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Robot Wamot della Waseda University di Tokyo

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Cristina: Siamo all’Università Waseda e stiamo per sentire questo oggetto straordinario che abbiamo di fronte che cosa combina.

Prof. Hiroyuki Ishii: Questo è un robot che analizza la qualità dell’ambiente, sviluppato nei laboratori Takanishi dell’Università Waseda a Tokyo. È capace di raccogliere dati sulla salute del terreno, di flora e fauna. Soprattutto può essere usato per intervenire in aree disastrate, quando accade una calamità, il robot in loco può cercare le persone, o monitorare i livelli di inquinamento.

Cristina: Perché si muove in questo modo buffo?

Prof. Hiroyuki Ishii: Ha un sistema motorio originale, che gli consente di muoversi su tutti i terreni, erbosi, innevati, rocciosi, sabbiosi e fanghosi. Può scavalcare massi e tronchi, superare ostacoli e dislivelli.

Cristina: Da che distanza può essere controllato?

Prof. Hiroyuki Ishii: É comandato dalla rete dei telefoni cellulari che ci permette di controllarlo a distanza, stiamo facendo esperimenti tra l’Italia e il Giappone. Collaboriamo con la scuola superiore Sant’Anna di Pisa. Quando sono andato in Italia, in Abruzzo a Petri, ho messo li il mio robot e il studenti lo controllavano dal Giappone. Vedete? Questo circuito comunica con lo smartphone montato sul robot che le riceve dallo smartphone in mano all’uomo. Tali istruzioni viaggiano da scheda a scheda fino al circuito interno che controlla i motori. L’obbiettivo principale di Wamot è di trovare gli hot spot, ossia i picchi di inquinamento che sono i più pericolosi per la salute degli esseri  viventi. Lo fa rilevando il livello di radiazioni sulla superficie del suolo.

Cristina: Che applicazioni avete in mente? Le persone potranno usarlo sui propri terreni?

Prof. Hiroyuki Ishii: Si, l’idea è quella di dare questi robot agli agricoltori, alle guardie forestali, in modo che possano avere un controllo diretto sulle condizioni del territorio.

Cristina: Wamot è stato progettato per essere venduto ad un prezzo democratico, mettendo così le persone di misurare direttamente la salubrità del suolo. Una piccola rivoluzione.

Prof. Hiroshi Ishiguro e i suoi robot

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Cristina: Vi ricordate la pecora Dolly? La clonazione biologica destò molto stupore, oggi vi parliamo di una cosa che non è meno stupefacente.

Prof. Hiroshi Ishiguro: Sono uno scienziato e un’ingegnere, il mio ruolo è quello di inventare cose nuove.

Cristina: Professor Ishiguro, come è arrivato fin qui?

Prof. Hiroshi Ishiguro: É una storia lunga. Da ragazzo volevo fare il pittore, poi ho rinunciato all’arte per studiare informatica e intelligenza artificiale, così sono arrivato a sviluppare robot androidi che assomigliano a noi e ho capito che sto creando, come un’artista. I robot sono una tela per me.

Cristina: Ci descrive come nasce un Geminoid?

Prof. Hiroshi Ishiguro: Prima facciamo uno scan 3D del corpo, poi facciamo il calco e la parte più importante è ricreare la consistenza della pelle umana. In parallelo, sviluppiamo le funzioni meccaniche ed elettroniche integrate che sono l’anima del robot. queste vengono poi coperte da uno strato di silicone, una seconda pelle. É un sistema ibrido e come può osservare nascono movimenti spontanei, inconsci.

Cristina: Ti senti mai solo?

Geminoid: Si. Di notte sono molto solo.

Prof. Hiroshi Ishiguro: La voce arriva attraverso internet da un computer che la analizza e ne copia i movimenti. Qui non usiamo l’intelligenza artificiale. Questo androide è telecomandato, ci interessa potergli inviare informazioni, anche quando si trova in posti lontani. Il suo padrone lo può muovere come fa con il suo stesso corpo, in un futuro vicino renderemo questi androidi autonomi.

Cristina: E cosa state facendo fare ai vostri androidi, quali mansioni?

Prof. Hiroshi Ishiguro: La nostra prima sfida è stata di sostituire una conduttrice di un telegiornale. Funziona molto bene perché gli androidi non sbagliano mai e soprattutto quando ha a che fare con un ruolo pubblico è molto utile. Abbiamo messo una commessa androide nel centro commerciale, le persone sono felici di parlare con lei. Poi la gente sa che i robot non mentono mai, si fida di più dei computer. Penso che sarebbe facile sostituire commessi umani con commessi androidi.

Cristina: Quando interagisce con i Geminoid si attiva una risposta empatica in lei?

Prof. Hiroshi Ishiguro: La forma e i movimenti dell’androide, assomigliano a quelli dell’uomo, per questo si attivano i neuroni specchio in chi interagisce con lui. Noi umani riconosciamo un’androide come nostro simile, a partire dal tatto. Il meccanismo empatico qui è automatico.

Cristina: Le sono stati commissionati androidi da persone che vogliono un loro gemello robot?

Prof. Hiroshi Ishiguro: Ho creato un androide per il professore Danese Heinrich Scharfe e lui lo sta usando, vuole studiarlo, svilupparlo. Lo fa sperimentando e mandandolo nel mondo a fare conferenze.

Cristina: Crede possibile che l’uomo un giorno avrà relazioni sentimentali con questi robot androidi?

Prof. Hiroshi Ishiguro: A volte il robot può essere molto meglio dell’umano. Il robot è più bello, voglio dire, è un’ideale. Immagina un idolo pop, una cantante, è meglio la versione umana o il robot? Quale ha più fantasia? L’androide non va in bagno, non si stanca. Con lo sviluppo dell’intelligenza artificiale probabilmente la gente arriverà ad accettare gli androidi come esseri umani.

Cristina: Può essere comodo in molte circostanze della vita avere il proprio doppio. Per me sarebbe utile, penso per la mia famiglia sarebbe un’incubo.

Lo spettrometro che misura stress

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Abbiamo incontrato il Professor Giuseppe Pezzotti, primo accademico italiano ad aver avuto una cattedra a tempo pieno al Kyoto Institute of Technology. Oggi Pezzotti è diventato un punto di riferimento nel mondo per l’analisi di protesi espiantate dal corpo umano. Grazie allo spettrometro Raman, misura lo stress a livello nanometrico che gli consente di capire perché è avvenuto il danno. In questa intervista il Professore ci racconta quali saranno le future applicazioni di questa tecnologia.

Cristina: Siamo al Kyoto Institute of Technology e stiamo andando a trovare il Professor Giuseppe Pezzotti, che è il primo professore non Giapponese ad aver avuto una cattedra permanente. È passato dall’ingegneria meccanica alla fisica quantistica, passando per la medicina.

Prof. Giuseppe Pezzotti: Ora stiamo misurando il grado di ossidazione di un ginocchio artificiale in polietilene espiantanto dopo 11 anni in un corpo umano.

Cristina: Cosa si riesce a vedere con quel macchinario che non emerge da una normlae radiografia?

Prof. Giuseppe Pezzotti: A livello molecolare si vede il livello di ossidazione del polietilene in maniera non distruttiva, viene mandato un raggio laser che arriva sul materiale ed eccita le vibrazioni molecolari e come uno dei fenomeni correlati all’irradiazione, c’è un’emissione luminosa – l’emissione raman – che si vede in uno spettro e ci spiega se è ossidato o meno, se ha stress o meno, se alcune specie chimiche sono attaccate alle molecole o meno.

Cristina: Questi che cosa sono?

Prof. Giuseppe Pezzotti: Questi sono impianti che sono stati tirati fuori dal corpo umano che ci vengono spediti per vedere qual’è stata la degradazione del materiale e ce ne sono alcuni come questo che sono stati molto poco all’interno del corpo umano, per pochi mesi, ma già hanno avuto problemi. Invece altri che hanno resistito tanti anni ma si sono degradati e quindi cerchiamo di capire il motivo della degradazione.

Cristina: Quali possono essere le cause di questi malfunzionamenti?

Prof. Giuseppe Pezzotti: La causa principale che viene riportata dai malfunzionamenti è dovuta all’osteolisi, che è una degradazione dell’osso, che avviene in seguito al rilascio di debris – piccole particelle di polietilene che si annidano vicino alla protesi e causano una reazione fisiologica dell’organismo che cerca di eliminarle. Capire i meccanismi di degradazione è una cosa fondamentale. Il raman è una metodo non distruttivo quindi apre la possibilità di controllare pezzo per pezzo quindi in maniera deterministica la qualità dei pezzi incorporati.

Cristina: Quali sono altri possibili applicazione della spettroscopia raman?

Prof. Giuseppe Pezzotti: Per esempio, possiamo studiare il grado di osteoporosi delle ossa, e potrebbe essere usato in futuro per metodi diagnostici. Altre cose possibili sono lo studio delle proteine per vedere con quale rapidità una persona invecchia. Un’altra possibilità è lo studio della demineralizzazione delle lamelle nei denti, per esempio capire se e quali sarà la probabilità di carie. Un’altra possibilità è studiare l’osteoartrite, riuscire a capire quando la cartilagine si sta per alterare perché l’alterazione molecolare avviene sempre prima, è il precursore diciamo della malattia. L’applicazione del raman è fondamentale come disciplina preventiva.