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Intervista – Vanity Fair

By Aprile 4, 2022rassegna

Vivere in modo più eco-compatibile? Si puo, si deve, e non è un privilegio per pochi. La figlia dell’ex presidente della Fiat ne è convinta. E, in un libro, spiega come. A cominciare da un parto con 32 ore di travaglio.

«Che ne dice di cominciare con un succo da Juicy Naam? Usano frutta e verdura biologica per lo più coltivata sul posto». Cristina gabetti, 46 anni, è in vacanza a East Hampton, nella stessa casa dove i genitori la portavano a respirare aria di mare quando vivevano a New York, «la città dove sono cresciuta fino a 9 anni, prima di trasferirmi a Torino, e dove, dopo la laurea a Yale, ho lavorato per un paio di anni in un’agenzia di pubblicità».
Negli Hamptons torna ogni estate, anche se da molti anni si è stabilita definitivamente in Italia, a Milano. «In questo periodo ci riuniamo tutti qui, tre generazioni insieme, mio padre Gianluigi (grande amico della familia Agnelli, ex vicepresidente della Fiat e tuttora, a 84 anni, presidente della Giovanni Agnelli e C. Sapaz, ndr), mio fratello Alessandro, mia cognata, i miei due nipotini di 2 e 4 anni, mio marito (Paolo Martinoni, velista ed esperto di comunicazione, ndr) e i nostri tre figli». Ovvero: Pietro, il più grande, di quattordici anni, Elena, di undici, e Gregorio, di sei.
Intanto abbiamo ordinato un succo Venus: anguria, lime e ginger. Costa 10 dollari. «Decisamente caro, ma da quando personaggi come Calvin Klein e Steven Spielberg hanno preso casa qui, i prezzi sono aumentati in modo incredibile. Quando me lo preparo da sola spendo meno di un terzo», dice Cristina.
Anche se ne hanno tutta l’aria, non sono solo chiacchiere fra donne. Cristina Gabetti ha scritto un libro che esce il 3 settembre, Tentativi di eco condotta (Rizzoli), nel quale attraverso gli errori di nove tipologie umane (dal distratto all’indifferente, dal viziato all’ingordo) fornisce consigli per vivere in modo più sostenibile. Con indicazioni pratiche e informazioni su come evitare danni all’ambiente e a se stessi. Per esempio, scegliendo con attenzione e buon senso ciò che si mangia, si beve e si indossa.
Dopo aver lavorato a lungo come giornalista televisiva (a Mediaset e per il canale satellitare Abitare) e poi come freelance per giornali e riviste, questo è il suo primo libro. Almeno in italia. Nel 1987, un editore americano le aveva pubblicato un volume sul packaging design.
Ma se nel primo libro celebrava l’estetica delle confezioni dei prodotti, nel secondo ci spiega che dobbiamo farne un uso attento per non inquinare.
Cristina Gabetti all’ecologia è arrivata in un modo molto particolare. Si potrebbe dire che la sua è un’ecologia spirituale.

Che, infatti, comincia dallo yoga.
«Sì, perché un conto è conoscere, un conto è sentire l’interconnessione tra noi e la natura. Tutto è iniziato con le trentadue ore di travaglio del mio primo parto, dovute al fatto che al corso di respirazione avevo riso tutto il tempo come una cretina, guardando mio marito che emetteva suoni buffi. Quando rimasi incinta la seconda volta, pensai che fosse meglio correre ai ripari e presi lezioni di respirazione con un’insegnante di yoga. Elena è nata in mezzo a canti e mantra, e lo stupore dei medici che pensavano si trattasse di uno strano rituale musulmano. In realtà usavamo la voce per ridurre la percezione del dolore. È incredible quanto funzioni: quella volta il travaglio fu molto più breve e meno doloroso. E alla terza gravidanza mi ero così specializzata che il parto è durato solo venti minuti».

E il passaggio all’ambientalismo?
«Quando inizi a sentire che il tuo destino non è separato da quello che  hai intorno, le altre persone, gli alberi, i fiumi, è naturale provare più rispetto per la natura. Gli elementi che compongono il pianeta sono gli stessi che abbiamo nel nostro corpo. A cominciare dall’acqua».
Di cui parla molto nel suo libro.
«Ogni volta che vedo in che modo viene sprecata mi metterei a piangere pensando che, in altri Paesi, ne basterebbero pochi litri per salvare una vita. Per non parlare delle migliaia di chilometri che facciamo percorrere all’acqua minerale. L’altro giorno ho fulminato con lo sguardo un’amica che aveva comprato una bottiglia importata dalle isole Fiji».
Le persone che frequenta non condividono le sue idee?
«Dipende. Quando spengo le luci a casa degli amici, non sempre il mio gesto viene apprezzato».
Mentre in familia la appoggiano?
«Gregorio è ancora nell’età che tutto quello che fa mamma è giusto. Mentre Pietro ed Elena ogni tanto mi prendono in giro. “Hai fatto la doccia?” ho chiesto l’altro giorno a mia figlia. E lei, che non ne aveva voglia, mi ha risposto: “Ma, mamma, non dici sempre che bisogna risparmiare l’acqua?”. Quanto a mio marito, a forza di chiudergli il rubinetto quando alla sera ci laviamo i denti insieme, ha imparato a farlo anche da solo».

Parliamo e, intanto, abbiamo raggiunto il ristorante Estia’s. Cristina lo ha scelto perché il titolare, Colin, è uno dei duecento soci di una fattoria biologica nei dintorni. La gestisce un agricoltore poeta, lunga barba bianca e viso rosso per il sole, che sembra uscito da  un’illustrazione dell’Ottocento. Ogni estate, decine di ragazzi vengono qui a lavorare nei campi come volontari. «È da questa fattoria che arrivano le verdure delle nostre omelette. Mentre le pesche dei pancake hanno fatto ancora meno strada: giusto pochi metri, visto che sono state raccolte nel giardino dietro il ristorante». Colin spiega che chi coltiva e vende localmente i propri prodotti può usufruire di sgravi fiscali, non a caso nel giro di pochi chilometri si possono trovare parecchi mercatini che vendono prodotti esclusivamente local. E questa definizione, in America, oggi conta di più del marchio organic (biologico) che, dice Cristina, «sta diventando uno slogan usato dalle grandi aziende. Comprare prodotti locali è più ecologico perché non serve trasporto e quindi non si inquina l’ambiente per farli arrivare nelle nostre case». A proposito di orti e verdura, racconta anche che a Murazzano (il paese, in provincia di Cuneo, di cui è originaria la sua famiglia) sta finendo di ristrutturare un vecchio casale «Usiamo materiali naturali, abbiamo installato pannelli solari per l’acqua calda e cisterne per raccogliere l’acqua piovana da usare per gli scarichi e l’irrigazione. E ho anche applicato qualche principio feng shui.»

Per esempio?
«Prima che venissero posati i pavimenti, abbiamo posizionato un piccolo oggetto prezioso al centro della casa. Con mio marito e i bambini ci siamo messi in cerchio tenendoci per mano, ognuno pensando a quello che di bello avrebbe voluto fare nella nuova casa».
Che oggetto era?
«Un ditale d’oro che apparteneva a mia suocera. Era molto brava nei lavori manuali ed era una grande amante della natura, con un pollice verde straordinario. Mi piacerebbe riuscire a coltivare un mio orto».
Yoga, alimenti biologici, bioarchitettura, feng shui: ha messo in conto che chi legge il suo libro può pensare: «Roba che solo i ricchi possono permettersi»? 
«Lo yoga lo insegnano anche nei parchi pubblici di Milano. E mio padre ancora ieri ha fatto il giro della casa per spegnere le luci. Non è nato ricco, e ha conosciuto i sacrifici del la guerra. Nel mio libro ci sono consigli alla portata di tutti».
A volte non è solo un problema di soldi, ma anche di tempo. 
«Le citerò ancora mio padre, che è sempre stato un gran lavoratore e che mi ha insegnato che per le cose importanti il tempo lo trovi sempre. Credo che la difesa dell’ambiente sia decisamente una priorità».
Ammetterà, comunque, che lei non è la classica ambientalista. In Italia, quando si parla di ecologia, si pensa alla sinistra. 
«E vero. Da noi questa causa è stata portata avanti soprattutto dalla sinistra, ma credo che non sia necessario dare un colore politico alla difesa dell’ambiente. In America l’ecologia è meno politicizzata che da noi».
Mi spieghi.
«Intanto, negli Stati Uniti e nel mondo anglosassone in genere le grandi le associazioni ambientaliste sono apolitiche. Inoltre, vivere in modo più sostenibile è considerato cool e nei negozi è più facile trovare capi di abbigliamento ecologici. Spesso si tratta di marchi legati all’immagine di un personaggio noto, soprattutto del mondo pop».
E secondo lei funziona?
«Se fai qualcosa di buono, anche inconsapevolmente, va bene lo stesso. Ed è possibile che ciò che oggi hai fatto per moda, domani diventi una scelta più meditata. Milioni di persone stanno lottando per un mondo migliore e quando questa moltitudine sarà abbastanza vasta da fare massa critica, il cambiamento arriverà. È in questo che dobbiamo confidare, in una richiesta che arriva dal basso».
Un leader carismatico non serve?
«Aiuterebbe, ma in Italia abbiamo pochi eco-eroi. Mi piace Jovanotti perché ci crede e si vede. Beppe Grillo con il suo blog fa un buon lavoro, divulgando notizie utili. Ma credo che, se non si fosse schierato politicamente, lo avrebbero seguito più persone»

Mentre Cristina parlava, abbiamo fatto un salto in un mercato di prodotti locali e biologici, e un giro alla fattoria. In auto, ha raccontato i suoi incontri con gli sciamani, i libri che ha letto e le ricerche su Internet da cui è nato il libro, continuando a ribadire come tutto per lei sia  connesso, e come fare qualcosa di buono per l’ambiente significhi sentirsi meglio. Poi, arrivati sulla spiaggia, si è tolta le scarpe e si è messa a correre nell’acqua.

Lei, in effetti, sembra in perfetta forma.
«Ho pensato che un sottotitolo del mio libro potrebbe essere: “Per una sostenibile leggerezza dell’essere”. Perché, se sei sostenibile, ti senti anche più leggero».

 

Intervista di Enrica Brocardo e foto di Basso Cannarsa. Pubblicato su Vanity Fair Italia –  10.09.2008