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Alisea

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Susanna Martucci Fortuna, fondatrice di Alisea, ha trasformato un momento di crisi in opportunità. Ha creato una filiera di professionisti tutti italiani – da ingegneri a designer e artigiani evoluti, per dare una vita dignitosa a scarti industriali.

Cristina: Oggi vi raccontiamo il lavoro di una donna che ha trasformato una crisi in opportunità. Stava perdendo il l’azienda, e interrogandosi sul da farsi, le tornò in mente una conversazione sentita sul riciclo e si chiese come poter dare una vita dignitosa a scarti industriali, che nel suo distretto di Vicenza abbondano. Per dare concretezza alla sua idea, mise insieme una filiera tutta italiana di ingegneri, designer e artigiani evoluti. Andiamo a conoscerla e a scoprire che cosa fa. Buongiorno Susanna, raccontaci cosa abbiamo davanti.

Susanna Martucci: Qua si parla di grafite da noi, questi sono elettrodi in grafite e lo scarto inevitabile della produzione degli elettrodi di grafite è questa polvere, che viene recuperata dagli impianti di aerazione delle fabbriche. Noi recuperiamo questa polvere e abbiamo creato un nuovo materiale. Questo è un granulo che è fatto con l’80% di questo scarto. Questo nuovo materiale, che viene da economia circolare, ci ha dato accesso ad un processo produttivo innovativo per la produzione di una matita, che non usa legno e non usa colla per quanto riguardo l’aggancio della gomma, ma soprattutto chi la usa consuma 15 grammi di polvere di grafite, portandole via dalla discarica. Solo con lei, risparmiamo 60.000 alberi all’anno, perché molti magari non pensano che il legno delle matite tradizionali non è altro che packaging della grafite che è fragile e sporca le mani.

Cristina: Con la grafite hai fatto altro?

Susanna Martucci: Si chiaramente ci siamo innamorati di questo materiale che in questo altro caso partiamo sempre da polvere di grafite ma viene bagnato con l’acqua. Questo ci ha dato accesso ad un nuovo processo produttivo per la tintura dei tessuti. I ragazzi riescono a tingere vari materiali, la lana, denim, seta o il cotone organico ma in maniera totalmente atossica. Adesso vi porto nel mondo che parla di plastica riciclata, tante cose si possono fare: righelli per la scuola, custodie per i vinili, che vengono tutte da bottiglie post-consumo quindi da raccolta differenziata.

Cristina: Vedete quanto nasce da fantasia e determinazione? Questi puzzle per bambini sono recuperati da uno stand fieristico, così queste borse. Non abbiamo il tempo di raccontarvelo ma questo è sempre grafite e sughero riciclato. Questi sono sacchi di caffè trasformati insieme anche a sfridi della produzione del pellame. Pensate che l’attività di Susanna adempie a ben 6 dei 17 SDG, gli obiettivi di sviluppo sostenibile, in particolare il 8, 9, 10, 12, 15, e 17. Occhio al futuro!

In onda il 29-2-2020

Grey Panthers, il portale della “grey age”

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In un mondo sempre più digitalizzato, cittadini di tutte le età sono chiamati a risolvere burocrazie online, c’è chi ha pensato alle fasce d’età nate nell’era analogica. Grey Panthers è un’iniziativa fenomenale, che mette i giovani al servizio delle generazioni più avanzate.

Cristina: In un mondo sempre più digitalizzato dove persone di tutte le età sono chiamate a risolvere questioni burocratiche online, c’è chi ha pensato alla fascia di età più avanzata, nata nell’era analogica. Non è facile per chi è anziano adattarsi al progresso. Qui a Milano è nata un’iniziativa fenomenale che mette i giovani al servizio delle generazioni più avanzate. Dottoressa Paesano, ci racconti di Grey Panthers.

Vitalba Paesano: Grey Panthers, intanto, è un giornale che si rivolge ai senior. Siamo il portale della “grey age”, abbiamo un pubblico che grazie solo al passaparola sta raggiungendo una massa critica interessante perché possiamo, con orgoglio, dire che siamo 84,000.

Cristina: E mette insieme nonni e nipoti o i figli e genitori, attorno ad un processo educativo necessario. Probabilmente funziona da tutte e due le parti.

Vitalba Paesano: Abbiamo accolto molto volentieri un progetto, oramai quattro anni fa, di Assolombarda che permetteva di fare l’alternanza scuola lavoro per i giovani. Noi l’abbiamo fatto con gli studenti dell’Istituto Molinari e si sono trasformati loro stessi in professori e sui banchi di scuola sono andati i senior e a fare i professori erano i ragazzi.

Cristina: Christian, che cosa ti da quest’esperienza di insegnante?

Christian Garcia: Posso sentirmi utile alle persone che hanno necessità.

Cristina: Se tu dici agli amici “vado a lavorare da Grey Panthers”, ti guardano un po’ strano oppure..

Christian: Chi conosce il progetto mi ringrazia anche perché può darsi che quella persona che aiuto sia suo nonno.

Laura Bolgeri: L’aiuto che mi da Christian, ad esempio gli chiedo come navigare per fare delle ricerche oppure come contattare una persona, è essenziale.

Diana Banfi: L’anno scorso, mi sono messa alla pari con mio nipote di 12 anni, l’ho aiutato in tutte le ricerche per le tesine dei suoi esami di terza media. Mi ha portato in regalo una pianta di rosmarino dicendo che “è merito anche tuo se ho preso questo voto”

Vitalba Paesano:  Però non ci bastava, perché una volta finiti i corsi avevamo anche il sospetto che qualche senior si dimenticasse quello che aveva imparato. Quindi, da due anni, abbiamo aperto uno sportello digitale, che è aperto 24 ore, quindi sempre. In questo sportello digitale, i nostri lettori possono formulare domande sui loro dubbi, le loro incertezze, su quello che pensavano di sapere e hanno scoperto che non se lo ricordano e cosa via e ricevono entro 24 ore una risposta.

Cristina: In futuro che cosa vuole fare? Quali sono i suoi prossimi passi?

Vitalba Paesano: Pensiamo, ad esempio, alle domande che il pubblico dei senior si pone nei confronti della digitalizzazione di questo paese, quindi i rapporti con la pubblica amministrazione, i rapporti con la sanità digitale. Quindi la qualità di vita dei senior passerà sempre di più attraverso il digitale, questo lo  diciamo da 10 anni. Oggi incominciano a capirli tutto, i senior ce lo chiedono e quindi vogliamo continuare in questa operazione di digitalizzazione del nostro paese.

Cristina: Complimenti e buona fortuna! Il 35% della popolazione italiana ha più di 65 anni. 5 punti al di sopra della media europea. Gli anziani sono una risorsa da valorizzare. Occhio al futuro!

In onda 8-6-2019

Broken Nature – la Triennale di Paola Antonelli

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Paola Antonelli è la più grande fonte d’ispirazione per colmare il divario tra ciò che sappiamo e come viviamo. Broken Nature presenta una moltitudine di idee e soluzioni per diventare cittadini rigenerativi del nostro bel Pianeta. La speranza è che visitiate la Triennale tante volte, ma per chi non verrà a Milano entro l’1 settembre, brokennature.org è una fonte da consultare (anche per chi visiterà la mostra!). Grazie Paola per la tua visione e per la tenacia.

Cristina: Siamo alla Triennale di Milano, Broken Nature, un mostra internazionale e interdisciplinare che durerà fino al 1 di Settembre, che indaga il nostro rapporto con i sistemi naturali, la società umana, con il modo di vivere, produrre e consumare. É curata da una grande italiana, Paola Antonelli, che per l’occasione  è stata prestata dal MoMA di New York.  L’essenza di Broken Nature, cosa vuoi che gli spettatori si portino a casa?

Paola Antonelli: Vorrei che si portassero a casa il fatto che per essere responsabili, per vivere in modo sostenibile, per attivare questo atteggiamento ricostituente, non bisogna sacrificare l’estetica o il piacere, la sensualità o l’eleganza.

Cristina: Spesso gli individui si sentono troppo piccoli per poter avere un impatto. Tu come la vedi?

Paola: Non la vedo così, perché non possiamo contare soltanto sui governi, le istituzioni e arrenderci al nostro destino. Abbiamo un potere enorme che proviene anche dai social media, una persona poi diventa un gruppo, una tribù, una comunità e dopo di che se i governi vogliono avere qualsiasi efficacia devono seguire anche quello che vuole il pubblico.

Cristina: Qual’è il tempo ideale da trascorrere in questa mostra per tornare a casa veramente più nutriti?

Paola: Direi che almeno tre quarti d’ora, un’ora ce li devi mettere. Spero che tanti bambini vengano e che siano ispirati perché alla fin fine il design tra una quarantina di anni andrà come la fisica, ci sarà il design teorico e quello applicato e si trasmetteranno conoscenze a vicenda.

Cristina: E l’aspetto sociale come lo hai declinato?

Paola: Per esempio […] pensò a questo recupero di mais di speci che erano andate perdute e poi usare le barbe e la parte esterna della pannocchia per fare un’intarsio. Anche semplicemente quest’attività che il design può fare per recuperare cultura materiale che si è persa, c’è un grandissimo esempio anche di come si può utilizzare la comunità.

Cristina: Come definisci il designer del XXI secolo?

Paola: Tantissime possibilità di espressione. Per cominciare ci sono i mobili, ovviamente ci sono le auto, ci sono anche i materiali. Ci sono dei designer che progettano scenari o cercano di mostrarci quali potrebbero essere le conseguenze future delle nostre scelte di oggi. Ci sono designer di interfacce che sono per esempio lo schermo e l’interazione del bancomat. Ci sono designer che fanno bio-design, quindi si occupano anche di organismi viventi o progettano con organismi viventi. Neri Oxman e Mediated Matter Group stanno ispirando una generazione di designer che imparano a lavorare con la natura per fare oggetti ed edifici che crescono invece di essere disegnati dall’esterno. Skylar sta lavorando il governo delle Maldive per fermare l’erosione delle spiagge. Stanno tutti lavorando e avendo un grande impatto. Sono molto fiera di tutti.

Cristina: Grazie Paola. Non perdete Broken Nature.

In onda 6-4-2019

La rete di accoglienza di Refugees Welcome

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Refugees Welcome è un’impresa sociale che promuove un modello di accoglienza in famiglia per rifugiati. L’organizzazione, presente in 22 città italiane,  fa parte di un network internazionale, attualmente in 16 paesi. Nel 2018 sono sbarcati in Italia 23.371 richiedenti asilo. Benché siano diminuiti, rispetto al 2017, sappiamo che gli esodi continueranno.

Cristina: Refugees Welcome è un’impresa sociale che promuove un modello di accoglienza in famiglia per rifugiati. L’organizzazione, presente in 22 città italiane, fa parte di un network internazionale che nasce in Germania nel 2014 , con l’obiettivo di favorire l’inclusione sociale. Chi avvia un progetto di convivenza non riceve un contributo economico dall’impresa stessa, ma se necessita di un supporto per le spese quotidiane, può lanciare una campagna di crowdfunding online, e consentire così ad amici, conoscenti e sostenitori di dare anche un piccolo contributo che, sommato agli altri, fa la differenza. Siamo nell’hinterland milanese per incontrare una famiglia che sta facendo quest’esperienza. In che modo avete scoperto Refugees Welcome?

Alessia: Stavo leggendo un articolo, ho letto dell’associazione e delle attività, mi sono informata online, qualche telefonata e poi abbiamo capito che faceva al caso nostro e ci siamo iscritti.

Cristina: Le persone che richiedono ospitalità sono soprattutto uomini, devono essere maggiorenni con permesso di soggiorno. Stefano com’è questa esperienza per te?

Stefano: Noi abbiamo un bambino, Matteo, di quasi 3 anni e con Alessane è completamente cambiato. È diventato più socievole, era un bambino un po’ timido, magari faceva fatica, adesso è espansivo e con Alassane è stato amore a prima vista.

Cristina: Buongiorno Alassane, ciao Matteo. Da dove arrivi Alassane?

Alassane: Costa D’Avorio, Côte d’Ivoire.

Cristina: Allora possiamo parlare in Francese. Come sei arrivato in Italia?

Alassane: Sono arrivato in barca dalla Libia.

Cristina: È stato un viaggio difficile?

Alassane: Dolorosissimo

Cristina: E quindi sei arrivato in Sicilia?

Alassane: Si, ho fatto un mese in Sicilia, poi sono stato mandato a Bresso e poi a Sesto San Giovanni.

Cristina: E come hai conosciuto Refugees Welcome?

Alassane: Attraverso un amico, ho visto il sito. Il mio amico attraverso di loro ha trovato una famiglia.

Cristina: Ho l’impressione che vi intendiate molto bene voi due.

Alassane: Molto bene, si.

Cristina: Hai un nuovo amico

Alassane: Si, siamo migliori amici.

Cristina: Nel 2018 sono sbarcati in Italia 23.371 richiedenti asilo. Refugees Welcome è presente in 16 paesi e contribuisce, con i suoi volontari, ad aiutare chi ottiene un permesso di soggiorno, a valorizzare i propri potenziali. Alassane, Che lavoro fai?

Alassane: Lavoro in un hotel come lavapiatti.

Cristina: E qual’è per te il valore di questa esperienza?

Alassane: Parlando con gli amici, loro dicono che gli italiani non amano i neri, io francamente gli ho creduto ma non avevo mai vissuto con degli italiani. Adesso invece vivendo in famiglia, ho conosciuto la cultura e come si comportano, effettivamente quello che ho sentito dire è falso. Bisogna vivere con le persone per conoscerle. Questa esperienza mi sta dando un’altra visione della vita, degli italiani e mi riempie di speranza.

Cristina: E voi volontari che ruolo avete in tutto questo processo?

Elisabetta Consonni: Mettiamo in comunicazione chi cerca una sistemazione e la famiglia che si mette a disposizione, poi seguiamo la convivenza durante tutto il processo. Ci mettiamo a disposizione per qualsiasi tipo di problema.

Alessia: Grazie al network che si è creato, dato che stiamo cercando casa per Alassane, delle famiglie che ci sono già passate e hanno già ospitato, ci stanno dando una mano.

Cristina: Che bella storia. Grazie a tutti. Sostenendoli a riabilitarsi da traumi profondi e a integrarsi nel nostro paese, aiutiamo la società a evolversi.

In onda 13-4-2019

Mirrorable, la piattaforma di riabilitazione motoria

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Circa 17 milioni di bambini nel mondo sono stati diagnosticati con paralisi cerebrale infantile, causata da una lesione al sistema nervoso centrale. Combinando la ricerca scientifica e la tecnologia, Francesca e Roberto hanno creato Mirrorable, una piattaforma di riabilitazione motoria che aiuta i piccoli pazienti a muovere le parti “offese” del corpo e a stimolare il potenziale residuo.

Cristina: Oggi vi raccontiamo la storia di una famiglia che ha saputo trasformare un’esperienza devastante,  in un’opportunità, per milioni di bambini nel mondo. Francesca e Roberto, scoprono a pochi giorni dalla nascita che il loro piccolo Mario, ha subito un ictus nel ventre della mamma o appena nato, e che questo ha impattato la parte destra del suo cervello.

Francesca Fedeli: All’inizio è stato difficile per noi accettare questa diagnosi e abbiamo cominciato a cerare medici, cercare soluzioni in giro per il mondo, ma soprattutto a studiare. In questa ricerca, nello studio, abbiamo scoperto il meccanismo dei neuroni specchio, le cellule che si attivano sia quando compiamo un un gesto, afferriamo un oggetto,  sia quando vediamo un’altra persona compiere lo stesso gesto. È da li che poi siamo partiti per Mario per cercare una soluzione che si è rivelata vincente. Infatti è riuscito ad allenare di più la parte sinistra del cervello a compensare per quella destra.

Cristina: Oggi, Francesca e Roberto, queste due persone straordinarie aiutano tantissime famiglie a migliorare la qualità delle loro vite. Circa 17 milioni di bambini nel mondo sono stati diagnosticati con paralisi cerebrale infantile, causata da una lesione precoce al sistema nervoso centrale. Combinando la ricerca scientifica e la tecnologia Francesca e Roberto, hanno creato una piattaforma di riabilitazione motoria, che si chiama Mirrorable e che aiuta i piccoli pazienti a muovere le parti “offese” del corpo e a stimolare il potenziale residuo.

Roberto D’Angelo: Per noi è cambiato tutto quando abbiamo capito una cosa molto semplice: che il modo migliore di aiutare nostro figlio era quello di aiutare tutti i bambini al mondo come lui. Abbiamo fatto disegnare un processo di riabilitazione ai bambini per i bambini stessi e l’unica cosa veramente importante per questi bambini, prima di tutto, era il gioco e la possibilità di imparare nuovi skill motori grazie ad un altro bambino come loro con le stesse condizioni. Qualche anno fa sarebbe stato impossibile ma oggi, grazie alla tecnologia, siamo riusciti a realizzare questo direttamente nelle case di questi bambini. Grazie poi all’intelligenza artificiale siamo riusciti a creare un processo altamente personalizzato sulle emozioni del singolo bambino in modo tale che ne potesse trarre il massimo del beneficio. Per darvi un’idea, in un mese di corso di magia, questi bambini hanno migliorato le proprie capacità bi-manuali di una media del 26%. Un risultato straordinario.

Cristina: La scorsa estate Mirrorable è diventato anche un Camp, e i risultati sono stati molto incoraggianti.

Francesca: I risultati del Mirrorable Camp, in via di pubblicazione, sono stati per noi entusiasmanti perché davvero siamo riusciti a dimostrare che questi bambini migliorano non soltanto dal punto di vista delle capacità bi-manuali, ma anche quelle che sono le loro abilità di apprendimento e migliorano anche gli indicatori di benessere globale, sia del bambino, che di tutta la famiglia.

Cristina: Mai come quando un problema ci tocca da vicino, possiamo diventare parte della soluzione.

In onda 23-2-2019

RI-generation, elettrodomestici circolari

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L’Italia nel 2017 ha raggiunto un tasso di ritorno complessivo dei RAEE del 41,19%, un risultato che dovrà essere incrementato per raggiungere il target europeo pari al 65% della media dell’immesso del triennio precedente entro il 2019. Gli elettrodomestici oramai sono fatti per essere sostituiti e non per durare, il progetto RI-generation è un esempio di economia circolare

Cristina: La maggior parte delle cose che usiamo nasce da un modello di economia lineare, ossia è fatto per essere sostituito e non per durare. Questo genera sprechi ed inquinamento e sappiamo che così non si può continuare. Mimando la natura dove tutto si rigenera e ricordando il buonsenso dei nostri nonni, nasce l’economia circolare, che oggi vi raccontiamo attraverso la storia di una lavatrice.

Riccardo Bertolino: Noi intercettiamo i grandi elettrodomestici: lavatrici, lavastoviglie, frigoriferi e cucine che vengono rottamati. Hanno un grandissimo valore ancora, classi energetiche dalla classe A o superiori e non vi immaginate il valore che questi prodotti hanno ancora perché il vostro credere comune è che quando la lavatrice si rompe non conviene più ripararla.

Cristina: Quindi hanno superato la garanzia ma hanno meno di 5-7 anni.

Riccardo Bertolino: Esatto. Noi comunque rigeneriamo un prodotto di classe energetica ancora attuale ai giorni nostri.

Cristina: Come funziona il processo?

Riccardo Bertolino: Noi abbiamo creato delle collaborazioni con i logistici che lavorano per conto della grande distribuzione e consegnano a casa vostra il prodotto nuovo, a costo zero ritirano il prodotto vecchio. Prima che venga buttato dentro ai cassoni per essere triturati, noi li selezioniamo valutando appunto la classe energetica, marca e modello. L’elettrodomestico viene portato nei nostri laboratori per una rigenerazione che non è una semplice riparazione, ma è anche sostituzione dei componenti usurati e un processo di sanificazione e un intervento di pulizia estetica del prodotto.

Cristina: Alla fine quanto costerà questo elettrodomestico?

Riccardo Bertolino: Lo rivendiamo con una garanzia di un anno, a prezzo meno della metà del nuovo. Il prodotto venduto ha anche degli upgrade, sistemi anti-allagamento, anti calcare e volendo facciamo anche una personalizzazione grafica per il cliente dietro richiesta. Questo consente da un rifiuto, avere un prodotto quasi come fosse un pezzo unico.

Cristina: Non rigenerate solo gli elettrodomestici ma anche le esperienze e il sapere delle persone che lavorano qui.

Riccardo Bertolino: L’Italia è stata la culla produttiva degli elettrodomestici ma molte aziende hanno delocalizzato all’estero, le persone rimangono con forti competenze tecniche che noi usiamo.

Cristina: Grazie Riccardo. Questi prodotti rigenerati si trovano online, purtroppo però con l’IVA al 22%, in Svezia si paga l’IVA al 10% per i prodotti rigenerati e speriamo che questo succeda molto presto anche in Italia. Occhio al futuro

In onda 26-1-2019

Tooteko, dispositivo per non vedenti

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Un progetto di tesi di laurea diventato realtà. Serena Ruffato, CEO di Tooteko, ci racconta come funziona il loro dispositivo, che permette ai non vedenti di vivere le opere d’arte, toccandole. Deborah Tramentozzi, esperta tiflologa non vedente, condivide con me la sua esperienza di una statua del Canova.

Cristina: Siamo a Roma in uno spazio che oggi è un ristorante, ma un tempo ero lo studio di Antonio Canova. Siamo qui per raccontarvi di un’applicazione tecnologica che è anche un’importante esperienza umana. Serena, come funziona l’applicazione che avete creato?

Serena Ruffato: La tecnologia combina audio e tatto per permettere a tutti, anche i non-vedenti, di poter toccare le opere d’arte. Funziona con questo anello, che è un lettore di sensori speciali NFC che andiamo a posizionare nelle opere d’arte e attraverso il tatto riconosce i sensori e trasmette via smartphone una informazione audio.

Cristina: Annegare nelle opere significa che lavorate con delle copie

Serena: Assolutamente, prendiamo l’opera originale, la selezioniamo, la scansioniamo, la riproduciamo con la stampa 3D e poi applichiamo i nostri sensori.

Cristina: Deborah, raccontaci come sei attrezzata per vivere questa esperienza e cosa ti comunica

Deborah Tramentozzi: Sono attrezzata attraverso questo anello, che ha al suo interno un’antenna. Questa antenna comunica con un tag che è posto qui sulla statua, che io adesso con un dito toccherò. Nel momento in cui io lo metto sul tag, l’anello emette una vibrazione e comunica con lo smartphone. Il quale farà partire un’audioguida. Adesso ve lo dimostro in modo pratico. Questa tecnologia, collegando i due sensi che uso particolarmente, che sono il tatto e l’udito, mi permette di una visione, a me piace chiamarla così, dell’opera d’arte senza alcun filtro. Io primo vengo da un ambiente artistico, quindi ho vissuto visite guidate però sempre attraverso il filtro di un’altra persona, che prima che io potessi vedere l’opera d’arte mi dava un’idea. In questo modo invece sono io e la mia persona, il mio carattere, che si fa un’idea propria dell’opera d’arte, e posso letteralmente vedere come ognuno di voi. Questo penso che sia un regalo grandissimo perché dare al non vedente l’indipendenza e la libertà di scegliere di poter entrare in un museo, che è una cosa a tutti secondaria, per me è veramente una frontiera che potrebbe avere dell’impossibile. Ti chiedo di fare una cosa, se tu chiudi gli occhi faccio partire io il prossimo tag e tocco con te la statua, che ne pensi?

Cristina: Assolutamente volentieri, grazie. È emozionante, perché mi consente anche di entrare in una sorta di risonanza empatica con l’esperienza di Deborah. Speriamo che questo progetto consenta a più persone possibili di vivere l’arte  in questo nuovo modo.

In onda 17-11-2018

School Raising, piattaforma di crowdfunding per scuole italiane

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Cristina: Gugliemo che cos’è School Raising?

Guglielmo: School Raising è una piattaforma sulla quale raccogliamo soldi per finanziare i progetti innovativi delle scuole. Raccogliamo i soldi dai cittadini, che in questo modo ci indicano quali sono i progetti che secondo loro devono essere sviluppati all’interno di queste scuole. Lo facciamo in tutta Italia, i progetti arrivano da scuole, dai professori, dagli alunni e anche da associazioni che lavorano con le scuole.

Cristina: E come raccogliete i fondi?

Guglielmo: Raccogliamo online.

Cristina: Quindi usate in sostanza il crowdfunding

Guglielmo: Il crowdfunding reward-based, che vuol dire basato sul dono: io finanzio e in cambio ricevo un dono per quanto ho finanziato.

Offriamo un premio a chi si inventa queste parole in italiano. Il progetto che vi raccontiamo oggi nasce proprio in questa stanza.

Ecco come vedi ci troviamo in quest’aula dell’istituto, piena di tecnigrafi, in cui da ragazza io stessa ho disegnato quando facevo il geometra e poi l’università. Quindi molto obsoleta per il momento in cui stiamo vivendo, e l’idea proprio nasce qui dalla volontà di trasformare un’aula obsoleta in un’aula molto moderna. Per cui, con l’utilizzo sempre per la manualità ma pensando ad un futuro, un futuro anche con il supporto e l’uso della tecnologia.

Cristina: Quando hai iniziato a lavorare insieme agli studenti?

Abbiamo iniziato subito dopo aver messo giù il progetto di massima, abbiamo qui un gruppo di giovani, che sono i principali protagonisti di questo progetto.

Sarà un’aula moderna e comoda, che permetterà agli studenti e i professori e anche al territorio di poter lavorare dentro. Sarà comoda perché noi vogliamo sentirci, all’interno della scuola, come se fossimo a casa.

Noi ragazzi abbiamo realizzato un video per visualizzare il nostro progetto. Chiunque vorrà aiutare potrà finanziarci anche con solo 5 euro sul sito.

Per noi ormai è diventato normale collaborare, ma quando esco e lo racconto ai miei amici e ai miei compagni, quasi non ci credono e mi guardano estraniati dicendo “come fate?”.

Cristina: Nel cuore di Udine, incontro Chiara che ci spiegherà un altro aspetto del progetto.

Chiara: Collaboro con un’associazione non-profit che ha come obbiettivo quello di promuovere i principi della responsabilità sociale d’impresa. L’aula che hai visto oggi è fruibile da tutti, non solo da alunni e insegnanti ma anche manager d’azienda e operatori culturali. Il progetto sarà in parte finanziato dalla scuola, ma in parte attraverso lo strumento di crowdfunding. É quindi una raccolta fondi sul web, grazie alla piattaforma di School Raising.

Si, noi ci occupiamo di tutte quelle soluzioni che fanno collaborare le persone, al di là di una singola aula, lo spazio può diventare un promotore di innovazione, sia per gli studenti sia per le aziende che vogliono trovare una vero motivo anche per innovare la propria responsabilità sociale d’impresa.

Cristina: Persone motivate, aperte al dialogo e alle nuove tecnologie, possono realizzare i loro sogni in tutti gli ambiti. Osate

I danni dell’estrazione mineraria

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Cristina: Questo oggetto che tutti usiamo contiene più di 40 minerali, che vengono estratti in ogni parte della terra. Estrarli crea danni importantissimi sia alle popolazioni che vivono vicino alle miniere, che all’ambiente.

Flaviano Bianchini: Oggi il 38% delle foreste primarie del mondo sono minacciate dall’industria estrattiva. Pensate che solo l’acqua che le miniere che inquinano negli Stati Uniti, solo in un anno, se le mettessimo tutta in delle bottiglie di plastica ne avremmo abbastanza per andare dalla terra alla luna, andata e ritorno, 54 volte. Pensa che per estrarre i 20 grammi necessari a produrre un anello d’oro, bisogna estrarre dalla terra 20 tonnellate di roccia e poi dissolverla con del cianuro. Vicino alla miniera d’ora in Honduras, la mortalità infantile è 12 volte più alta della media nazionale. In Perù, sulle Ande, dove invece viene estratto il rame il 100% degli 80.000 abitanti della città di Serro de Pasco andrebbe ospedalizzato d’urgenza per la presenza di metalli nel loro sangue e la speranza di vita media di quella città è di 15 anni inferiore alla media del Perù. Una miniera d’oro di medie dimensioni come la miniera di Serro de Pasco sulle Ande in Perù, produce la stessa quantità di spazzatura, di rocce, di tutte le città degli Stati Uniti messe insieme, in un anno. Quindi nella città si crea una lotta continua per lo spazio. I bambini giocano a calcio sugli scarti minerari. L’ospedale è quasi seppellito dagli scarti. In Mongolia c’è una miniera d’oro che è un deposito fluviale, quindi nel letto di un fiume lunga 16 km, questo comporta che pastori nomadi devono fare 30km per andare a prendere l’acqua. Pensa che per le attività minerarie tra il 1990 e il 1998 in Ghana sono state sfrattate 30.000 persone. Abbiamo insomma tutto il mondo che giustamente si è indignato all’ISIS che faceva saltare in aria Palmira, in Messico nello stato di Guerrero una compagnia mineraria ha fatto saltare in aria una piramide Olmeca, però li l’hanno chiamato sviluppo.

Cristina: E per noi consumatori quali soluzioni ci sono?

Flaviano: Innanzitutto consumare meno è meglio. Evitare di cambiare prodotti ogni due settimane, desiderare di possedere mille cose. Per esempio esiste una certificazione dell’oro etico e esiste un telefonino che è composto principalmente da minerali riciclati, per di più si può smontare. Per esempio quando la batteria è esausta non si deve cambiare l’intero telefonino, si cambia la batteria, si ricompra e non si cambia tutto il telefono. Se si rompe la telecamera si può sostituire solo quella, il chip lo stesso. Questi sono tutti minerali che si risparmiano e se ne risparmia l’estrazione.

Cristina: Oltre che essere fedeli ai nostri coniugi forse dovremmo essere anche un po’ più fedeli alla terra, che ne dite?