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Greenews – Intervista a Cristina Gabetti

By rassegna

INTERVISTATORE: Nel suo ultimo libro affronta il tema dell’empatia come punto di partenza per costruire una nuova società. Può spiegarci meglio il concetto?

CRISTINA: L’empatia è la nostra naturale predisposizione a essere connessi con gli altri. E’ ciò che ci consente di sentire ciò che sente l’altro, e mi pare un veicolo strategico per diffondere il piacere di essere parte integrante della vita. Sono anni che ricerco, sperimento e diffondo soluzioni per evolvere verso un futuro di prosperità per tutti, ma la qualità del fare emerge da un modo di essere. Nel mio nuovo libro A Passo Leggero coniugo esperienze vissute a più prospettive con la voce scientifica di Giacomo Rizzolatti, scopritore del neurone specchio, o neurone dell’empatia, e i disegni dell’artista Ramuntcho Matta, con l’intento di stimolare ogni piano dell’essere, affinché chi legge possa riconoscersi e possa sentirsi invitato a entrare in sintonia con l’onda di rinnovamento che scuote il nostro pianeta. E’ molto facile perdere la bussola, sentirsi scoraggiati, disorientati, ma credo che con piccoli esercizi di introspezione e circospezione sia possibile scorgere spiragli di luce e illuminare nuovi percorsi possibili.

I: Come si è avvicinata all’ambiente?

C: Mi sono sentita chiamata, in quanto madre, ad alleggerire la mia impronta ecologica in modo da contribuire a colmare la voragine tra ciò che sappiamo e come ci comportiamo. Strada facendo, ho avuto prova del potere cumulativo dei nostri gesti, e il potere che abbiamo, attraverso scelte che nascono dal cuore e dal desiderio di conoscere la lunga filiera di effetti che queste hanno sugli altri, di fare la differenza. La matrice del mio impegno è nel fare, cosciente del lusso che abbiamo di poter ancora scegliere, e con il senso d’urgenza di fare il più possibile per scongiurare il peggio….

I: Quali sono i piccoli gesti quotidiani che compie per tenere una condotta ecosostenibile?

C: Ogni mia scelta è mediata dalla coscienza e dalla conoscenza. Faccio del mio meglio per sostenere filiere che rispettano la salute di chi lavora e dell’ambiente, e laddove sono costretta a compromessi, punto sulla qualità sacrificando la quantità. I miei libri, e la rubrica Occhio allo spreco, che ho scritto e condotto per 5 anni a Striscia la notizia, sono zeppi di azioni pratiche. Quando il desiderio di vivere a passo leggero si manifesta, le soluzioni si trovano. Bisogna essere aperti, curiosi e creativi. E quando le risorse singole non consentono di arrivare alle scelte desiderate, entra in gioco il sostegno della comunità.

I: Come trasmette ai suoi figli il valore del rispetto per l’ambiente? e loro come lo recepiscono?

C: Vivendo. La migliore forma di educazione è l’esempio.

I: Nel corso della sua vita ha avuto modo di vedere realtà diverse: New York, Connecticut, Torino, Milano, adesso recentemente la California. Che tipo di sensibilità ha riscontrato e riscontra nei confronti dell’ambiente in tutte queste realtà?

C: La società americana è più veloce e di conseguenza le buone pratiche si diffondono rapidamente. Noi italiani viviamo in un paese naturalmente predisposto alla sostenibilità che non mettiamo a sistema. Anche se i comportamenti eco sensibili dovrebbero essere un punto di partenza e non una meta, le mode aiutano a promuovere il cambiamento, e in un mondo che sembra aver perso il giusto ordine di priorità, è utile usarle per velocizzare una transizione necessaria. Dunque, abbracciamo le soluzioni a noi più consone, valorizzando le opportunità che abbiamo a portata di mano.

I: Che tipo di cultura ambientale pensa ci sia al momento in Italia? quanto c’è ancora da fare?

C: La cultura ambientale deve uscire dalla nicchia, ma le rendite di posizione rallentano il processo. Guardo ai piccoli progressi con la speranza che si sommino fino a raggiungere un punto di svolta su larga scala. Più che mai la perseveranza di chi applica soluzioni a prova di futuro è necessaria per aprire gli occhi a chi non sa vedere i benefici a lungo termine.

I: Ci racconta della sua esperienza con la Singularity University?

C: E’ stata dirompente, stimolante, impegnativa. Abbiamo raccolto storie incredibili che vanno in onda nella rubrica Occhio al Futuro a Striscia la notizia e sul Corriere.it: mezzi di trasporto capaci di superare l’incubo del traffico, o di consegnare medicinali in luoghi irraggiungibili, tecnologie diagnostiche e progetti per portare le piante sulla luna. La sintesi dell’esperienza è che ho compreso quanto oggi è necessario abbattere le barriere tra i saperi, perché le soluzioni più interessanti nascono dalla collaborazione di menti e talenti diversi.

I: Lei ha anche curato delle pubblicazioni per bambini: quanto le famiglie di oggi educano i loro figli al valore della sostenibilità?

C: Sono felice perché il mio libro Tondo come il Mondo (Giunti Progetti Educativi e Fondazione Ambienta) viaggia da 4 anni nelle scuole italiane e sta sostenendo la conoscenza pratica di centinaia di migliaia di bambini. Imparano, sperimentano ed elaborano, assistiti da insegnati generosi e ispirati, per poi portare in famiglia i risultati di quanto appreso. A volte, per i grandi, cambiare significa prima disfarsi di abitudini sbagliate, mentre per i bambini il percorso è più breve.

I: Secondo lei l’esplosione tecnologica e social può essere di aiuto alla costruzione di uno stile di vita e di una società innovativi?

C: Sono un’arma a doppio taglio. Le buone idee possono diventare virali sul web, con le tecnologie possiamo raggiungere persone lontane e con loro collaborare, però rischiamo, se non le gestiamo con cura, di perdere destrezza e manualità, il contatto diretto con le persone, la capacità di dialogare e di accogliere i tempi morti, che danno respiro alle intuizioni.

I: Cosa significa per lei decrescita felice?

C: Significa consumare meno e vivere meglio, come recita il sottotitolo del mio secondo libro Occhio allo Spreco. Indica un fenomeno che preme dal basso, un antidoto alla cultura dell’eccesso ma anche una naturale conseguenza della crisi economica. Credo però che per evolvere collettivamente dovremo cambiare il significato della parola crescita, passando da un indice quantitativo a uno qualitativo. Cioè, crescita evolutiva.

I: Qual è il sogno ambientale più grande che vorrebbe realizzare?

C: Non è un sogno individuale bensì collettivo. Sogno una società rigenerante, rispettosa, prospera, capace di onorare i diritti fondamentali dell’uomo e della Terra, e accolgo ogni opportunità possibile per contribuire a renderla concreta. Vorrei aprire un dialogo collettivo sull’impatto che le tecnologie stanno avendo sulla qualità della nostra vita e delle relazioni, sulle opportunità che possiamo abbracciare per accelerare il cambiamento che vogliamo, e mi piacerebbe fare un programma radiofonico, perché è uno strumento adatto per condividere esperienze e per elaborarle.

Greenews – 2014

BioEcoGeo – Intervista a Cristina Gabetti

By rassegna

Giulia Berrini: Grandi novità per questo tuo autunno: un viaggio “lontano” nella Silicon Valley e uno vicino…dentro gli esseri umani (noi stessi). Due mondi diversi che però forse ti hanno portato alla stessa conclusione: è necessario tornare a vivere il qui e ora. Soprattutto nei rapporti con le persone e con il proprio essere.

C: E’ così. Il nostro cervello lineare non è in grado di metabolizzare i cambiamenti esponenziali in atto: da un lato, quelli dei sistemi naturali, che abbiamo sovvertito e che adesso dobbiamo sanare, dall’altro quelli tecnologici, che offrono grandi opportunità, se sappiamo coglierle. Il motore delle giuste scelte è la nostra identità, e la nostra coscienza è la bussola. Chi siamo? Dove vogliamo andare? Gli esercizi di introspezione e circospezione raccolti nel mio nuovo libro A Passo Leggero nascono dal desiderio di aprire nuove prospettive sul valore del nostro agire, e il viaggio nella Silicon Valley è stato per me una conferma di quanto è importante lavorare su noi stessi per sviluppare resilienza e pensiero creativo. Alla Singularity University ho capito quanto è necessario abbattere le barriere tra i saperi, perché le soluzioni più interessanti nascono dalla collaborazione di menti e talenti diversi. Individui consci, svegli, insieme ad altri, mossi dagli stessi principi, possono arrivare lontano. Occorre agire ora con una visione a lungo termine.

GB: Dopo più di cinquant’anni in cui abbiamo fatto di tutto per globalizzarci e uniformarci (a livello politico, economico e sociale), pensi saremo davvero in grado di tornare a impegnarci e a vivere in una dimensione più piccola?

C: La multidimensionalità appartiene al nostro tempo. Della globalizzazione scelgo di apprezzare le opportunità: potersi connettere con persone lontane, vedere il lavoro di comunità distanti migliaia di chilometri ma vicini nello spirito, e questa forma di impollinazione culturale contribuisce a moltiplicare pratiche, esperienze e storie di valore. Dall’altra, nella vita quotidiana, è a livello locale che troviamo le occasioni migliori per rigenerarci ed essere rigeneranti: a contatto con i nostri luoghi di appartenenza, con le persone e le cose a noi vicine. In sostanza, sconfinati con la mente e col cuore, pro-attivi dove viviamo, con il desiderio di avere un impatto positivo laddove lo possiamo monitorare.

GB: Parliamo ora del Neurone a Specchio del Prof. Rizzolatti. In un mondo più empatico, credi sarà più semplice far circolare le buone pratiche per l’ambiente? Basterà farsi vedere molto attivi per coinvolgere ad esempio le persone nella raccolta differenziata, nella gestione di un orto pubblico o nel minor utilizzo della propria auto?

C: Ho voluto mettere la conversazione con il Professor Rizzolatti al centro di A Passo Leggero perché conferma che sviluppare empatia è strategico per costruire la società che vogliamo. “La nostra società ha bisogno di empatia come nessuna prima”, dice. E’ una conversazione ricca di sorprese, rivelazioni, e conferme. Secondo il neuro scienziato Vilayanur Ramachandran, sono stati proprio i neuroni specchio a favorire il cosiddetto “big bang” culturale avvenuto 50, 100.000 anni fa, quando in un tempo relativamente breve l’homo sapiens inventa il fuoco e il linguaggio e comincia a servirsi degli utensili. E’ chiaro che oggi occorre un nuovo big bang culturale. E l’empatia ci è innata, occorre solo risvegliarla e lasciare che ci connetta con gli altri. Sperimento quotidianamente il potere dell’empatia, e anche quello della gentilezza. Quando riusciamo a controllare l’impazienza, il fuoco reattivo, tutto si dispone meglio, ed è in quello stato che siamo in grado di costruire insieme agli altri. Poi, che basti l’empatia per diffondere una buona ed efficiente raccolta differenziata, promuovere l’orticoltura o un minor utilizzo della propria auto è riduttivo, perché le resistenze sono immense. Resistenze, però, che sovente troviamo in noi stessi. Abbiamo tutte le soluzioni necessarie per diventare rigeneranti, per smetterla di distruggere la vita in senso lato. Allora, facciamo del nostro meglio, con coraggio e con fiducia. E’ la nostra migliore scommessa. 

GB: Nel tuo viaggio nella Silicon Valley, quali sono state le invenzioni che più potrebbero aiutare il nostro pianeta? E quali sarebbero applicabili in Italia?

C: Tante: reti di trasporto veloce a trazione magnetica per superare l’incubo del traffico, reti di distribuzione per medicinali in luoghi irraggiungibili, strumenti medici portatili che cambieranno il nostro modo di curarci, robot che cambieranno il nostro modo di lavorare. Alla Singularity University, che ha sede presso il campus di ricerca e sviluppo a NASA Ames, sono andata a scuola di futuro, ho capito quanto le tecnologie esponenziali, quelle che stanno evolvendo alla velocità della luce, stanno offrendo strumenti potentissimi e di quanto il nostro pensiero creativo sia necessario per metterli a buon uso. E nella Silicon Valley ho incontrato ragazzi ispirati che stanno mettendo buone idee a servizio dell’umanità. Ho raccolto tante belle storie che sono in onda nella mia nuova rubrica Occhio al Futuro a Striscia la notizia e sul Corriere.it. Ogni tecnologia è implementabile in Italia, ma la sfida è di regolamentarle e integrarle nella società. E qui, non ci resta che pregare….

GB: E ora il tuo nuovo libro: A passo leggero. Un libro che ogni genitore dovrebbe leggere con i propri figli. L’hai pensato in quest’ottica?

C: Chi sta passeggiando con me, e con Ramuntcho Matta che ha realizzato disegni stupendi, arricchendo i percorsi con il tuo tratto poetico, ironico e provocatorio, mi racconta di esperienze piene, autentiche, e si riconosce. Parlo di rapporti familiari, di affetti, incontro persone interessanti che offrono prospettive insolite sulla vita e sulle cose, quindi è un libro adatto a tutti. Mi piace la tua immagine della famiglia riunita, e di una voce che legge.

GB: Infine, un augurio per la nostra generazione che è l’unica che davvero può fare qualcosa per consegnare un Pianeta vivibile ai nostri figli.

C: Coraggio. Non c’è tempo da perdere. E non possiamo permetterci di essere pessimisti.

Intervista di Giulia Berrini su BioEcoGeo – Dicembre, 2015