Nell’ottobre del 2002, in una piccola stanza bianca alla periferia di Milano, ebbi il piacere di intervistare l’uomo che crea i più bei gioielli al mondo. Nello spazio più scarno che si possa immaginare, noi 2 e sul tavolo bianco il più grande libro mai visto – la raccolta dei suoi lavori. Un’esplosione di meraviglia – puro talento, stupefacente bellezza, anticipazione di quanto , settimane dopo, sarebbe stato esposto alla Somerset House di Londra.
Protagonisti di quell’incontro non furono i gioielli ma lui, l’artista, soprattutto l’uomo. Un uomo che si racconta poco, che si realizza nel fare.
Questo è l’articolo, pubblicato su Specchio della Stampa nel novembre del 2002:
C’è chi insegue la fama e chi, come Joel Arthur Rosenthal, se la trova addosso. E’ un artista, crea i gioielli più sorprendenti al mondo, ma non rinuncerebbe mai alla sua impresa di 4 dipendenti. Schietto e riservato, dal giorno in cui aprì il piccolo negozio in place Vendome a Parigi, 25 anni fa, ha lasciato che fossero solo i suoi oggetti, sublimi e unici, a raccontare il suo talento. Attorno a tre anelli, le sue prime creazioni, è nata una catena di persone che, rapite dalla bellezza dei suoi gioielli, vogliono vederne altri. “Feci il quarto anello, un paio di orecchini, e, dopo tre anni, avevamo seri collezionisti che ci chiedevano pezzi,” ricorda Rosenthal. Da decenni arriva gente che preme il dito sul pistillo della bronzea camelia, nel passage della celebre piazza. Il campanello suona solo all’interno, e, se la porta si apre, come in un club esclusivo, viene chiesto: “come ha saputo di noi?”. Solo Joel e il socio Pierre Jeannet decidono chi varca la soglia del regno di JAR. Ogni pezzo è unico e irripetibile, e ciascuno dei 400, esposti al pubblico, alla Somerset House di Londra, fino al 26 Gennaio, è stato scelto o realizzato, per chi lo possiede, insieme a Rosenthal stesso.
“Se una donna entra nel mio negozio e prova un gioiello che non le sta bene, non esito a dirlo”, racconta, “Parte del mio mestiere è vedere come verrà portato. Molte donne non sono consapevoli di come appaiono, ma sanno come vorrebbero apparire.”
Il gioiello è un oggetto d’arte molto intimo, e, nel mondo di JAR, il sovrano Joel ha incantato collezionisti e ha coltivato sincere amicizie. “E’ bellissimo avere a che fare con persone che desiderano fortemente una cosa che tu hai creato. Ti dà l’opportunità di farle reagire,” dice,
“nell’intimità del mio spazio la gente sente che non c’è bisogno di recitare. Si supera in fretta il gioco delle parti, per andare al cuore delle cose, e questo piace tanto a me quanto agli altri.” Così, per il suo illustre e devoto clan, Joel è un creatore sublime e un amico vero, che sa dare, perché, da sempre, sa quello che vuole. Nato nel Bronx 59 anni fa, figlio unico, è stato educato alla libertà. “I miei genitori mi hanno sempre incoraggiato a fare ciò che volevo, ciò che mi rendeva felice, e questo mi ha dato una base di partenza molto solida ”. Da bambino sceglieva di dipingere con la stessa sicurezza con cui oggi cura, anche per anni, la complessa realizzazione di un’ idea. “Bisogna avere forte perseveranza e fedeltà, sia per amare una persona, che per creare un gioiello, o scrivere un testo. Come gli uccelli che migrano, so dove andare”. I gioielli di JAR esulano da mode ed epoche, la loro bellezza è fuori del tempo e misteriosa. Nelle spille e negli orecchini, nei colliers e nei bracciali, metalli nobili e poveri, le pietre preziose e quelle semplici si esaltano per l’ incontro inatteso, e fanno magie. Ametiste e opali, sono fiere di convivere con zaffiri e rubini, sulle ali di una farfalla. L’alluminio, orgoglioso di essere plasmato da mani tanto sapienti, si flette morbido e leggero, nella pecora dagli occhi blu. Nelle trame delle montature, spesso invisibili, JAR tesse le sue pietre come fossero raggi di luce, e nasconde gemme preziose per regalare, a chi indossa i suoi oggetti, emozioni di raffinata intimità: “dedichiamo anche sei anni a realizzare un gioiello, ma deve sembrare che ci sia voluto un attimo. Se si scopre troppo il lavoro che c’è dietro, smontiamo tutto e ripartiamo da capo”. E’ con la stessa apparente semplicità che Rosenthal si presenta: abiti informali, capelli ricci, bianchi e leggermente arruffati, sguardo penetrante e sincero. Ma la sua vera natura la riserva a pochi. “Tempo fa erano venute da me due persone che, dopo una lunga visita, confessarono di aver sentito dire che ero una sorta di mostro. ”Dovremo sfatare questo mito”, esclamarono, “raccontare che sei l’opposto di quel che si dice”! Se farete cosi, non vi lascerò più entrare nel mio negozio!, risposi”.
Il regno di JAR è un covo, un piccolo labirinto di stanze senza finestre, le pareti foderate di velluto. All’ingresso si affacciano due porte, ma è una sola che conduce alla stanza di Rosenthal. Dietro la scrivania, la porta al mondo incantato, dove il creatore mostra le sue preziose sculture.
Il successo di JAR , come nella ricetta squisita di un grande chef, nasce da molti ingredienti calibrati al punto giusto: l’ impazienza, che lo ha portato a non riprodurre mai un oggetto due volte ; il suo occhio critico e raffinato, che sa cogliere e ricreare i dettagli più sorprendenti ; i materiali di eccellente qualità, combinati con estro e montati con straordinaria abilità ; l’atteggiamento, non costruito, ma voluto, per selezionare chi avrà i suoi gioielli.
Sono circa settanta i pezzi che JAR produce in un anno. La casa d’aste Christie’s, che sponsorizza la mostra a Londra, ha battuto gli oggetti di quei pochi, al mondo, disposti a vendere, a cifre che hanno superato fino a quattro volte il prezzo originale. E’ un fatto straordinario per un artista vivente. Il fascino di questo uomo singolare è tanto più sorprendente quando si considera la sua storia.
Bambino prodigio, con buone opportunità per esprimersi, ama soprattutto dipingere. Gioca col colore in trasparenza:“riempivo bicchieri con gli acquarelli, li mettevo alla luce, ci guardavo attraverso”. A Harvard studia storia dell’arte e filosofia, ma è il cinema che lo attira di più. All’università conosce Otto Preminger, che gli offre di lavorare sul set di “Hurry Sundown”, ma il suo sogno è fare un film con Anna Magnani, e scrive la sceneggiatura. “Avevo ventitre anni. Andai a Roma, e bussai alla sua porta di casa. Pensa fare così oggi!. Aprì una donna un po’ bisbetica. “Vorrei parlare con la signora Magnani”, dissi. Tornò dopo pochi minuti e mi fece entrare. La Magnani era accattivante, avvolta in una nuvola di Narcisse Noir (un profumo di Caron, ndr) e circondata dai suoi gatti persiani. “Ho scritto un soggetto per lei”, dissi con voce tremante. “Il mio inglese non è molto buono,” rispose, ma lo leggo volentieri. Torni fra qualche giorno.” Per un anno Rosenthal lavorò al progetto, con un budget di 400.000 dollari, il film non si fece, ma fu una bella esperienza, ricca di viaggi e incontri. La scrittura resta tuttora una grande ambizione di Rosenthal: ha pubblicato alcuni racconti, ma la sfida più grande è finire un romanzo iniziato otto anni fa. Nel 1973 si trova a Parigi, e decide di aprire con l’amico Pierre Jeannet, laureato in psicologia, un negozio di piccolo punto. Entrambi dipingono, e sulle tele bianche danno libero sfogo alla fantasia. Jeannet è in attesa che si liberi una posizione per lui in uno studio medico, Rosenthal è trasportato dall’entusiasmo per la nuova idea, in attesa di compiere un grande passo. I due conquistano le parigine con disegni insoliti e lane tinte in una vasta gamma di colori. “Le signore ci chiedevano sempre lezioni di piccolo punto, e io restavo incantato dalle pietre dei loro anelli che volteggiavano sotto i miei occhi, metre cucivano. Capii che il mio unico vero desiderio era disegnare gioielli”. Era il 1975. Oggi JAR è considerato il miglior gioiellere vivente.