Il figlio del regista più visionario del mondo insegna “terapia genealogica”: induce così ad inscenare la proprio storia privata, fin dall’infanzia, ma anche quella degli antenati. Per sciogliere i nodi del passato, per farci vivere più liberamente il presente.
Cristobal Jodorowsky introduce sempre con delle barzellette i suoi seminari. Si carica di vitalità e allegria, muove il corpo con leggerezza, interpreta ogni parola con sconfinata espressività. È libero da vincoli di qualunque tipo, è svelto, si trasforma in un istante, è sempre attento. Crea, cura, comprende, stravolge, spezza, riunisce. È pura fantasia in azione. Insegna con passione la terapia forgiata col padre Alejandro: psicosciamanesimo e terapia genealogica. «Come mio padre, faccio teatro, cinema, scrivo, dipingo. Mescolo arte e conoscenza in un percorso che definirei di neomisticismo», spiega Cristobal. «Ho un’eredità artistica forte da parte di entrambi i gentitori, da bambino ne ero profondamente traumatizzato. Strada facendo ho imparato a curarmi con lo studio dell’albero genealogico e lo psicosciamanesimo. E oggi aiuto chi è in difficoltà nel trovare se stesso. Quando insegno, la mia esperienza di attore è preziosa: la bellezza è una potente medicina». Le opinioni, i concetti e le abitudini delle persone che sono “influenti” nella nostra vita sono come un vestito, che, strato dopo strato, dobbiamo imparare a toglierci. Per prendere consapevolezza della nostra nuda essenza. In realtà ci conosciamo per come siamo conosciuti, non per come realmente siamo. Ci identifichiamo nei giudizi degli altri perdendo cognizione della nostra natura più intima. Inoltre, ciò che non è stato realizzato dai nostri avi nelle generazioni precedenti si cristallizza nel nostro inconscio, e diventa il “debito familiare” che ci incastra in una continua manifestazione del passato, impedendoci di vivere liberamente il presente. La terapia genealogica insegna che il primo passaggio è comprendere l’origine di tali impedimenti e accettarli. Solo allora possiamo iniziare a forgiare il nostro destino. Curare l’albero genealogico vuol dire rivoluzionarne i concetti, trasformarlo con coraggio per andare incontro alla propria divinità interiore.
In pratica, il lavoro che propone Jodorowsky agisce sui quattro piani dell’essere: fisico, emotivo, creativo, intellettuale. Alla comprensione della propria genealogia, e a come ci influenza, segue poi la psicomagia. Il terapista prescrive azioni che comunicano direttamente con l’inconscio. «Nella psicoanalisi è l’intelletto che comprende dolori, conflitti e blocchi», spiega Cristobal. «Con l’obiettivo di giungere a un comportamento diverso. Ma vedo che, in molti casi, le questioni non sono pienamente risolte nemmeno dopo anni. La psicomagia invece non passa per l’intelletto, ma comunica direttamente con l’inconscio attraverso la metafora, lo muove e rimuove ciò che gli impedisce di esprimersi. Una soluzione non vale mai per tutti, ma la psicomagia è immediata, agisce alla radice dei problemi, mentre l’analisi può durare 5, 10 anni. In passato ho fatto 4 anni d’analisi e due di psicoterapia, ma simultaneamente lavoravo con la psicomagia. Capivo le dinamiche per poi trovare la soluzione attraverso gli atti. Ho imparato su me stesso ciò che applico sugli altri». Il percorso di Jodorowsky è profondamente creativo. L’immaginario è reale, per questo se mettiamo al lavoro la nostra fantasia, troppo spesso ingabbiata dalla razionalità, il fantastico destino ci verrà incontro. Fondersi nella creatività è una liberazione, ma è necessario abbandonare ogni morale nel momento della terapia genealogica.
Con umorismo e carisma, il giovane Jodorowsky porta “in scena” la sua conoscenza profonda dell’essere umano, con il padre Alejandro, pioniere dell’avanguardia teatrale cilena, messicana ed europea dalla fine degli anni ’40, fondatore e animatore del Movimento Panico negli anni ’60 con Fernando Arrabal e Roland Topor, Cristobal sperimenta sin dall’infanzia il vasto sentiero del surreale, per giungere allo studio applicato della metafora inconscia e del potere del simbolo negli aspetti più legati allo sciamanesimo. «Sono un po’ come Obelix, son caduto nella pozione quando ero piccolissimo, ma ad un certo punto mi son chiesto se volevo continuare a sondare i meandri dell’inconscio, se ero davvero appassionato o se imitavo mio padre per essere riconosciuto. Quando sei sincero, la vocazione ti viene incontro. Così a 16 anni ho iniziato seriamente il mio cammino. Fino ad allora ero uno studente gitano, ambulante, sempre in viaggio da sciamani, psicologi, artisti. Si parlava tanto di queste cose in casa. Ho capito che Dio vive in me e vuole che io sia utile agli altri».
Jodorowsky insegna in Italia da un paio d’anni, tiene un numero sempre crescente di seminari. Per alcuni il lavoro è troppo intenso, ma i più audaci hanno incontrato un percorso che apre la mente, con la fantasia si sono liberati da pregiudizi, hanno trasformato nemici in alleati, hanno scoperto la propria ricchezza interiore. «Un tempo partecipavo pienamente al dolore degli altri, se ne libera parecchio nei miei seminari, poi ho capito che non serve a niente soffrire con chi soffre. Gli sciamani operano in uno stato di estasi, è con la gioia che portano le persone a uscire dal dolore». È proprio l’aspetto più legato allo sciamanesimo che differenzia il percorso di Jodorowsky da quello di altri, vedi le Costellazioni Familiari di Bert Hellinger e Veniero Galvagni Miten: «Sto studiando la costellazione familiare, la direzione è la stessa: guarire l’inconscio familiare attraverso l’azione. La teatralizzazione dell’albero è un aspetto che accomuna i due percorsi ed è finalizzata a ricostruirlo in maniera ideale nell’inconscio, però la struttura del lavoro è diversa. Il nostro è un approccio più sciamanico, partiamo dal presupposto che il cervello non riconosce la differenza tra ciò che vede negli altri e se stesso, tra i suoi avi, i loro progetti, e i propri. Dopo aver lavorato sull’albero, imparando a distinguere le proiezioni degli altri dai propri desideri, bisogna lavorare sugli archetipi, diventare buddha o un grande artista, affinché tutto l’albero sia illuminato e l’individuo sia liberato. Finché c’è un conflitto irrisolto nell’albero, ci sarà una parte di noi che lo riflette, che è goffa. L’albero va continuamente ripulito finché si giunge alla comprensione che la propria famiglia non è che un passaggio, un mezzo. Siamo figli dell’universo intero, la nostra anima nasce prima dell’umanità, prim dell’universo stesso. E quando percepisci il tuo essere infinito cambia anche la percezione dei tuoi problemi. È un grande esercizio di fantasia». “Della realtà misteriosa, tanto vasta e imprevedibile, percepiamo solo ciò che filtra attraverso il nostro piccolo punto di vista. L’immaginazione attiva è la chiave per una visione più ampia”, scrive il padre Alejandro in La danza della Realtà. Cristobal indica un percorso affinché ognuno possa concretamente diventare guaritore di se stesso: «È un processo molto creativo e privo di scontate abitudini, sono grato a mio padre perché questa strada l’abbiamo forgiata insieme. Collaboriamo tutt’ora nello sviluppo della psicomagia e io applico ciò che imparo con lui. Il nostro cognome è un alleato, uno strumento che mi permette di incontrare e aiutare molta gente. Continuano ad arrivarmi nuove opportunità per insegnare, in Italia, Spagna, Cile, Messico, Francia. È proprio vero che quando sei pronto le occasioni giungono da sole». Curare se stessi equivale a superare la paura di scoprirsi. Abbiamo mille volti, la realtà è in perenne mutazione. Jodorowsky insegna a giocare con la realtà, a esplorarsi con gioia per liberare l’energia creativa che è in ciascuno di noi: «Se immaginiamo di sparire, di rimuovere pensieri, emozioni, desideri, di lasciare che il corpo intero si dissolva, ci rendiamo conto che resta sempre qualche cosa. Resta l’essenza, energia pura. In questa dimensione possiamo visitare l’universo intero, oltre lo spazio e il tempo, ricaricare la nostra fonte. Io pratico quel che insegno. Tutti i giorni».
Pubblicato su ELLE Italia