senso di urgenza. Ci stiamo rendendo conto che una delle cose più importanti che possiamo fare è di passare da una dieta carnivora ad una vegetariana o “flexitariana” – più consapevole. Le differenze sono importanti:  più di 5000 litri al giorno per una dieta a base di carne contro 2600 litri. Sono differenze palpabili. C’è crescente interesse e consapevolezza.

Cristina: Le informazioni ci sono, la gente ha sempre più voglia di sapere cosa consuma e che impatto ha. Quindi se siete ristoratori se comunque portate, al mondo, cibo in un qualche modo, offrite questa opportunità di conoscenza perché è molto importante. Occhio al futuro!

In onda 4-5-2019

Broken Nature – la Triennale di Paola Antonelli

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Paola Antonelli è la più grande fonte d’ispirazione per colmare il divario tra ciò che sappiamo e come viviamo. Broken Nature presenta una moltitudine di idee e soluzioni per diventare cittadini rigenerativi del nostro bel Pianeta. La speranza è che visitiate la Triennale tante volte, ma per chi non verrà a Milano entro l’1 settembre, brokennature.org è una fonte da consultare (anche per chi visiterà la mostra!). Grazie Paola per la tua visione e per la tenacia.

Cristina: Siamo alla Triennale di Milano, Broken Nature, un mostra internazionale e interdisciplinare che durerà fino al 1 di Settembre, che indaga il nostro rapporto con i sistemi naturali, la società umana, con il modo di vivere, produrre e consumare. É curata da una grande italiana, Paola Antonelli, che per l’occasione  è stata prestata dal MoMA di New York.  L’essenza di Broken Nature, cosa vuoi che gli spettatori si portino a casa?

Paola Antonelli: Vorrei che si portassero a casa il fatto che per essere responsabili, per vivere in modo sostenibile, per attivare questo atteggiamento ricostituente, non bisogna sacrificare l’estetica o il piacere, la sensualità o l’eleganza.

Cristina: Spesso gli individui si sentono troppo piccoli per poter avere un impatto. Tu come la vedi?

Paola: Non la vedo così, perché non possiamo contare soltanto sui governi, le istituzioni e arrenderci al nostro destino. Abbiamo un potere enorme che proviene anche dai social media, una persona poi diventa un gruppo, una tribù, una comunità e dopo di che se i governi vogliono avere qualsiasi efficacia devono seguire anche quello che vuole il pubblico.

Cristina: Qual’è il tempo ideale da trascorrere in questa mostra per tornare a casa veramente più nutriti?

Paola: Direi che almeno tre quarti d’ora, un’ora ce li devi mettere. Spero che tanti bambini vengano e che siano ispirati perché alla fin fine il design tra una quarantina di anni andrà come la fisica, ci sarà il design teorico e quello applicato e si trasmetteranno conoscenze a vicenda.

Cristina: E l’aspetto sociale come lo hai declinato?

Paola: Per esempio […] pensò a questo recupero di mais di speci che erano andate perdute e poi usare le barbe e la parte esterna della pannocchia per fare un’intarsio. Anche semplicemente quest’attività che il design può fare per recuperare cultura materiale che si è persa, c’è un grandissimo esempio anche di come si può utilizzare la comunità.

Cristina: Come definisci il designer del XXI secolo?

Paola: Tantissime possibilità di espressione. Per cominciare ci sono i mobili, ovviamente ci sono le auto, ci sono anche i materiali. Ci sono dei designer che progettano scenari o cercano di mostrarci quali potrebbero essere le conseguenze future delle nostre scelte di oggi. Ci sono designer di interfacce che sono per esempio lo schermo e l’interazione del bancomat. Ci sono designer che fanno bio-design, quindi si occupano anche di organismi viventi o progettano con organismi viventi. Neri Oxman e Mediated Matter Group stanno ispirando una generazione di designer che imparano a lavorare con la natura per fare oggetti ed edifici che crescono invece di essere disegnati dall’esterno. Skylar sta lavorando il governo delle Maldive per fermare l’erosione delle spiagge. Stanno tutti lavorando e avendo un grande impatto. Sono molto fiera di tutti.

Cristina: Grazie Paola. Non perdete Broken Nature.

In onda 6-4-2019